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Latina. Integralismo e libero pensiero. Andrea Apruzzese: «Quelle di Mauro Cascio saranno pure opinioni documentate, spiritose. Ma sono le sue»
«Lasciamo che i contadini di fede rotolino nel termovalorizzatore delle stupidaggini»?
Accipicchia! In effetti credevo che l'ateo infedele miscredente fosse Mauro Cascio!
Hai capito cosa può nascondersi dietro due begli occhioni? In effetti non so se incazzarmi
o complimentarmi per l'intrinseca creatività! Mah, chiederò al mio confessore. Quello che
però mi colpisce è che neanche Elisabetta Rizzo comprenda perché Mauro Cascio studi
tanto le religioni: forse per attaccarle meglio. Si sa, quando non sopporti una cosa, ti
documenti per odiarla meglio. Come faccio io con Magritte: mi sento talmente male davanti
alle sue tele surrealiste da averlo studiato più di quanto non abbia fatto (ed è tanto)
con il mio adorato Leonardo Da Vinci (ragazzi, ma ci siete andati agli Uffizi a vedere l'
Annunciazione restaurata? Ma solo le trasparenze del velo appoggiato sul leggio
di marmo valgono un millennio di pittura). Mauro, mi dispiace per te,
capisco che non andrai mai a vedere un'opera che raffigura l'Annunciazione a Maria, ehehehe...
Consolati con il tuo Dalì e con Magritte.
Concordo con Elisabetta che forse ci siamo bevuti qualche Martini di troppo. Ma -
a costo di essere noioso - vorrei tornare sinteticamente su un paio di punti.
Non venite a dire a me che non ho precisato che il cattolicesimo non ha il monopolio del
cristianesimo, quando sapete bene che per metà sono valdese, così come sapete che
rispetto profondamente le altre confessioni religiose: a ciascuno la sua, ateismi e laicità
comprese, se esiste rispetto reciproco. Ma se qualcuno viene a rompere le scatole a me,
io le rompo a lui: se deve essere reciproco il rispetto, così devono essere anche le rotture.
Non intendo però continuare queste diatribe religiose, anche se molti punti
sarebbero da sviscerare ulteriormente, come quando parlate di titoli che non hanno
cittadinanza al di fuori della gerarchia (e chi ha mai voluto far valere un cardinale
in parlamento?) Mauro, ti conosco da otto anni e da otto anni in qua vedo una
totale inconciliabilità delle nostre posizioni. La differenza è che io, un'apertura mentale
verso le posizioni "altre", mi sembra di averla dimostrata. Tu invece vuoi continuare
ad analizzare, quando sono otto anni che cerco di farti entrare in testa che uno crede
senza dover comprendere.
Su una cosa però non transigo: l'obiettività dell'informazione (e sto parlando in linea
generale, lascia perdere ora la vicenda religiosa).
«Il "raccontare" è già di per sé "soggettivo". Non esiste una comunicazione neutra», scrivi.
Grazie tante, abbiamo fatto la scoperta dell'acqua calda: è ovvio che non può esistere
l'obiettività assoluta. Qualsiasi cosa noi osserviamo, e poi riportiamo, passa sempre e
comunque attraverso il nostro filtro, di Andrea Apruzzese, di Elisabetta Rizzo, di Roberta
Colazingari, di Mauro Cascio, ecc.
Quindi passa attraverso le esperienze personali, di educazione, di sensibilità, ecc, che
sono diversissime in ognuno di noi (background culturale, lo chiama chi vuole usare i
paroloni). Ne stavo parlando anche durante l'intervista con Roberto Gabriele, e lui
mi ha fatto un esempio calzante: «Già quando monto sulla macchina un obiettivo piuttosto
che un altro io faccio una scelta: scelgo di raccontare quell'immagine (e quindi quel fatto)
mostrando un orizzonte piuttosto che un altro: posso montare un supergrandangolare per
mostrare tutta la scena, oppure un tele per riprendere i volti delle persone coinvolte.
È una scelta mia, un altro fotografo ne può fare un'altra, ma sono entrambe valide»
(e, aggiungo io, se pubblicate insieme, contribuiscono alla completezza dell'informazione).
Quando io parlo di obiettività, parlo di quello che mi disse uno dei miei maestri,
Sergio Lepri, ovvero della «massima obiettività possibile» cui è sempre tenuto chi
deve fare informazione: eliminare, eliminare, eliminare ed eliminare ancora qualsiasi
soggettività.
Certo che dobbiamo far crescere i nostri lettori, è ciò che io ritengo fondamentale nel
nostro mestiere, è la nostra missione, è il nostro credo: ma dobbiamo far crescere
illustrando fatti, eventi ed idee, «in modo che il lettore possa formarsi la propria
opinione». Mai dobbiamo imporre idee o concetti nostri o di altri. Il nostro dovere è solo
quello di riportare, nella maniera più asettica che ci sia possibile, tutti i diversi
punti di vista che possiamo e dobbiamo trovare nella nostra ricerca. Cavoli, mica
siamo saggisti, siamo giornalisti. Non scriviamo libri, riportiamo fatti. Certo,
nei giornali ci sono anche le opinioni ma, come ci ha insegnato il giornalismo
anglosassone, queste devono essere rigorosamente separate dai fatti, ed evidenziate
graficamente tramite riquadri, fili, o corsivi, in maniera che il lettore comprenda
che ciò che sta leggendo è un'analisi ripresa da un particolare punto di vista.
Oppure esistono i giornali di partito, ma in quel caso un lettore sa che sta
andando all'edicola a comprare L'Unità, o il Secolo. Allora diciamolo: «Signori,
ci siamo sbagliati, ParvapoliS non vuole essere una testata affidabile: da oltre sette anni
a questa parte state leggendo le nostre opinioni personali». Quelle di Mauro Cascio
saranno pure provocatorie, documentate e spiritose. Ma sono le sue.
Andrea Apruzzese
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