Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Politica

Latina. Democrazia in Iraq. Giorgio Prinzi: «La scelta dell'ostaggio non è stata casuale. I pacifisti hanno il loro ruolo e non sono affatto amici»

Giorgio Prinzi, Direttore del Centro di Studi per la Pace nel Progresso "Global Security", pone l’enfasi sulla diversa prospettiva in cui i concetti di "amico" e di "nemico" appaiono e vengono vissuti nell’ottica occidentale e in quella del radicalismo islamico armato e violento. «Per noi occidentali il concetto di "amico" o di "nemico" – sostiene il Direttore di "Global Security" – è relativo all’atteggiamento, ed eventualmente all’impegno politico fattivo e concreto, nei confronti della Coalizione internazionale e al suo intervento nelle vicende dell’area; per i miliziani islamici radicali, invece, questi concetti sono relativi alla minaccia agli assetti religiosi, sociali e politici, che l’Occidente, sia come entità astratta collettiva che come singoli individui, costituisce con la sua presenza e con la sua azione, in Iraq come in altri Paesi, per la civilizzazione islamica tradizionale e radicale. Giuliana Sgrena rappresenta sotto questo punto di vista una minaccia, forse sentita come più pericolosa dello stesso intervento in armi, perché portata con motivazioni umanitarie e di sostegno politico nei luoghi più sacri e sensibili, quali una moschea e tra le donne. Caso omologo, ma non del tutto simile, quello della giornalista francese Florence Aubenas». «Vi è, poi, un aspetto politico di contrapposizione e di sforzo volto alla destabilizzazione del campo avverso che – afferma l’ingegner Giorgio Prinzi – ho già colto e focalizzato nel corso del primo sequestro di nostri connazionali in Iraq. Al riguardo invito a rileggere il comunicato stampa diramato in quell’occasione, collegandosi alla pagina web http://www.giorgioprinzi.it/sicurezza/comunicati/iraq/pacifisti.htm. Tra i motivi che possono avere spinto alla cattura di Giuliana Sgrena, che fonti d’intelligence ritengono non improvvisata, può anche esserci quello di avere in mano un ostaggio "politicamente corretto", notoriamente schierato e per molti versi potenziale emblema di quella parte politica che potrebbe essere spinta a sostenere, con forza e determinazione senza precedenti in omologhe circostanze, iniziative ritenute utili alla positiva soluzione della vicenda nell’ottica dell’incolumità dell’ostaggio». «Ho volutamente evitato di usare i termini "terrorista", "guerrigliero" o "resistente" – conclude Giorgio Prinzi, Direttore di "Global Security" – che hanno assunto una valenza politica interna, preferendo quella di miliziano, usata peraltro nella terminologia adottata dalle nostre Forze Armate, che non ha ancora alcun significato pregnante».

Elisabetta Rizzo


PocketPC visualization by Panservice