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Latina. La storia compie 80 anni. Leonardo Tiberi (Istituto Luce): «Siamo un grande contenitore di memoria. Un patrimonio pressoché unico»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Leonardo Tiberi, direttore editoriale dell'Istituto Luce,
che festeggia quest'anno gli 80 anni di vita e di attività. L'Istituto Luce è la più ampia
raccolta di immagini e documentazioni audio e video della nostra storia recente, in
particolare degli anni compresi tra le due guerre e dell'immediato dopoguerra, quando
ancora la comunicazione mediatica televisiva non era nata ed i cittadini italiani
basavano le loro esigenze di informazione sui cinegiornali realizzati dall'Istituto. Nel
2004, ad ottant'anni di distanza, come opera l'Istituto Luce?
«L'Istituto svolge un
compito di conservazione di tutto quello che è il patrimonio filmico e fotografico
accumulato nel corso di ottant'anni di attività. Ma è anche e soprattutto un centro
di produzione che, utilizzando prevalentemente i propri materiali, ma anche
materiali che ha grazie ad accordi internazionali che ci legano a musei di Londra e
Washington, realizza programmi che hanno come scopo quello di documentare il Novecento
italiano, e che possono anche essere illustrati con materiali provenienti da altri archivi.
La nostra sfera di azione più importante è oggi l'editoria: siamo presenti con delle
collane composte da una parte editoriale cartacea e da una parte video (il supporto
su cui pubblichiamo attualmente è il DVD), che è naturalmente il piatto forte della
nostra produzione. Una di queste collane sta avendo un discreto successo: è composta
da trenta numeri che spaziano dagli albori del Novecento in Italia ad un film sulla
Grande Guerra, realizzato con i celebri materiali di Comerio, alle Colonie, alle Città
di Fondazione (di prossima realizzazione), alla Seconda Guerra Mondiale, con un
documentario che sta avendo molto successo all'estero, dal titolo "Codice Husky",
sulla Campagna d'Italia dallo sbarco in Sicilia fino alla Linea Gotica, interamente
costruito su materiali a colori, rarissimi, che abbiamo avuto dal nostro partner
americano. E poi tanti altri prodotti, come monografie di personaggi (tra poco
presenteremo un documentario su Guglielmo Marconi). Sicuramente l'obiettivo è
sempre di più quello di tornare ad essere la fabbrica del documentario italiano».
Lei ha ricordato come negli anni 30 venissero realizzati due cinegiornali alla settimana,
distribuiti in cinquemila copie non solo in Italia, ma anche nelle Colonie: è un materiale
immenso sulla nostra storia a partire dal 1924. In ottant'anni come è cambiata la
comunicazione mediatica? «Negli anni 30 l'Istituto Luce forniva informazione a tutta
l'Italia, oggi la situazione è totalmente rovesciata. Dal suo punto di osservazione
privilegiato, come definirebbe questa differenza? «Dagli anni 60 il testimone è
passato alla televisione: il Luce e, come il Luce, tutti gli altri produttori di newsreals,
di cinegiornali nel mondo, hanno cessato di avere un senso come fornitori di cronaca,
ma sono diventati dei contenitori di memoria storica. Ora però, con questa grande
riscoperta, con questa voglia di andare ad indagare nel passato, tutto questo torna
di attualità. Ecco perché noi ci siamo trasformati da conservatori di archivio a editori.
E le televisioni hanno bisogno di noi, perché per raccontare queste cose, è
necessario avere dei materiali, è necessario saperli gestire, e saperli utilizzare.
Proprio oggi, 15 settembre, Retequattro programmerà un nostro documentario al quale
seguirà tutta una serie. Questo è un modo per dimostrare come non solo il Luce ha
un filo diretto tradizionale, storico, con la televisione di Stato, ma addirittura
con emittenti private, commerciali, senza parlare poi dei contatti che abbiamo
continuamente per produrre programmi, o per fornire materiali (che servono per produrre altri programmi), con televisioni locali, con televisioni satellitari e con televisioni estere».
Andrea Apruzzese
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