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Cisterna. Buffalo Bill. Antonio Pennacchi risponde a Carturan sulle colonne de L'Indipendente di oggi: «E mo Panariello si stesse attento»

Panariello non ha idea in che guaio s'è andato a ficcare sabato scorso, durante uno sketch in tv con Kevin Costner quando - sfidandosi sul toro meccanico - ha detto a lui e alla nazione che i butteri della maremma toscana avevano battuto una volta Buffalo Bill. Kevin Costner non ci voleva credere. Ma chi soprattutto non ci vuole ancora credere è il sindaco di Cisterna di Latina, un paese ai piedi dei Colli Albani subito dopo Velletri. Qui cominciavano le Paludi Pontine e i cisternesi erano tutti butteri, cow boys. Conoscevano solo il cavallo, le mandrie, le foreste ed i pantani. Ancora adesso - che la bonifica è stata fatta da un pezzo e girano pure in macchina - restano nell'animo sostanzialmente butteri: onesti ed orgogliosi, ogni tanto però allo stadio invadono il campo e il venerdì sera, quando calano nei pub o discoteche di Littoria, subito s'alza il grido: "So' arrivati i cisternesi", e è il fuggi fuggi. Ma su questa storia di Panariello hanno ragione. "Che maremma e maremma", ha detto il sindaco: "È falso: i butteri che vinsero Buffalo Bill erano di Cisterna", e si è rivolto alla magistratura. Vuole miliardi di risarcimento e pubbliche sconfessioni, e sabato prossimo si presenta alla Rai coi butteri, il lazo ed i cavalli.
Era stata difatti la principessa Caetani a dire un giorno di marzo del 1890 - in mezzo a tutti che battevano le mani e urlettavano di gioia - a dire con la boccuccia a culo di gallina: "I butteri delle mie Pontine lo fanno meglio", e non si riferiva a qualcosa di lubrico, anche se c'è chi nutre dubbi. Questa principessa era diventata Caetani - e padrona di gran parte delle Paludi Pontine, del lago di Fogliano, di Cisterna, duchessa di Bassiano e principessa di Sermoneta - per via di matrimonio. Lei, di suo, era una duchessa britannica e stava quasi sempre a Roma, o in giro per il mondo a mangiarsi i soldi col marito, ma qua, in mezzo alle paludi, si era fatta fare dei giardini all'inglese, alla Byron. È a lei che si deve l'Oasi di Ninfa, tanto strombazzata dal Wwf - fece venire migliaia d'essenze da tutto il mondo - e i giardini di Fogliano, e il viale infinito di palme attorno all'omonimo lago. Chi passa oggi con la macchina, sulla strada in cima alla duna che separa il lago dal mare, nel tratto da Capoportiere a Rio Martino vede ancora filari sparsi di palme gigantesche - pare l'Africa - e spesso si chiede: "Come cazzo ci sono finite qua?". È ciò che resta di quello sterminato viale ed è per questo che al lago di Fogliano vengono da sempre a fare i film da Cinecittà, già Scipione l'Africano, e fino a Bora Bora. Io, da giovane, ci ho fatto la comparsa a un paio di Sandokan. Lei comunque s'era fatta fare questo viale per poterci cavalcare all'ombra intorno al lago. Mio nonno però, quando ero ragazzino, raccontava coi suoi amici che a cavallo, attorno al lago, sotto le palme, la principessa non ci andasse vestita proprio di tutto punto, ma cavalcasse come Lady Godiva, "Ignuda", diceva nonno. E ogni tanto, quando incontrava un buttero... Ma non credo che sia vero, anche se nonno era stato loro mezzadro.
