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Latina. Nozze gay. Antonio Pennacchi torna sulla coppia pontina su Ego e L'Indipendente: «Sono contento che siamo pionieri anche in questo. Perché il Sindaco Zaccheo non li invita intanto informalmente in Comune?»

«Altro che città macha e fascia, Latina è una città frocia», dice il mio barbiere. Due nostri concittadini maschi difatti, unici in tutta Italia, hanno recentemente richiesto agli uffici comunali – ricevendone solenne rifiuto – la trascrizione del loro matrimonio regolarmente celebrato in Olanda. Ma il mio barbiere si sbaglia. Latina non è frocia, è città pioniera pure in questo. Qui non si tratta di consentire o meno l’adozione di figli alle coppie gay. Nessuno lo ha chiesto. Qui si tratta soltanto di stabilire elementari diritti di eguaglianza per tutti i cittadini. Troppe sono le storie di coppie gay o lesbiche che vivono una vita assieme, dividono tutto in fedeltà, nella gioia e nel dolore, e quando poi arrivano alla fine, e uno dei due è su un letto d’agonia, in ospedale, al suo compagno/a viene impedito l’accesso. La famiglia di provenienza – che eventualmente ha sempre vissuto con disdoro e vergogna quell’amore – si riappropria delle spoglie moribonde e scaccia il partner. Questi non ha un solo diritto, non è più nessuno, può venire messo alla porta dal parente più lontano. E quando il compagno muore, sul superstite non gravano solo dolore e perdita, ma anche il rammarico ed il senso di colpa per non averlo assistito, e retto la mano nel trapasso. Che civiltà è questa? E dopo il funerale – al quale chissà se è consentito partecipare – gli levano magari pure la casa, poiché non ha il pieno diritto ereditario, oltre che di pensione. Non c’è contratto o scrittura privata che tenga: ai parenti – anche lontanissimi nel sangue – toccano i legittimi diritti. Io non sono quindi padrone, se gay, di dividere la mia morte e le mie cose con chi ho diviso – amandolo ed essendone riamato – tutta la mia vita: debbo dividerle con il fratello, cognato o cugino che in vita m’hanno schifato. Auguri quindi ad Antonio Garullo e Mario Ottocento, che ricorreranno al Tar e all’Aja nella loro battaglia di libertà. E legittimo orgoglio – non condiviso dal pontino senatore Pedrizzi – che questa battaglia parta da Latina, perché riguarda tutti, sia gay che non gay: altro che froci, è lo spirito dei nostri padri, dei pionieri, di chi alza la testa e dice: "Sono qua".
P.S. – Tra la sacrale pienezza di diritto del matrimonio, e la barbarie della assoluta mancanza di diritti per le coppie di fatto, deve esistere pure una qualche via di mezzo. Capitan Littoria – il sindaco Zaccheo – si limita invece a dire: "È la legislazion che nol consente". Ma lui è un deputato, e un sindaco che "pesa", sindaco pioniere pure lui. Non può scaricare questi suoi concittadini, anche se antipatici a Pedrizzi. Se ne faccia carico, invece, in tutti gli ambiti che gli competono. E li inviti, per cominciare, nella casa comunale. Gli faccia i suoi auguri e quelli della città. Controfirmi assieme a loro una qualunque "scrittura privata". Ma faccia qualcosa. Capitan Littoria non può solo acchiappare i ladri. Basta un vigile notturno.
NOTA EXTRAVAGANTE – Pare che tutti gli uomini di cultura dell’Occidente sviluppato stiano firmando appelli a rotta di collo contro il Brasile che – solo per l’ubbia di uscire dal sottosviluppo – vorrebbe disboscare un po’ di foresta amazzonica. Perché non chiedono semplicemente ai paesi loro di ripiantare qua quel che viene spiantato là? Sono buoni tutti – dice un comico tv – a fare i froci col culo degli altri.

Antonio Pennacchi


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