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Latina. Natale, dal Commodore 64 a Rael. Brevi ed inutili annotazioni che il lettore può anche non considerare. Un'occasione per gli auguri
Erano gli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze di natale di qualche annetto fa.
Credo 21 o 22 anni fa. Andavo a copiare i giochi da un mio amico. Gianpaolo si chiamava.
Avevo il Commodore 64 e nei pomeriggi liberi dai compiti andavo a casa sua col
mio registratore. Il regalo più bello lo ebbi quell'anno lì. Il videogioco di Goshtbuster.
Il computer parlava e a me chissà che mi pareva! Un miracolo della tecnologia!
Ma andiamo avanti. Quell'inverno c'era un gioco che cercavo disperatamente di copiare.
Non ricordo il titolo, era una spece di Space Invaders. Ci stava il cupolone nello sfondo.
Non quello di San Pietro, quello di Washington. E tu dovevi sparare a decine di ufo che
s'erano dati appuntamento tutti alla stessa ora e tutti nello stesso gioco. A pensarlo
oggi credo che fosse una stronzata di gioco. A 13 anni mi sembrava la quinta essenza
dell'Arte. E mi sentivo scemo a non avercelo. Io provavo a copiarlo tutte le volte che andavo a casa
di questo Gianpaolo.
Solo che ogni volta arrivavo a casa e non mi funzionava. C'era quel maledetto
TurboTape, quello che caricavi digitando freccetta elle, che non me lo pigliava proprio.
Avrò consumato il nastro della cassettina in tentativi.
Quelli erano i veri problemi.
Era un gioco scemo ma il non potercelo
avere me lo rendeva stupendo. Come l'amore: è sempre bello e struggente quando non c'è.
Almeno per me. Una ragazzetta mi coccola 2 mesi e io ci soffro i successivi 12 anni.
Per me diventa sacra e inviolabile. Mica una stronza qualsiasi.
Perché questo amarcord? Solo per confessarvi che quando sento parlare di Rael, di Ufo e
dell'anticlericalismo d'assalto di questo Verbo venuto da cieli lontanissimi a me viene in mente
quel gioco. Col cupolone di San Pietro al posto del Campidoglio. E Rael dietro al monitor che si
affanna a dirigere le operazioni di attacco.
Elisabetta Rizzo è convinta che mi sia convertito, o che abbia rinunciato alla mia cultura liberale, risorgimentale, laica,
folgorato sulla via di Damasco. In realtà ho scritto che, messo alle corde, considerato che
quella di Rael è sempre e comunque una verità rivelata a cui devi credere per fede, a questo
punto preferisco Mosè e Gesù. Secondo me è un atteggiamento di buon gusto e senno
mantenere una posizione critica nei riguardi della chiesa di Roma, senza attardarsi in
quelle che Carducci a inizi del secolo scorso chiama "chitarrate anticlericali" (quelle che lui
faceva per primo, per intenderci). Una cosa è essere orgogliosamente anticattolici,
ben altra accomunare il cattolicesimo, la sua storia, la sua tradizione, la sua cultura
(da Tommaso e Agostino a Sergio Quinzio) ad una allegra brigata di buontemponi
vestiti di bianco che clonano bambini che nessuno ha mai visto e rendono omaggio
ad una statua di Giordano Bruno che, girala e rigirala nella posizione che ti pare, non ha
nulla in comune con questi signori. Cara Elisabetta, vengo in soccorso del tuo spirito:
nessuna conversione in corso. Era un giudizio di valore tra una tradizione spirituale
che non apprezzo particolarmente ma che ha il suo senso e la sua portata nella nostra
cultura ed una piccola realtà che un giornalista cita senza giudicare per estrema e pudica
educazione. Ma permettimi di ribadire che se la scelta è tra Rael
e Giovanni Paolo II io preferisco il Santo Padre. E te lo scrivo pure in maiuscolo.
Così è se vi pare. E se non vi pare, sapete che c'è? Buon natale.
Mauro Cascio
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