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Latina. Alleanza Nazionale apre ad Israele. Maurizio Gasparri: «Con l'Italia un partner naturale». In discesa l'ingresso nell'UE?
L'evento che ha portato Maurizio Gasparri a Tel Aviv è di carattere tecnico - la Fiera di Telefonia e comunicazioni "Telecom Israel 2004" - ma non sfugge la valenza politica di questa presenza del governo italiano e di Alleanza nazionale in Israele in un momento così particolare e delicato della politica italiana e del contesto internazionale. Ed è lo stesso Gasparri a sottolinearlo: «La presenza contestuale di un ministro di An e di un vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, dopo le tante altre occasioni che hanno visto il governo e la destra venire in Terra Santa, dimostra una volta di più l'assoluta stabilità dei rapporti tra i nostri due Paesi. Per quanto riguarda, poi, la nostra posizione come esponenti di An, potrei quasi dire che, ormai, rispetto a qualche tempo fa, la nostra presenza qui è una "non notizia", un fatto "normale"».
Ma la conferma più autorevole al significato assunto dalla presenza di Gasparri a Tel Aviv è venuta dalle parole con cui il vicepresidente israeliano, Ehud Olmert, ha accolto il rappresentante italiano nel ricevimento al quale hanno preso parte i 16 ministri delle Telecomunicazioni presenti alla manifestazione. Olmert ha sottolineato come il valore di riunioni come quelle di Tel Aviv consista nella possibilità di sviluppare i commerci bilaterali tra i Paesi che vi partecipano e ha subito aggiunto che la particolare amicizia con Gasparri e la solidità assoluta dei rapporti con l'Italia rendono gli orizzonti commerciali il più rosei possibili. Ma l'amicizia con l'Italia, ha detto ancora Olmert, va ben oltre gli aspetti commerciali, in questa delicata fase della politica internazionale. Insomma, fin dalle prime battute, questo viaggio diplomatico in Israele di Gasparri si può archiviare nel faldone dei successi del governo Berlusconi e, a margine dell'ampio giro tra stand e infopoint tecnologici dell'area fieristica, c'è il tempo per fare con il ministro delle Comunicazioni un'analisi politica ad ampio raggio.
Tra poche ore Fini sarà qui con lei, nella sua qualità di vicepresidente del Consiglio, ma, forse, già investito dell'incarico di ministro degli Esteri: è un fatto storico, da un certo punto di vista.
«Per la mia generazione, quella che ha cominciato a fare politica negli anni 70 e ha dato vita, nel decennio successivo, a quel processo di trasformazione della nostra azione politica che ha portato a metà degli anni 90 alla Destra di governo, vedere Fini alla Farnesina significherebbe aver completato quel processo di maturazione politica e istituzionale per cui abbiamo lavorato tanto e con tenacia. Sarebbe un successo non solo suo personale, com'è ovvio, ma una soddisfazione per l'intera classe dirigente.
In questo momento, gli accadimenti internazionali sembrano dare senz'altro ragione alla linea politica che il governo ha tenuto con coerenza in questi anni nello scenario internazionale.
Non c'è dubbio che le scelte di coraggio e di chiarezza, al di là delle polemiche strumentali, stiano premiando la politica della Casa delle libertà. Se avessimo messo la testa sotto la sabbia nella guerra contro il terrorismo, come hanno fatto altre nazioni e come avrebbero voluto che facessimo anche noi italiani i partiti della sinistra, non ci sarebbero state elezioni democratiche in Afghanistan, non ci sarebbe la possibilità di sperare in un'analoga situazione nell'Iraq, Governo - con le solide relazioni create con l'America di Bush, la Russia di Vladimir Putin, l'Inghilterra di Tony Blair e anche con la Spagna di Aznar, anche se il leader popolare spagnolo ha pagato lo scotto di una pesante influenza del terrorismo nella politica interna del suo Paese - mi sembra aver risposto in maniera eccellente alle esigenze che la politica mondiale poneva sul tavolo e abbia permesso all'Italia di affrontare e vincere le sfide non facili che il dopo 11 settembre aveva lanciato anche al nostro Paese. È la sicurezza, in una parola, il problema che oggi i governi sono chiamati a risolvere, la sicurezza in tutti i suoi significati, non ci sarebbe nessuna speranza di vedere i frutti che presto darà il nostro faticoso e impegnativo sforzo nelle difficili missioni internazionali a cui abbiamo deciso di partecipare.
Se in America avesse vinto John Kerry, non crede che le relazioni tra Italia e Stati Uniti avrebbero perso quel carattere "speciale" che è stato conquistato dal governo di cui fa parte? «Di sicuro, come hanno detto e scritto molti, se Kerry avesse battuto George W. Bush, non sarebbe cambiata più di tanto la linea politica dell'America, anche in relazione alla crisi irachena. Certo, in Italia qualcuno avrebbe tentato - anche se sono convinto che Kerry non sarebbe stato più di tanto a quel gioco - di ricreare quel clima da "Ulivo mondiale" che a Firenze, con Clinton, servì a far lavorare più lo chef Vissani che non le cancellerie diplomatiche. Battute a parte, il disegno perseguito dal Governo - con le solide relazioni create con l'America di Bush, la Russia di Vladimir Putin, l'Inghilterra di Tony Blair e anche con la Spagna di Aznar mi sembra aver risposto in maniera eccellente alle esigenze che la politica mondiale poneva sul tavolo e abbia permesso all'Italia di affrontare e vincere le sfide non facili che il dopo 11 settembre aveva lanciato anche al nostro Paese. È la sicurezza, in una parola, il problema che oggi i governi sono chiamati a risolvere, la sicurezza in tutti i suoi significati, e noi siamo riusciti a fare senza tentennamenti la nostra parte».
Oggi l'incontro col patriarca di Gerusalemme sarà un momento centrale della sua visita in Israele.
«Importantissimo e proprio alla luce di quanto detto finora. L'amicizia dell'Italia, del governo e di An con Israele è assolutamente fuori discussione. Sarà, quindi, un'ottima occasione per leggere la realtà con un occhio diverso e aumentare le nostre capacità di comprensione di questa stessa realtà». Anche in occasione di un prossimo ingresso di Israele nell'UE, come auspicato da molti ambienti liberali dentro e fuori la Casa della Libertà.
Elisabetta Rizzo
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