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Latina. Cattivi Maestri. Piero Vigorelli in cattedra: «Mio padre mi diceva: un giornalista deve avere sempre in tasca una penna e un gettone»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Piero Vigorelli.
«Mio padre mi diceva: un giornalista deve avere sempre in tasca
una penna e un gettone del telefono.
Questo era trent'anni fa, quando ho cominciato a fare io questo
mestiere. Non c'erano Internet né i telefonini.
Si andava a fare il giro degli ospedali. E si
andavano a cacciare le notizie, spesso con azioni anche un po'
sciacalle, nel pronto soccorso. E la lotta era tra il Messaggero
e Il Tempo per chi avesse più incidenti».
Le vie del giornalismo sono infinite e ognuno ha le sue,
frutto delle sue scelte, delle sue passioni, delle sue
folgorazioni.
Ma il giornalismo tratteggiato da Vigorelli sul filo della nostalgia
è un giornalismo che ha perso la forza di essere tale, è uno scrivere
per campare, per svoltare la giornata. Non vogliamo dire che c'è
un giornalismo più giornalismo di altri. Ma almeno ricordare, ricordare
soltanto, che si sono giornalismi più impegnati, dove si ha cura dell'analisi
e dell'approfondimento. Nell'Italietta liberale si voleva fare "crescere"
il "popolino". Oggi lo si vuole "assecondare" prendendolo sull'onda lunga
dell'istinto. Non c'è il giornale come "missione" ma il giornale
come "impresa". Un giornale che deve vendere. Allora diciamo le cose
come stanno: c'è chi pur di vendere legittima lo sciacallaggio,
il mostro in prima pagina, la morbosità del privato, e le lamiere
degli incidenti stradali, i miracoli, le stigmate. E chi sta dall'altra parte.
Oggi come ieri. Senza aver mai avuto in tasca il gettone per il telefono.
Mauro Cascio
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