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Latina. La polemica su Calvino. Pennacchi su L'Indipendente: «Quanto chiasso per un autore minore. Chi se ne frega del suo privato»
È oramai un piovere continuo di bordate tra Repubblica e Corriere. Tutte le grandi firme si sparano addosso. Si salvi chi può. Anche il ministro di grazia e giustizia, Wittgenstein, pare stia seriamente pensando a scrivere una lettera di fuoco a Pisanu, per incolpare il direttore di Le Monde del premeditato occultamento delle preziose e rivelatrici scritture: "È l’egemonia della sinistra". Eppure non si tratta delle lettere all’amante da parte del Calvino compare di Lutero – allora sì: "Per la Madonna", avremmo detto anche noi – bensì di quelle di Italo, lo scrittore italiano scomparso. In realtà i giornali d’estate non hanno niente di meglio da fare e, in poco meno di un mese, hanno tirato fuori la lettera amorosa di una nipotina a Neruda, un’altra porno di Joyce alla moglie: "Cara Nora, sei la mia puttana", e adesso queste di Calvino a Elsa de’ Giorgi. È la cultura che esprime la grande stampa italiana. L’egemonia di Dagospia. In linea generale ha ragione Asor Rosa quando invoca il diritto alla privacy anche per i morti, ma soprattutto non possiamo non dirci – con Scalfari – assolutamente crociani: che ci azzeccano le lettere private con l’opera di un autore? Quello che conta, nella storia dell’arte, è l’opera, non la vita dell’artista. L’artista vive nell’opera che – se è davvero arte – ha in sé tutte le sue ragioni e la piena autonomia, racchiudendo universale e particolare. Non le serve altro. Per comprendere Iliade ed Odissea – è il succo scalfariano – non ci abbisognano le lettere di Omero alle sue amanti. Gli epistolari degli artisti interessano solo i critici che – "sordi all’arte" come diceva Croce – pure ci campano sopra. Noi non leggeremo quindi nessun epistolario di Calvino – né a pezzi né per intero – anche perché abbiamo troppo già dato con la sua opera. E che cacchio, mica era un grande, era solo un minore. Nella storia della letteratura italiana resteranno, forse, solo Le cosmicomiche, e comunque non è poco. Per il resto è un grafomane. Se una notte d’inverno un viaggiatore è una rottura di coglioni mostruosa, come tutto quello che viene dopo, Lezioni americane comprese. Dice: "E la Trilogia degli antenati?". Tutta roba copiata – intertestualità – Baricco la fa meglio, con maggiore laevitas. Il visconte dimezzato – che dovrebbe essere il capolavoro – altro non è che una riscrittura a sforbiciate del Signore di Ballantrae di Stevenson. Sono buoni tutti. C’è già tutto là. A Hollywood, con Troy, hanno fatto tale e quale. Ma tutta l’arte è di Omero, non di Troy. E mo’ mi metto pure a leggere le lettere? Mica ci campo sopra.
Antonio Pennacchi
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