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Latina. Nuovi fastidiosi sussulti del pacifismo guerrafondaio. Domenico Cambareri: «Abbiamo un nuovo "eroe" di cui non c'era bisogno»

La liberazione della giornalista Giuliana Sgrena a un mese dalla sua cattura da parte di un gruppo terroristico o semplicemente banditesco in Iraq ha dato solo per pochi attimi all’opinione pubblica esultanza e gioia nell’apprendere la notizia. La cosa ha avuto la durata di pochi secondi. Infatti si sperava in Europa anche nella liberazione della giornalista francese, per quanto prigioniera di un altro gruppo, cosa non avvenuta. Inoltre perché la notizia, diffusa a monconi da Palazzo Chigi, nella sua successiva completezza informava che la liberazione è stata accompagnata da un luttuoso e imprevedibile tragico evento conclusivo. Il fuoco aperto erroneamente da soldati americani contro la vettura che portava la giornalista liberata all’aeroporto ("fuoco amico"), ha causato infatti la morte di un agente del servizio segreto militare e il ferimento di un carabiniere dei Ros. Dalle notizie che giungono ancora a frammenti, pare che il responsabile dell’operazione, già commissario della Polizia di Stato, Nicola Calipari, abbia fatto scudo con il proprio corpo alla giornalista. In questi primi momenti, nonostante la costernazione, risulta molto strano il modo in cui è stata gestita la divulgazione dell’informazione dal sottosegretario Letta nei confronti del Capo dello Stato, se effettivamente egli ha trasmesso in due momenti diversi le informazioni pur essendone già in possesso in maniera essenzialmente completa. Bisogna aspettare e sapere e capire quale è stato il flusso delle informazioni inviate e arrivate in relazione alla liberazione della prigioniera e al successivo (di quanti minuti?) erroneo e tragico attacco statunitense. Scorretto in tal caso sarebbe anche il modo in cui è stata data notizia all’opinione pubblica, perché, allo stesso modo, Letta avrebbe dovuto farla trasmettere integralmente. Speriamo che la Presidenza del Consiglio fugherà quanto prima i dubbi fornendo i doverosi, precisi, necessari chiarimenti. Inoltre, preme rilevare come un uomo ha dimostrato di sapere compiere il proprio dovere sino in fondo. Senza retorica patriottarda alcuna, posso affermare che egli ha dato un fulgido esempio di come la superiorità delle Istituzioni debba essere fatta vivere concretamente dagli uomini che le rappresentano. Ad essi spetta, sempre, per quanto poi rimanga nell’ombra, soprattutto in operazioni di questo tipo, cioè "coperte", l’onore che invece va purtroppo tributato ai politici quali responsabili istituzionali del vertice decisionale. Ad essi ancora spetterebbe la notorietà di mille e mille copertine e prime di cui poi godono esclusivamente i liberati.. Quest’uomo, per quanto faceva il "suo mestiere", si è spinto oltre rispetto ad una persona che, sì connazionale, apparteneva e appartiene a quelle forze estreme antisistema, "pacifiste" in maniera forsennatamente ideologicizzata e faziosa, antimilitariste di norma e di preconcetto ostili al poliziotto. Egli ha adempiuto al dovere verso lo Stato e la Patria, salvaguardando a tutti i costi l’incolumità della persona che aveva già salvato: ecco l’assolutamente superiore condizione della oggettività dell’adempimento. Per quanto le manifestazioni di piazza e le sfilate possono servire, talora, ma proprio talora, in riferimento a situazioni come quelle per la liberazione delle persone che sono state catturate in Iraq da banditi e da terroristi (e non certo le manifestazioni di chi pare essere nato solo per manifestare e vivere di manifestazioni), ciò che serve e che conta è esclusivamente la progettazione, l’azione e il raggiungimento degli obiettivi. Come in questo caso, come nel caso della liberazione delle due stellette rossopacifisteantiamericane Simone, come nel caso delle precedenti liberazioni, salvo quella di quell’italiano che non pianse e che non implorò di avere salva la vita, ma che gridò: "Vi faccio vedere come muore un italiano". Italiano disprezzato e odiato, ritengo, da molta di quella gente a cui appartiene per prossimità o identità di lidi Giuliana Sgrena. Quell’uomo, un siciliano di Genova, Quattrocchi, è in questo momento accanto al nome di Calidari, accanto al nome Bruno Pianini, capitano di fregata della Marina Militare, incursore, morto il mese scorso (in coincidenza con il sequestro di Sgrena) non durante l’espletamento di operazioni speciali ma sull’aereo caduto ad est di Kabul in Afghanistan, sul quale viaggiava, per operare per la pace anche con le "operazioni speciali", come dimostra adesso Calidari. Questa strana festa e questo strano lutto nazionali siano motivo di maggiore coesione civile del Polo di centro-sinistra, visto che in esso liberamente albergano insalate, spezzatini e spezzoni elettorali di "movimenti di piazza" e di "gruppi sociali" che nelle Istituzioni e negli uomini che le rappresentano vedono soltanto chiazze di sangue che fanno schizzare il loro cervello. No, non certo d’amore.

Domenico Cambareri


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