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Latina. Fermiamo il "nuovo" culto del Littorio. Giorgio De Marchis: «Intitoliamo il Parco ad Ida Dalser, la moglie "internata" di Benito Mussolini»

L’ultima trovata dell’amministrazione comunale “per riqualificare il centro storico”, ornare con un mosaico raffigurante il duce il portico della Casa comunale, ha dell’incredibile. Una proposta completamente fuori luogo e priva di senso, nelle parole del consigliere DS Giorgio De Marchis, che riporta Latina ad una dimensione storica che non le compete, riproponendo una goffa riedizione del culto del littorio. «I paventati mosaici con l’effigie del duce sono soltanto l’ennesimo atto di una farsa che si trascina a Latina da ormai troppo tempo, ma che non è riuscita, fino ad ora, a produrre quella sorta di folkloristico turismo ideologico, auspicato dai promotori dell’opera. Questo genere di retorica è tornato a galla alla fine degli anni novanta, quando, l’allora Sindaco Ajmone Finestra, in base ad un’interpretazione del tutto originale, decise di riesumare una delibera del Podestà di Littoria (ritenendola ancora vigente), decise di intitolare il parco comunale al fratello del duce, Arnaldo Mussolini. Una scelta ingiustificata già allora, che rappresentava un caso unico in Italia. Quella scelta oggi, per una ragione in più, deve essere riconsiderata. Nel programma “La Grande Storia”, andato in onda su Rai Tre il 14 gennaio scorso, un reportage realizzato da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli ha svelato una pagina inedita della vita del duce e il contributo perverso ad essa fornito da Arnaldo Mussolini. Nel 1915, quando Mussolini era già legato a Rachele Guidi, Ida Dalser, che aveva precedentemente sposato a Milano col solo rito religioso, gli diede un figlio maschio: Benito Albino. Quel figlio riconosciuto come naturale da Mussolini e sua madre morirono entrambe in manicomio, in circostanze misteriose durante il fascismo. A partire dal 1926 Ida Dalser fu rinchiusa nel manicomio di Trento e poi in quello di Venezia, dove morì 11 anni dopo, il corpo gettato in una fossa comune. Benito Albino, strappato alla madre e agli zii, dato in adozione al “buon fascista” Giulio Bernardi, fu ricoverato all’età di vent’anni presso il manicomio di Milano, ove si spense all’età di ventisei. Il potentissimo Arnaldo, direttore del Popolo d’Italia, con le complicità meschine e servili del Prefetto di Trento, dei gerarchi della Provincia, di medici compiacenti e poliziotti senza scrupoli, aveva orchestrato questo complotto, ordito per cancellare l’ingombrante segreto del duce e togliere madre e figlio dalla faccia della terra. Anche alla luce di questi fatti, sarebbe quindi auspicabile ripensare al nome del parco, magari intitolandolo ad Ida e Benito Albino Dalser, vittime del regime fascista. Sarebbe il giusto passo per una città giovane, che ha il dovere morale e politico di affrancarsi definitivamente dalla matrice identitaria, che una minoranza vorrebbe imporre a tutti i latinensi. In questo senso presenterò una mozione in Consiglio Comunale per chiedere di cambiare l’intitolazione del Parco».

Elisabetta Rizzo


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