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Latina. La conversione. Mauro Cascio a sorpresa: «Messo alle strette preferisco Mosè e Gesù». E i suoi discepoli in redazione vanno in crisi

"Din don din don suonan tutte le campane, din don din don cantan gli angeli a Gesù". Questa è una delle nenie che cantavo da bambina a scuola, nel periodo natalizio. Sapete, andavo dalle suore ( che mi hanno rovinata, deviata, indirizzata sulla strada del non ritorno, la strada della privazione della carne, dell'assoluta spiritualità... facciamoci a capi': "Cercasi ragazzo disponibile a sopportarmi. Nessuna pretesa. Per info contattare Suor Milvia). Ora canto virtualmente questa litania al mio Direttore, Mauro Cascio. Altro che trascendenza, ma assoluta e totale immanenza del divino. Mai e poi mai avrei detto che in una giornata d'inverno, quando il freddo tempra il corpo, il cielo si tinge di colori soffusi e di quel celeste appena accennato, quando la sera il candore delle luci natalizie rende lieto il girovagare per trovare il dono adeguato, quando si entra nelle gelide macchine e dopo circa 30 minuti si riesce a spannare il parabrezza ( anche se credo questo capiti solo a me. Guido a mo' di ebete, guardando la parte bassa del vetro, l'unica che il mio impianto di ventilazione riesce a spannare), dicevo, mai e poi mai avrei creduto che il Direttore di ParvapoliS avrebbe scritto: "Rivelazione per rivelazione, fede per fede, se proprio sono messo alle strette e devo scegliere a questo punto permetti che io mi tengo Mosè e Gesù" ( articolo del 21 gennaio). Ho bisogno di ritrovare le certezze di un tempo, ho bisogno delle serate trascorse a parlare di Massoneria, di Sepher ha-Zohar, di Giordano Bruno. Serate in cui il Cascio si animava spandendo saggezza sulle finte verità cattoliche, sul dogmatismo populista, sull'ignoranza della fede rivelata. Barcollo e brancolo nel buio, ho perso il mio stimolo culturale, "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, chè la diritta via era smarrita" versi che appartengono al canto primo dell'Inferno e che faccio miei. Siamo sull'orlo dell'abisso. Quando si passa una fase di depressione, tutto sembra nero. Io sono ad uno stadio avanzato di depressione ed ho delle visioni, delle allucinazioni. Immagino la capanna di Gesù Bambino, dormiente nella sua culla fatta di paglia, come un uccellino, coccolato da Maria e Giuseppe, e scaldato dall'asinello e da Mauro... non per la mole. La stella cadente sono io, che mi schianto malamente a terra. Depongo le armi, mi arrendo, alzo bandiera bianca, mi denudo dei miei credo, che ora sono solo miei, e dico: "Il pezzo è finito, Mauro vai in pace". In realtà termino con una frase di alta levatura morale, detta da alte personalità della cultura, pronunciata in lingua aulica: " Mauro Cascio se non torni in te, te caccio le coratelle (budella) e te le stenno a glio sole" (Greco). Firmato La Povera Di Spirito.

Elisabetta Rizzo


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