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Roma. I poteri della mente e gli stati di coscienza. Alessandro Meluzzi: «Le droghe danno dimensioni artificiali che azzerano l'uomo»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS l'on. Alessandro Meluzzi, deputato e docente di genetica del comportamento umano all'Università di Siena e di psicoendocrinologia all'Università di Torino, relatore del Convegno "I poteri della mente e gli stati di coscienza" organizzato all'aula magna della Sapienza dal Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato per la Giurisdizione Massonica Italiana - Palazzo Giustiniani. Il Rito Scozzese è una strada iniziatica per la conquista della conoscenza. Che altro? «Il Rito Scozzese è un luogo di elaborazione di cultura di alto profilo che deve nelle sfide del terzo millennio servire e rappresentare un luogo, uno spazio-tempo, un tavolo in cui uomini "liberi e di buoni costumi" devono lavorare per pensare alle grandi questioni del presente e soprattutto del futuro dell'umanità: le grandi questioni della bioetica, dell'ambiente, delle grandi questioni della pace e dell'energia, dell'umanità. Il Rito Scozzese in questo gioca un ruolo importante come cenacolo di cultura ma anche come luogo di elaborazione di pensieri forti». Nel suo intervento lei si è inserito nella discussione mostrando come l'interazione tra droghe, linguaggio e meccanismo di funzionamento del cervello si saldino in una definizione olistica ed interattiva in cui chiedersi se vanga prima la natura o la cultura è una domanda impropria a circolare. «Ci sono droghe che alterano qualsiasi cosa. Ci sono droghe che sedano e droghe che stimolano, ci sono droghe che aumentano le emozioni e droghe che le diminuiscono, ci sono droghe che eccitano e droghe che ci fanno diventare depressi. L'uso delle droghe serve a mettere nelle mani della volontà gli stati dell'anima. Qualcosa di pericoloso perché c'è il rischio che l'uomo, ad abusarne, venga chiamato fuori da se stesso. Il problema delle droghe non si risolve nella dialettica proibizionismo sì/proibizionismo no, droghe leggere/droghe pesanti ma, come le cose che dicevamo prima del Rito Scozzese, svolgendo un tema sulla natura stessa dell'uomo e del suo funzionamento nel tempo che viene». Viene alterata anche la visione del bene e del male... «Sicuramente. Alterano l'etica, l'identità, le pulsioni di vivere. E poi ci sono droghe che pur non essendo tali lo diventano per l'uso che ne viene fatto: l'alcool, il cibo, il gioco patologico, il sesso, i comportamenti a rischio. Pensiamo a quando, cito i casi di cronaca delle scorse estati, i ragazzi si mettono dentro una scatola di cartone nella mezzeria di un'autostrada per provare il "brivido" di sentire i clacson e le frenate o le sterzate dei Tir. Cosa provano questi ragazzi? Cosa è bello? La tempesta di catecolammine. Come quando si sfreccia a duecento all'ora. Ma la dipendenza limita l'energia primordiale della libertà». Infine, parlando di coscienza e di stati di coscienza, lei ha citato nel suo intervento le "droghe che aprono la mente"... «Credo che il metodo migliore per aprire bene la mente sia farla funzionare. Le droghe non possono che chiuderla. Anche se sono allucinogeni che ci fanno vedere il mondo in technicolor o che ci fanno alterare la percezione del tempo, del prima e del dopo. Quello che viene fuori è una dimensione artificiale in cui le potenzialità dell'uomo sono limitate anziché amplificate. Questa è la ragione per cui nell'intervento dicevo che la pillola del sabato sera, le metanfetamine sono una tristissima imitazione dell'estasi. I giovani cercano l'estasi, la fuoriuscita spirituale dal sé e trovano solo la tristezza di una pillola che gli fa solo battere il cuore un po' più veloce e li fa essere un po' più disinibiti e un po' meno timidi».

Sara Fedeli

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