Comunque la sfida a Buffalo Bill fu lanciata dalla principessa Caetani - è un fatto storico - ed è per questo che il disgraziato non si poté ritirare. Si fosse trattato di un uomo era diverso, ma lui era una specie di Gigi Rizzi. C'è Clemente Pernarella - una star di "Vetrine", anche lui di Latina - che mi sta mettendo in croce da anni perché gli scriva una pièce su questa liaison. È a lui che si deve la scrupolosa raccolta delle fonti. William Frederick Cody, detto Buffalo Bill (1846-1917), all'epoca dei fatti aveva poco più di quarant'anni, ma era già un disoccupato, sopravvissuto a sé stesso e alla sua gloria. C'era il suo mito che girava per il mondo, e lui che tentava di arrancargli appresso (ah, che bel saggio per De Turris): colonnello Us-Cavalry; guerra di secessione; aveva sterminato indiani di tutte le tribù, soprattutto aveva sterminato a migliaia i bisonti fino all'estinzione; aveva conquistato l'Ovest. Mo' uno potrà pure dire che non è esattamente un eroe ecologico-ambientalista, ma queste sono sottigliezze di chi ha già la pancia piena. Resta il fatto che Buffalo Bill è un mito che agisce tuttora - pure sui figli o i nipotini di Pecoraro Scanio - tale e quale a quelli di Troia. Sarà la modernizzazione, sarà la conquista, non lo so, bisogna chiedere a De Turris. Resta il fatto che a un certo punto Buffalo Bill non aveva più niente da conquistare, nessuno da sterminare. Tutti lo riconoscevano, tutti lo acclamavano, ma lui doveva pure continuare a campare. Così mette in piedi questo circo - cavalli, cow boys, indiani, puledri da domare, spari e pistolettate - e gira per l'America. Mette a frutto la fama, cartolarizza il mito. Proprio come Gigi Rizzi appunto, che dopo quarant'anni ancora si fa pubblicità con Brigitte Bardot. Lui imbarca nell'avventura Toro Seduto (Sitting Bull, o Tatanka Yotanka in lingua sioux), il vincitore di Custer a Little Big Horne. Toro Seduto ha una decina d'anni di più (1831) e tra i due la rivalità - proprio in termini scenici, di prime donne - è fortissima, come rende anche lo stupendo film di Altman del '76 con Paul Newmann. Ma la gente fa a botte per pagare il biglietto. Nel 1887 fanno la prima tournée al di qua dell'Atlantico, con le tende, i carri, i cavalli, i puma e i coyotes dentro la stiva, e Buffalo Bill e Toro Seduto a passeggiare fumando sulla tolda, coi rispettivi amici, senza degnarsi d'un saluto quando si incrociavano. Si fermano in Nord-Europa, Londra, Parigi. Poi tornano indietro. Da noi, in Italia, scendono al secondo giro - 1889-1890 - ma Toro Seduto non c'è più. È rimasto in Usa. Ha lasciato la compagnia non per le rivalità artistiche, ma per cavalcare di nuovo i suoi sentieri: gli Usa non hanno rispettato i patti e lui si rimette alla testa di un nuovo movimento profetico, la "danza degli spettri". Lo catturano e lo giustiziano a Fort Yates il 15 dicembre del 1890, mentre Buffalo Bill è ancora in giro. Pare che abbia scritto numerosi dispacci per scongiurare l'evento: "Lasciatelo stare, ci parlo io quando torno", ma la macchina della giustizia, diciamo così, era partita. In questa seconda tournée europea non è però che fosse venuto senza indiani - erano al comando di Gonna Rossa (Red Skirt) - e diceva del suo circo: "Sono i migliori cavallerizzi del mondo". È venuto anche a Roma, e tutta Roma - papalina ed umbertina - pagava il biglietto a frotte per andarlo a vedere. Quelli saltavano su e giù dai cavalli, pistolettate di qua e pistolettate di là. Da noi non erano nemmeno vent'anni che i bersaglieri erano entrati a cannonate a Porta Pia, ma le pistolettate e le giravolte dei cow boys chissà che ci parevano. Era il mito di Buffalo Bill.
