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Latina. Impresa al Femminile. Clarita Pucci: «I problemi sono comuni alla Pmi maschile: l'accesso al credito il più sentito e grave»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Clarita Pucci, Presidente del Comprensorio di Latina della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), nonché organizzatrice del Workshop Athena, dedicato all'imprenditoria femminile e giunto alla sua quarta edizione. Come nasce l'idea l'idea del Workshop Athena e qual è il suo significato per l'imprenditoria femminile di Latina? «Sicuramente per noi è un'iniziativa di grande valore. Nella prima edizione di Athena eravamo solo 26 imprese. Siamo arrivati quest'anno a circa 90 imprese della provincia di Latina, più la presenza dei comitati - per la promozione dell'imprenditoria femminile - di Roma, Viterbo e Frosinone. È quindi una manifestazione che cresce e che è molto apprezzata. C'è da dire che è l'unica vetrina regionale per l'imprenditoria femminile, quindi le testimonianze di apprezzamento che oggi abbiamo avuto, sia da parte del sindaco che da parte del presidente della camera di commercio, sicuramente per noi sono motivo di grande piacere e sono anche un incentivo a voler fare di più. Noi l'abbiamo sempre intesa non come un mercato, ma perché fosse realmente un'esposizione di quello che è il saper fare dell'imprenditoria femminile, cioé le conoscenze, il modo di porsi delle donne, che ha un qualcosa di diverso, rispetto all'imprenditore uomo. Come diceva l'on. Maria Annunziata Luna poco fa, basta già il sorriso della donna, e comunque - secondo me - proprio il nostro stile fa già la differenza. Poi, naturalmente ci sono dei problemi che sono comuni, sia all'imprenditoria femminile che all'imprenditoria maschile, che sono quelli di cui parliamo spesso, come l'accesso al credito (che è un problema grandissimo delle nostre imprese). Forse le donne lo vivono in maniera particolare, perché c'è proprio una differenza culturale che ci fa perdere quella possibilità di presentare la nostra impresa - che è un'impresa a cui crediamo, a cui diamo un grande valore - che però viene vista come l'impresa di "serie B", per usare un termine che a me non piace. Quindi noi ci stiamo attivando - anche con Basilea 2 - per aiutare le nostre imprenditrici, affinché possano presentarsi alle banche dando davvero valore, non solo al bilancio, ma anche all'attività che svolgono, perché anche quella è importante. Noi abbiamo tante potenzialità ed abbiamo tante imprese sane, perché un dato importante da sottolineare è che le imprese femminili sono tutte solvibili (noi, i debiti, ce li togliamo tutti, e questa è una cosa che ci fa piacere). Vogliamo cercare di superare questo gap culturale (perché secondo me è un gap culturale) e cerchiamo di andare avanti, di essere sempre di più, perché noi facciamo parte integrante dell'economia, non siamo la riserva: lavoriamo, creiamo occupazione, cerchiamo veramente di integrare le differenze (siamo molto sensibili anche da questo punto di vista). Vogliamo che ci venga dato il giusto valore che meritiamo, niente di più, niente di meno». Ti lanciamo una provocazione: è ancora necessario promuovere - o, in qualche modo, "difendere" l'imprenditoria femminile rispetto a quella maschile. Non si rischia, magari tra qualche anno, di dover difendere poi quella maschile? «Questo è un po' come la festa dell'8 marzo: finché c'è la necessità di festeggiarlo, noi non ci sentiamo di aver raggiunto la parità. Io credo che la donna, forse proprio per la necessità di dover conciliare questi diversi ruoli (imprenditrice, moglie, madre, ecc.), ovviamente ha bisogno di un sostegno in più. In questo senso io credo che la donna vada assistita e vada tutelata, perché si trova veramente a dover lavorare su diversi fronti. Per il resto no, perché il mercato dove ci andiamo a collocare è lo stesso, sia per le donne che per gli uomini, quindi non credo che ci siano grandi differenze in questo senso».

Andrea Apruzzese

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