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Latina. Miracoli del Doolin. Un Vescovo a ParvapoliS. E Mauro Cascio ed Elisabetta Rizzo che non ci montano su la solita polemica sulla laicità

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Gio' Vescovo. Parliamoci chiaro. Pane al pane e vino al vino. Con un cognome così è un po' difficile passare nel nostro quotidiano online, sempre così graffiante quando si tratta di clericalismo, sempre così orgogliosamente testardo quando si tratta di laicità. "Non possiamo scrivere Gio' e basta?", ha in effetti chiesto il direttore. "Tanto si capisce uguale che è lui, no?". Superato il direttore hai a che fare con un caporedattore che sembra la sua (bella) copia. Sono liberali, a parole, ma quando sentono parlare di preti si irrigidiscono tutti e due. Camminano per la redazione come due scope. Lei, con un sorriso che non sai se scherza o le è presa una paresi per il nervosismo ti dice: "Non possiamo fare finta di esserci sbagliati e gli storpiamo il cognome?". Ma Mauro Cascio ed Elisabetta Rizzo vogliono bene al sottoscritto, vogliono bene al Doolin ed in fondo non sono così anticlericali come vogliono far credere. È che ormai sono prigionieri dei loro personaggi. Tutto al Doolin comincia nel peggiore dei modi. Un piccolo problema tecnico e la band si ferma a metà del primo brano. Dalla capacità di improvvisazione capisci bene che hai a che fare con un personaggio che merita di essere citato col nome e col cognome giusto. Ha ironia, gusto dell'amarcord. E sul filo della nostalgia ti introduce ad uno ad uno i 25 pezzi in scaletta, qualcuno scritto da lui. Una serata fatta anche di treni che partono dal sud, con famiglie che vi salgono su piene di povertà e di speranze, di valige di cartone col pane e il provolone. Ed ovviamente il blues, citato qui per ultimo come ogni presentazione che si rispetti. L'amore più grosso, l'unico. La ragione per cui la direzione artistica dello storico locale di via Adua lo ha invitato nell'altrettanto storico palchetto. «Nel lontano 1979, dopo otto anni di fermo (per motivi matrimoniali e di famiglia), mi accorsi una notte, che avevo buttato un pò della mia vita, sacrificandola con un noioso allontanamento dalla musica, da quella musica che aveva caratterizzato la mia adolescenza. Per fortuna avevo soltanto assopito l'enorme amore per lo spettacolo, e così, un pò arrugginito mi rimisi all'opera per iniziare un' altra avventura che sarebbe durata sino a oggi, nel 2005, recuperando la grinta e lo smalto che mi porta a essere spesso davanti al pubblico più eterogeneo». Per un po' arriva anche a tradire il blues. Con il Jazz. Persino con il liscio. «Sì, ho provato a far soldi con il liscio, perché col blues il mio conto in banca è sempre in rosso. Forse facendo la puttana...».

Claudio Ruggiero

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