Martedì 03/06/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Cultura

Latina. I mosaici di Littoria. Antonio Pennacchi sull'Indipendente: «C'è un architetto che quando passa gli alberi per strada toccano ferro»

A Latina vogliono fare una serie di mosaici in stile finto “primi del novecento” – che già era finto “romano-imperiale” – come quelli del Foro Italico. Il ciclo si dovrebbe muovere torno torno alla piazza principale, lastricando di bel nuovo i portici che la fronteggiano. Le immagini saranno quelle dell’epopea pontina – paludi, bonificatori, macchine scavatrici, grano, fondazioni, costruzioni di città – tratte dalle foto d’epoca. L’idea è dell’assessore all’arredo urbano e di un altro architetto amico suo. Questo assessore è di An-Destrasociale e pare aspiri a divenire deputato al posto del sindaco Zaccheo. È la sua spina nel fianco, ma è soprattutto la spina nel fianco dei nostri alberi. È una specie di Terminator: nel parco comunale ha sradicato ogni cespuglio – una palla di biliardo – e potature a raso, perché così, dice, si controlla meglio la situazione e i drogati non ci si vanno più a indrogare. Tutti gli alberi di Latina adesso, quando passa lui, toccano ferro (ma pare, qualche volta, anche Zaccheo). Lo chiamano Motosega. Questo nuovo ciclo musivo, storico-figurativo, ha però già fatto strillare la stampa nazionale perché – giustamente – nella successione delle varie immagini ne capita anche una in cui c’è il Duce, e casualmente capita proprio davanti al portone d’accesso del palazzo comunale: “Ma guarda un po’”, ha detto la stampa. “Da qualche parte doveva capitare”, pare abbiano risposto loro. S’è incazzato però pure il più che autorevole storico dell’architettura Giorgio Muratore che, di quanto costruito in Italia negli anni trenta, ha sempre dato – pure in tempi non sospetti e quando i fasci erano ancora chiusi “nelle fogne” – una lettura più che encomiastica. E non si può non dargli ragione: è paccottiglia, kitsch. Non dà, al fruitore, la consapevolezza della diacronia. Il postero che ci passerà sopra, un domani, non sarà in grado di capire che è un’aggiunta: crederà che stiano lì dai tempi della fondazione – costruiti insieme al portico – e che davvero ci abbiano camminato sopra Mussolini e i coloni. Hai fatto un “falso”, una patacca. E solo per poter mettere una capoccia di Duce davanti al Comune. La cosa divertente è che però, contestualmente, c’è anche in progetto l’escavo totale della suddetta piazza del Popolo, dove per davvero ci camminò il Duce e s’adunarono i coloni. Non solo: là sotto ci stanno ancora i resti archeologici del vecchio Quadrato, spazzato per fare posto a Littoria, e proprio al centro – sotto la fontana con la palla – secondo la leggenda popolare è sotterrato un camion, affondato nel pantano la sera precedente l’inaugurazione (18 dicembre 1932); dicono che, per fare prima, lo ricoprissero così come stava, durante la notte, e la mattina, quando è arrivato il Duce, trovò tutto bello pronto, finito come lo vedi adesso (è chiaro che non è “storia”, ma solo “mito”; quindi più importante ancora). Ora scavano tutto per farci a project financing un enorme parcheggio sotterraneo. Scavano e buttano all’aria dove davvero ci camminava il Duce, poi intorno – sotto i portici dei palazzi d’epoca, che però all’epoca non avevano mai visto un mosaico – loro ce lo fanno adesso. Finto d’epoca. Dice: “Sono fascisti”. No compa’, sono architetti. Peggio dello tsunami. Se davvero vuoi fare a Latina un monumento al Duce “fondatore”, non ti nascondere dietro ai falsi e alla paccottiglia. Abbi il coraggio di farlo come Cristo comanda, con l’arte del tuo tempo. Una statua enorme, un “Duce sul trattore”. Ma in plastica, translucido, pop. Avanguardia. Allora sì che finisci sulle riviste di tutto il mondo. Ti ci vengono da New York per vederlo.

Antonio Pennacchi


PocketPC visualization by Panservice