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Latina. Sull'Indipendente lettera aperta di Pennacchi a Prodi. «Io ti voto lo stesso. Ma non rinuncio alla mia innata diffidenza verso i giudici»
Caro amico e compagno,
ti comunico che il mio voto - essendo iscritto ai Ds corrente D'Alema - è sicuro al cento
per cento, salvo contrordine. Voglio pure dare, però, il mio contributo alla Fabbrica del programma, non foss'altro perché in una fabbrica vera ci ho passato la vita. Parto pertanto dalla magistratura.
Io ho capito che Berlusconi vuole spezzare la schiena ai giudici per le cause sue e di qualche suo isolato amico ("cause" in senso giudiziario - roba di finanza e carabinieri - non in senso filosofico-generale). Mica ci vuole il mago. E neanche sono scemo. Sennò - lo sanno tutti - se ne restava a casa sua. Manco lui è scemo. C'è venuto apposta.
Però manco può essere che, per fare dispetto a lui, io i giudici li metto sull'altare, li faccio santi e gli continuo a dare la carta bianca e la benedizione di spaccarmi la schiena a me. Che affare è? Non mi conviene. E mica, per fare dispetto al Duce, Togliatti riallagò le Pontine. Che ragionamenti sono?
A te pare difatti - Berlusconi a parte - che la giustizia in Italia funzioni bene? A me no. I processi durano una vita - specie quelli civili - e se gli capiti sotto da poverocristo, ti devi solo fare il segno della croce. Dice: "Vabbe', ma com'è che loro se ne sono accorti solo dopo tangentopoli? Non ti pare perlomeno strano?". Certo. Però io me ne ero accorto pure prima. Mo' che faccio, me lo scordo?
Qualche anno fa per esempio, dovendo fare delle cure presso un centro di fisioterapia, ogni volta mi toccava più di un'ora di fila: mo' era occupato lo stanzino, mo' non era libero l'apparecchio, mo' era indaffarato il massaggiatore. Ogni volta però, a un certo punto, arrivava tutto impettito un giudice, pure lui con qualche male. Be', come lo vedevano si liberavano tutti, stanzino, apparecchio e massaggiatore: "La sua è una patologia diversa". E lui passava davanti, sto figlio di puttana.
Dice: "E tu per questo vuoi spaccare la schiena all'intera categoria?". No, che c'entra. C'è pure un sacco di brava gente che nemmeno sa cosa sia la boria. Ma neanche è possibile che io mi debba far giudicare da chi è pappa e ciccia con chi m'indaga e m'accusa. E' come se in fabbrica - quella vera - venissi a sapere che i sindacalisti vanno a pranzo con il padrone. Moggi con Collina. O Epifani a puttane con Elkann. Dice: "Ma perché, ti credi che non lo fanno?". Ho capito, ma non me lo devi far sapere.
E i passaggi tra politica e magistratura? Fai il giudice? Fa' il giudice. No: "Mo' vado in parlamento e poi ritorno in tribunale". E chi mi garantisce, a me, la tua obiettività? E' come se in fabbrica - sempre quella vera - il capo del personale dicesse: "Mo' per questo mese faccio il sindacalista, poi il mese prossimo ritorno capo del personale". Tu dici che è così dappertutto? Sarà. E poi la lentezza, gli arretrati. Roba da chiodi. Si lavorasse in fabbrica come lavorano loro, Montezemolo da mo' s'era tagliato le vene davanti a tutta Confindustria.
Dice: "Ma tu così fai il gioco della destra". No compa', io faccio il gioco della verità e della Giustizia, almeno per come le vedo. Il mio voto è garantito, ma nessuno mi può chiedere - con la scusa di Previti e Berlusconi - di scordare che Pecorelli si è suicidato, mafia e politica non si sono mai incontrate, la bomba a piazza Fontana c'è andata da sola, Pinelli s'è sentito male, l'Italicus sono stati gli Ufo e la stazione di Bologna quelle due teste d'abbacchio. Non dico quindi, come lui, che bisogna spaccargli la schiena. Assolutamente no. Ma qualche bastonata ai fianchi sì.
Antonio Pennacchi
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