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Latina. Viaggio nell'Antico Egitto. Stefania Sofra: «Un popolo amante della vita che non credeva che una cosa così bella potesse terminare»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Stefania Sofra, egittologa di Latina che ha organizzato il convegno "Viaggio nell'Antico Egitto". Quale la tua valutazione - anche emozionale - dell'evento che hai curato, portando a Latina, tra gli altri, Zahi Hawass, il Segretario Generale del Supremo Consiglio per le Antichità d'Egitto? «Sì, il professore è venuto e sono andata io a prenderlo a Fiumicino per accertarmene! Scherzi a parte, tutto è andato bene». Quale ritieni sia stato il valore aggiunto di questo convegno per Latina, oltre la presenza dei professori? «A parte la presenza degli egittologi, la cosa che mi ha dato più soddisfazione è l'amicizia e la stima profonda che vedo tra le autorità di Latina e le autorità egiziane: uno scambio culturale che - sono sicura - continuerà a dare dei frutti nel futuro». "Il culto dei morti" è stato il tema della relazione di Stefania Sofra al convegno, che ha visto il Teatro D'Annunzio gremito fino all'ultimo posto, alla presenza delle massime autorità egiziane, tra cui l'Ambasciatore presso lo Stato Italiano nonché del Sindaco di Latina, on. Vincenzo Zaccheo, dell'assessore alla Cultura della Provincia di Latina, Fabio Bianchi, in rappresentanza del Presidente Cusani e dell'assessore del Comune Giovanni Di Giorgi. Dopo aver introdotto il pantheon delle divinità adorate dagli egiziani, in particolare di quelle deputate ad "accompagnare" il defunto nell'aldilà, l'egittologa ha chiarito come il popolo egiziano fosse profondamente amante della vita e non credeva che una cosa così meravigliosa potesse terminare con la morte. Quest'ultima rappresentava quindi un momento di transizione, necessario per accedere all'aldilˆ, in un modo speculare a come si era vissuto e l'esigenza della mummificazione del defunto (arte perfezionata proprio dagli egizi) nasceva dalla necessità di preservare il corpo per il passaggio da una vita all'altra. Interessante anche lo studio del "libro dei morti", di cui diversi esemplari sono stati ritrovati nel corso di secoli di scavi; il capitolo 125, dedicato alla "psicostasia", raffigura il momento del giudizio universale cui viene sottoposto il defunto. Il dio Anubi, raffigurato con la testa di sciacallo, pesa su una bilancia le azioni del morto: su un piatto trova posto la piuma raffigurazione della dea Mat (la giustizia con cui ha vissuto il defunto) e sull'altro vi è il cuore (la rettitudine). L'equilibrio non doveva essere spezzato, altrimenti sarebbe avvenuta la seconda morte, quella definitiva, che avrebbe visto il dio-mostro Amit mangiare l'anima (cioè il cuore) del defunto. Per questo la persona, ancora in vita, preparava una sorta di "giustificazione" per gli atti commessi o meno. Marco Chioffi ha invece affrontato il tema "Storie popolari dell'Antico Egitto", esponendo la letteratura egiziana e la sua molteplicità di generi, a partire dalla più antica storia giunta fino a noi (risalente all'inizio della XII Dinastia), quel "racconto di un naufrago", la cui unica copia esistente è conservata a San Pietroburgo, per poi passare a quella forse più famosa, dedicata all'avventura di Sinhue. La scrittura egizia (i geroglifici) è stata il tema dell'intervento di Maria Stella Mazzanti, del Museo Egizio di Torino. Una lingua profondamente iniziatica, per sviluppare la quale gli egizi trassero molta ispirazione dalla natura che li circondava. Ma i geroglifici erano soprattutto un mistero divino, in quanto gli egizi consideravano proprio la scrittura una conoscenza derivata direttamente dalla divinità.

Andrea Apruzzese

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