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Latina. L'arte della libertà. Una temeraria mappa liberale illustrata involontariamente da 50 artisti. Per approfondire, meditare, riflettere...
Normalmente non segnaliamo libri in uscita. È un'abitudine. A parte il mio, ovviamente.
Ma per "L'arte della libertà. Temeraria mappa liberale illustrata involontariamente da 50 artisti"
vale la pena fare uno strappo alla regola. E sti cazzi delle abitudini.
La libertà è un'arte che conferisce una dimensione morale e spirituale alla nostra vita,
dicono gli autori Salvatore Cerrubba e Flavio Caroli, "il liberalismo un insieme
coerente di valori che non ammette l'equivoco del "siamo tutti liberali, ormai". Proprio
questo mettono in evidenza il titolo e il taglio del libro: un dizionario "ideale"
del pensiero liberale, in 50 voci illustrate ciascuna con un'opera d'arte, per rafforzare
la riflessione con un'emozione. "Facendo perno su alcune figure storiche di
riferimento come John Locke, Immanuel Kant, Alexis de Tocqueville, Luigi Einaudi,
il nostro lavoro dà voce a numerosi altri autori che, con il loro personale contributo,
hanno arricchito di mille sfaccettature la grande corrente liberale".
È l'occasione migliore per approfondire temi e problemi che in queste settimane sono emersi,
spesso con polemica appena addolcita da un filo di ironia,
su ParvapoliS. Alludiamo al laicismo, al liberalismo, al necessario recupero del senso
del concetto di tolleranza.
A Francesco Cossiga si attribuisce una folgorante e spiritosa battuta. È stata ricordata
in un editoriale del Foglio di Giuliano Ferrara che val la pena riportare per la gustosa
ironia e per la profondità di contenuto.
Il cardinal Ruini, presidente della Cei e vicario del vescovo di Roma, è secondo il
presidente emerito della Repubblica una fantastica guida episcopale, ma come segretario
regionale della Democrazia cristiana sarebbe insuperabile. Il mordace Cossiga o pseudo-Cossiga
rivolge la sua ironia all’abilità politica di Camillo Ruini, indubbia. Però lascia in
ombra, come è dovere di ogni battuta riuscita, l’altra faccia del cardinale: il fatto,
cioè, che come professore di dottrina liberale comparata sarebbe ancora meglio che alla
guida dei vescovi o dei grandi magheggi della politica cattolica italiana.
Il liberalismo in tonaca è il perfetto contrappunto dell’ateismo devoto, è l’espressione
di un incontro tra parallele, per dirla con il compianto Aldo Moro, che non ci sarà mai
nell’ésprit de geometrie ma è indispensabile nell’ésprit de finesse. I liberali in
tonaca non esistono, perché la tonaca media istituzionalmente una fede, cioè una
particolare verità che si vuole universale. Invece chi non ha fede e non può dirsi
cristiano, ma non può nemmeno non dirsi cristiano se ha rispetto per la storia e per
il pensiero e la cultura dell’occidente, afferma come universali le differenti e molteplici
verità particolari dell’individuo razionale e libero. Solo che nel concetto
cristiano di persona, nella storia concreta delle nostre libertà che il liberale
Benedetto Croce considerava una "religione", e in tante altre cose un incontro
positivo e fertile è possibile, anzi necessario - come dice Ruini in un articolo di
grande interesse per la rivista diretta dal rettore dell’Università cattolica di Milano,
Lorenzo Ornaghi - soprattutto dopo l’11 settembre e nel quadro della grande crisi
identitaria del secolo appena cominciato. La pubblicità raramente sbaglia, ricordano quelli
del Foglio, e se
Vanity Fair, edizione americana, ha messo in una borsa di pelle due testate
che spuntano e che fanno clerical-chic, come il Foglio e l’Osservatore Romano accoppiati
in modo bonariamente blasfemo e frivolo, qualche ragione futile e meno futile alla
fine ci sarà. Per dirla in modo appena meno scherzoso, ci sarà una ragione se Immanuel
Kant, il filosofo che distingue morale e diritto e considera l’uomo come un fine invece
che come un mezzo, quel testone di Königsberg bocciato dai laici bigotti di Strasburgo,
è diventato il pensatore più citato dai liberali in tonaca. Ci sarà qualche ragione
se noi poveri kantiani di riporto, e lockeani e illuministi non giacobini, ci interessiamo
a San Tommaso per avere lumi sulla realtà che non troviamo nell’opera del compianto
Jacques Derrida e del vivace ma debole Gianni Vattimo. Ci sarà qualche ragione non fatua
se i liberali in tonaca optano per un "umanesimo" libero e responsabile, sicuro
della sua identità contro la minaccia integrista dei fondamentalisti, e noi atei
devoti combattiamo l’aridità del "tecnicanesimo" illiberale e irresponsabile, e
dei suoi devotissimi bigotti che temono gli incontri nella ragione, e nel rispetto
delle fedi, come fossero sante alleanze o rigurgiti di clerico-fascismo.
Mauro Cascio
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