Parvapolis >> Cultura
Latina. Ancora su Mario Luzi. Donata Carelli: «Ricordo quando lo convinsi a farsi intervistare da ParvapoliS. Un media che non capiva»
Mario Luzi esce di scena con quella stessa discrezione che era la sua nota distintiva.
Aveva novant’anni ed io lo ricordo da sempre anziano, con i capelli candidi e fluttuanti.
Un anziano si, ma dalla parola pungente, straordinariamente nitida e tenace.
Ricordo bene quando ad Ottobre del 2001 lo convinsi a farsi intervistare davanti una telecamera.
La lunga consuetudine d’amicizia con la mia famiglia, nata sin dal 1980 - quando accettò di presiedere la giuria letteraria dell’allora nascente Premio Circe Sabaudia - rendeva quasi imbarazzante quel diverso modo mediato e mediatico di comunicare.
Eppure era trascorso appena un mese da quel drammatico 11 Settembre ed io volevo fissare la sua memoria davanti ad un evento tanto incomprensibile.
Mi chiese come avessero commentato i miei alunni a scuola. Era sempre attento all’occhio dei ragazzi. Mi parlò di ciò che aveva fissato: quei corpi che volavano nel vuoto.
E poi mi disse: la poesia e la fede salvano i popoli.
Dopo vent’anni di presidenza del premio, il 10 Maggio del 2000 gli venne conferita la cittadinanza onoraria di Sabaudia. Ne fu entusiasta. Amava Sabaudia, e profondamente il mare e la duna.
Molti lo ricorderanno passeggiare, nel primo pomeriggio, sul bagnasciuga, in attesa dell’inizio del Premio Circe, con Attilio Bertolucci, con Dario Bellezza, con Emilio Greco, Ugo Pirro, con quella voce sottile che richiedeva massima attenzione e che regalava, tra le parole quotidiane, baleni di poesia.
Ne ricordo una punta d’amarezza quando nel 1997 sfumò per l’ennesima volta la sua investitura del Premio Nobel, assegnato inaspettatamente a Dario Fo. Non un commento, ma un discreto silenzio.
All’ultimo premio Circe si presentò con un’allegra cravatta carta da zucchero disseminata di margherite bianche. Quando glielo feci notare, si fece una risata quasi schermendosi.
Era un ragazzo d’altri tempi.
Donata Carelli
|