Il circo si esibiva ai Prati di Castello, dove oggi c'è Piazza Cavour. Le tende e gli accampamenti stavano sotto Castel S. Angelo. Era arrivato con due treni speciali da Napoli, dove era sbarcato con 100 indiani, 100 cow boys, 200 animali, carri, diligenze del Far West e ballerine. E andarono pure a farsi benedire dal Papa (Buffalo Bill era cattolico). Già dai primi spettacoli fu un furore. Il principe Orsini e il duca Sforza Cesarini vollero salire sulla diligenza. Tutti i meglio nobili lo invitavano a pranzo e Buffalo Bill era oramai di casa anche al Caffè Greco, e sempre a dire dappertutto: "I migliori cavallerizzi del mondo". Fin che la principessa Caetani non sbottò: "I miei butteri lo fanno meglio". Lui lì per lì fece finta di non sentire, ma quella insisteva, continuava ogni giorno e lo invitava oramai ogni sera pure lei a palazzo, alle Botteghe Oscure, per poterglielo dire meglio. Così ha accettato la sfida e ha messo in palio mille lire. Il primo round ebbe luogo il 5 marzo 1890: i cavalieri americani dovevano prendere al laccio, sellare, domare e cavalcare sei puledri cisternesi in dieci minuti. Ce ne misero venti, ma fu ugualmente un trionfo, secondo Il Messaggero. Ai butteri nostri - che erano stati fatti venire in 9 da Cisterna al comando di Augusto Imperiali, "Augustarello", capo massaro dei Caetani - toccava invece vedersela coi cavalli americani due giorni appresso, il 7, ma la manche fu rimandata perché c'era il pienone e Buffalo Bill si inventò una scusa per non far esibire i butteri: "Si fa domani", così la gente ritornò a ripagare il biglietto. I cisternesi scesero in pista alle 14,30 dell'8 marzo 1890 e fecero sfracelli. Nessuno andò oltre i nove minuti. Per ultimo scese Augustarello Imperiali e domò al volo in un attimo un morello che sembrava assatanato. Lo ridusse un agnellino e, reggendo con una mano sola le redini e con l'altra il cappello a salutare la folla, caracollò per due o tre giri di circo. Entusiasmo alle stelle. Pure il papa, Leone XIII, papa Pecci - anche lui delle nostre parti, di Carpineto - faceva i salti dietro una finestra. Il Messaggero del giorno dopo, 9 marzo 1890, scrive che Buffalo Bill avrebbe stretto la mano ad Imperiali, riconoscendone la vittoria. Esiste anche una fotografia in cui si stringono la mano, ma debbono averla scattata prima, perché spesso è vero che i giornali scrivono cazzate. La verità storica è difatti che Cody non riconobbe la sconfitta: disse che i giri d'onore in cui s'era attardato Imperiali andavano computati nei tempi complessivi della disfida, aveva quindi vinto lui e si rifiutò pertanto di pagare le mille lire pattuite. Non era evidentemente tanto sportivo, anche se Clemente Pernarella - il divo di Vetrine - sostiene che le mille lire fossero solo una parte della scommessa, quella manifesta, e che se avesse vinto lui, avrebbe dovuto pagare la principessa. Ma non denaro. More suo. A cavallo. Sotto quelle famose palme del lago di Fogliano. Le mille lire per i butteri furono raccolte immediatamente in tribuna e i "Buuu" del pubblico per Cody si sprecarono. Il giorno dopo smontò armi e bagagli e si trasferì a Firenze, dove era peraltro già atteso, ma non così di corsa. La principessa gli rimase in canna. Ora è chiaro che tutto questo nulla aggiunge e nulla toglie al mito di Buffalo Bill. Anzi aggiunge, più che toglie. Augusto Imperiali non lo conosce nessuno in tutto il mondo. Giusto a Cisterna. E giusto perché ha battuto Buffalo Bill. Come quello che ha ammazzato John Lennon. O Il padiglione d'oro di Mishima. Ne avesse battuti altri centomila - ma non Quello - non se lo ricordava nessuno manco a Cisterna. Ma che tu adesso ti presenti con la maremma toscana non è nemmeno giusto. E che c'entra mo' Grosseto? Mi vuoi levare la mia B.B? Fossi in Panariello starei attento. Le cronache difatti riportano che la sera di quel fatidico giorno, prima di rientrare a Cisterna, i butteri vincitori andarono a festeggiare lungamente in una osteria alla batteria Trionfale e, "venuti a diverbio fra loro, uno di essi fu ferito a coltellate". Si desse una regolata. Sabato lo aspettano i nipoti. Sempre butteri sono. E cisternesi.

Antonio Pennacchi


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