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Latina. Sul caso Sgrena il limite umano, culturale e politico dell'estrema sinistra. «L'uomo è un uomo, come insegnava Mazzini»
La liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, a soli quattro giorni, è già qualcosa di vecchio e coperto di polvere. Della corrosiva polvere delle artate, mefitiche polemiche di fronte a cui perfino il molto smidollato Fassino ha preso aperte distanze. Infatti, l’accaduto, che deve essere responsabilmente considerato un incidente, forse banale e tragico al tempo stesso, fino alla definitiva acquisizione di prove e di verifiche (con la pioggia di proiettili sparata da una pattuglia americana contro l’auto degli agenti italiani con la giornalista diretta all’aeroporto di Bagdad, e quindi l’uccisione del funzionario responsabile operativo Nicola Calipari e il ferimento della stessa Sgrena e di un altro agente italiano) ha fatto precipitare l’Italia nel caos. Contrastanti posizioni di cui una parte è espressione di interpretazioni assolutamente precoci e preconcette e per questo ingiustificate, strumentali, denigratorie, deplorevoli e meschine, miranti a legittimare il teorema dell’agguato campato in aria. Ma al di fuori e al di sopra delle polemiche, per la prima volta, forse cosa più che unica da molti anni in qua, gran parte degli italiani si è stretta attorno alla salma di Calipari per i solenni funerali di Stato. Attorno a quest’uomo che ha pagato con la vita lo slancio di protezione della donna che doveva e stava per riportare in Italia.
Sulla dinamica dell’incidente, o di quello che può e deve essere considerato sino all’esibizione di prove circostanziate tale, senza attenuanti alcune e senza alcun complesso di filoamericanismo o di subalternità verso l’alleato, cose che non c’entrano come i cavoli a merenda, conviene quindi lasciare stare temporaneamente lo stato delle cose alla richiesta ufficiale e precisa avanzata dal nostro governo a quello statunitense di avere ogni dettaglio. Richiesta espressa in maniera ferma dal capo dello Stato e dal capo del governo. Ha fatto e fa piacere sapere come il presidente americano e il suo segretario di Stato abbiano immediatamente chiamato i nostri responsabili politici per esprimere il dolore americano, mentre non può che lasciare perplessi il lungo tempo impiegato dal segretario alla Difesa per esprimere la stessa partecipazione e lo stesso rammarico per il tragico evento al suo omologo italiano.
È realistico intanto rilevare quantomeno che gli statunitensi non hanno motivo di alzare in Iraq e per l’Iraq incidente e incidenti di alcuna natura con gli italiani, i quali, proprio in virtù della loro partecipazione alle operazioni post-invasione e post-abbattimento del regime iracheno hanno consentito il non isolamento anglo-americano di fronte a larga parte dei Paesi dell’Unione Europea. È l’Italia che ha anche consentito tali condizioni di riavvicinamento, e questa Italia almeno per adesso non è l’Italia del Fassino senza peso specifico. Essa ha consentito ciò ed ha accresciuto il suo ruolo a maggior ragione dopo la defezione della Spagna di Zapatero dalla coalizione presente sul campo in Iraq. L’Italia, al momento davvero buon interlocutore, non poteva dunque costituire motivo per pruderie, imprudenze, pressioni, vigliaccate variamente mimetizzate da parte di ambienti dell’intelligence, militari e diplomatici americani. È non meno realistico, in questo quadro di abbozzo ipotetico rispetto alla stucchevole certezza della Sgrena e del suo compagno e dei suoi amici - geniale concentrato genetico di superficialismo, campo d’arme di arruffoni senza pari, attaccabriga e rompiscatole per passione e diletto, dispensatori di tarme e di torme di innumerevoli uomini in perenne minorità coscienziale pseudogiustizialista -, che, nel gioco alla disinformazione e alla deviazione delle informazioni e del depistaggio verso un probabile obiettivo, siano stati gli stessi sequestratori iracheni (quelli che avrebbero detto alla Sgrena che gli americani non l’avrebbero voluto viva) a far passare qualche falsa informazione. Così che qualche cellula di ascolto USA, utilizzata a sua insaputa, avrebbe determinare l’intervento dei soldati con un "agguato" diretto contro chissà quale altro obiettivo supposto. Rimane infine il fatto che i soldati USA, e non loro fiancheggiatori, hanno sparato ma non hanno consumato l’obiettivo dell’"agguato" con l’uccisione di quanti non sono pure morti, ma anzi sono stati portati via in vita, Sgrena per prima! È ben realistico l’irrealismo delle biliose ipotesi della "sinistra" sinistra, antiamericana fino all’anima, ma assolutamente fazioso-oggettiva nel ricercare causa e origini della dinamica. Suvvia, il fanatismo cronico e inguaribile di taluni sappiamo come li rende cronicamente ciechi nelle fissazioni, nell’odio e nelle guerre sante delle loro (borghesi) lotte di classe. L’antiamericanismo come scelta vita, come vocazione, come giocoso passatempo di manifestazioni e di non meno giocose violenze di piazza, anche quando di americano non c’è l’ombra ma c’è solo la divisa del poliziotto o del carabiniere italiano.
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Nel senso "umano", che è anche il senso "mazziniano", un uomo è un uomo, prima ancora
e dopo ancora ogni possibile classificazione "classista". Ecco perché le parole di
uomini di Rifondazione, del PDCI, del Manifesto non possono fare altro che ferire
profondamente e ancora di più. Il loro parziale ricredersi sul fatto che esistono -
che possano esistere - agenti e agenti segreti così eccezionalmente e incredibilmente “buoni” li incolpa in maniera piena. La loro è una condizione di auto-abbrutimento spirituale e morale, e non è altro che il corrispettivo delle barriere mentali e culturali e delle barricate ideologiche e materiali che elevano attorno ai loro club di antropologia politica millenaristica e dei palchi elevati agli errori masochisticamente ripetuti. Narcisistica, alienata fierezza dei loro errori e della smisurata grandezza degli orrori dei loro santi padrini, nella lotta senza quartiere al resto della società e dei popoli di cui fanno parte. In nome della santa provvidenza della storia della lotta di classe e dell’abbattimento della proprietà privata. Sartriani adoratori di totem leninisti e di forza bruta stalinista, caraibici mestatori delle libertà conculcate dal Fidel della provvidenza del popolo mercenario d’Africa con l’AK47 sovietico ieri e con le cosce divaricate di eserciti di prostitute che sognano gli euro dei turisti europei e che invidiano quelle della dirimpettaia florida Florida del dollaro, oggi.
Chi ha caro l’amor patrio e l’amore verso il suo popolo, invece, continuerà a ricordare, con Calipari, Quattrocchi e Bruno Pianini e gli altri italiani caduti, militari e non, in quest’impegno della nostra nazione nel Vicino e nel Medio Oriente e nella presenza della nostra gente in quelle regioni. Questi uomini, queste morti fanno schizzare mente e cuore, non di odio, no. Ma solo di amoroso rispetto, anche di fronte a qualsiasi differenza di idee. Come italiani, in quanto italiani. Come uomini, in quanto uomini.
Domenico Cambareri
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