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Roma. Farhenheit 451. Dino Spinelli: «Le parole sono come dell'olio bruciato, che scorrono e non si fermano. Sempre fonte di ispirazione»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Dino Spinelli, interprete. Uno spettacolo particolare, scritto molti anni fa ma di grande attualità. Si parla di un livellamento culturale, quasi un azzeramento delle menti e dell'intelletto. Eppure ci sono personaggi piatti ma con una rabbia dentro. «Il mio personaggio è ricchissimo. Fa ridere, incazzare, fa piangere. Per un attore è una manna». Cosa gli manca? «L'amore. Lui ha la casa piena di vocine registrate. E quando torna a casa lo accolgono e lo salutano. Una cosa di una tristezza sconfinata». Genialità e solitudine. È dovuta al deserto intellettuale tipico della società contemporanea? «Sì, penso di sì. Ma se sei ricco dentro dovresti essere stimolato a comunicarlo agli altri». Cosa sono per te le parole? Sono, come dici sulla scena, come dell'olio bruciato, che scorrono e non si fermano... «Sono una fonte continua di ispirazione. Io leggo tanto. Sono una finestra, un ricettacolo, un universo racchiuso in questo oggetto meraviglioso. Il libro è la fonte a cui tutti attingiamo per arricchirci».

Elisabetta Rizzo

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