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Latina. Il Referendum e la doppiezza della sinistra. Dall'aborto e dal divorzio alla fecondazione assistita, una ininterrotta assenza del Pci-Ds
«Quella di Fassino è la linea grottesca e miserrima a cui si è ridotta la ripetizione, come istinto, come riflesso e non come intelligenza e scelta, di quella che fu la grande linea del compromesso storico, che è stata perseguita, e che era già nell’art.7 della costituzione per spegnersi poi con l’ultima fiammata berlingueriana. Si stanno comportando come succede nella fine dei regimi, nel basso impero, con la preoccupazione soprattutto di ingannare e di impedire al proprio popolo di fare quello che è pronto e vuole fare, mentendogli dicendo che sì, bisogna farlo meglio, bisogna farlo bene. Se viene in quell’area è un brutto richiamo del passato».
Questo è quanto ha dichiarato
Marco Pannella in occasione della Conversazione settimanale a Radio Radicale. Si è chiesto Diego Galli in un ricco e documentato dossier per Radio Radicale.
«È possibile fare un parallelismo tra l'atteggiamento avuto dal Pci nei confronti della battaglia sul divorzio negli anni '70 e quello tenuto dai Ds oggi nei confronti del referendum sulla fecondazione assistita?».
La tesi sotenuta da questo apprfondimento di RadioRadicale.it è che sì, c'è un filo di continuità che attraversa la storia della sinistra italiana caratterizzato dal rifiuto delle battaglie di laicità.
«All'inizio degli anni '70 il Pci tentò di evitare in ogni modo il referendum sul divorzio temendo "lacerazioni" nel Paese, "guerre di religione" e la rottura dell'unità delle masse cattoliche con quelle operaie. In realtà, dietro i pericoli agitati a giustificazione di una politica rinunciataria rispetto alle istanze di laicità, si nascondeva il tentativo costante di raggiungere accordi con i vertici delle gerarchie cattoliche e con la Dc. Si tratta di una linea di continuità che va dalla discussione in sede di Assemblea costituente dell'articolo 7 della Costituzione, al compromesso storico tra Pci e Dc prima teorizzato e poi attuato da Enrico Berlinguer.
Nel bel mezzo le battaglie per i diritti civili, per la laicità dello Stato, anticlericali, condotte in solitudine dal Partito radicale. Lo scontro sul divorzio e poi sull'aborto fu imposto alla sinistra italiana dai radicali, attraverso la loro capacità negli anni '70 di creare mobilitazioni di massa e di utilizzare lo strumento referendario per imporre all'agenda politiche tematiche che nessuno avrebbe voluto affrontare.
Nel 1981 il Pci si schierò contro il referendum abrogativo delle parti più restrittive della legge 194 sull'aborto, arrivando ad accusare i radicali di voler mettere in discussione il diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza, diritto conquistato propria grazie al referendum promosso dai radicali nel 1975, e poi evitato con l'approvazione di una legge di compromesso, la 194 appunto, nel 1978, con il voto contrario dei deputati radicali.
Oggi l'atteggiamento della sinistra non sembra cambiato. Anche il linguaggio sembra essere lo stesso. Dall'"etica condivisa" sulle questioni bioetiche sostenuta da Massimo D'Alema, alle sempre temute "guerre di religione" da evitare ad ogni costo attraverso mediazioni e accordi con coloro che pretendono di rappresentare in Parlamento i cattolici.
Massimi esponenti dei Ds dichiarano di privilegiare la via parlamentare a quella referendaria, mentre Massimo D'Alema parla apertamente di "referendum stimolo" per il Parlamento. Tuttavia nel 2000, quando il centrosinistra era maggioranza in Parlamento, il tentativo di far approvare una legge laica sulla fecondazione assistita fallì a causa dell'opposizione delle componenti cattoliche della coalizione. Oggi che la componente cattolica nello schieramento ulivista è ancora più forte, dopo la nascita della Margherita, non si vede con quali numeri si potrebbe approvare in Parlamento una legge laica e liberale.
Non a caso, nel corso della campagna elettorale del 2001, questi temi - dalla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali alla procreazione assistita, dall'eutanasia all'aborto farmacologico - furono definiti da Massimo D'Alema e da Francesco Rutelli "questioni di coscienza", che non dovevano essere oggetto di dibattito politico. Sullo sfondo sempre il temuto scontro tra laici e cattolici.
Già nel lontano 1970 Pannella rispondeva così a chi paventava questo pericolo: «Cattolici? L'80% della cattolicità nel mondo, ed almeno la metà di quella italiana, ha sul divorzio la nostra posizione e non quella degli anti-divorzisti; e l'immensa maggioranza dei credenti, cattolici e no, concordano nel ritenere arbitrario e clericale, integralistico, qualsiasi tentativo di presentare come "cattolica" una particolare battaglia politica».
Il referendum sul divorzio nel 1974 dimostrò la verità di quell'affermazione. Una lezione, ricorda Galli, che la sinistra italiana sembra non avere ancora imparato.
Mauro Cascio
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