Parvapolis >> Cultura
Latina. Effetto Lega. Il monumento ai veneti: «Gò fato tuto mì». Antonio Pennacchi: «Poi dice che i sezzesi non scendono e te lo spaccano»
Cominciano a vedersi i primi effetti della calata della Lega su Latina. Domenica prossima, a cura di una associazione di veneto-pontini, nel centralissimo Piazzale dei Bonificatori verrà inaugurato un "Monumento alla gente veneta emigrata in Agro Pontino per la bonifica e la colonizzazione delle Paludi". In realtà non erano solo veneti e in quella prima migrazione, assieme a quelle 900 famiglie di cui il monumento immortalerà i nomi, ce ne erano altre 2100 friulane e ferraresi, declassate e cancellate d'imperio. Già per questo - anche se veneto per parte di madre - l'intera operazione, a me, mi pare una stronzata.
Bonifica e colonizzazione sono fasi e concetti distinti e differenziati. I lavori di bonifica idraulico-generale vennero fatti in un primo tempo e ad essi concorsero operai - circa 30 mila - provenienti da tutte le regioni italiane, nessuna esclusa, con una maggioranza di toscani (boscaioli e carbonai) e laziali, provenienti dai locali monti Lepini. Dopo la bonifica dei terreni - e a lavori gradualmente conclusi, ivi compresa la costruzione dei poderi e case coloniche - quegli operai (o almeno i soppravvissuti) tornarono a casa loro e a loro, giustamente, la città dedicò quel piazzale: "Piazzale dei Bonificatori".
È dopo la bonifica che si dà avvio alla colonizzazione, con l'immissione in massa sui terreni di famiglie destinate a risiedervi stabilmente. C'è quindi netta diacronia: i lavori di bonifica iniziano nel 1926, mentre la colonizzazione con l'arrivo delle prime famiglie inizia solo nell'ottobre del 1932, quando è già quasi finita pure Littoria.
Nei poderi Onc (Opera nazionale combattenti) verranno gradualmente immesse circa 3000 famiglie di coloni veneti, friulani e ferraresi in pressoché pari quantità e, ad Aprilia e Pomezia, anche forlivesi e trentini, già emigrati in Francia, Romania, Bosnia-Erzegovina e rimpatriati apposta.
A questa, fecero pendant le colonizzazioni operate dalle Università agrarie e dai privati (tra cui i Caetani), che videro l'immissione di circa 2000 famiglie marchigiane, umbre, bassianesi, cisternesi, sermonetane e sezzesi. Certo la colonizzazione Onc - forse a causa delle contraddizioni subitaneamente esplose con le popolazioni lepine - risulterà quella che più significativamente colorerà, nell'inconscio collettivo, l'epos ed il mito dell'Agro Pontino Redento, ma non è lecito a nessuno, storicamente, farla divenire unica e sola, cancellando ipso facto tutte le altre.
Questa operazione - piazzando il suo monumentum sullo spazio specifico "dei Bonificatori" quando "bonificatori" non si è stati, ed escludendo addirittura al proprio interno i co-coloni friulani e ferraresi, come a dire: "Ghémo fato tuto nantri veneti" - costituisce un insulto e un falso storico. E' un'operazione etnicamente arrogante, di stampo leghista e di oggettiva ignoranza storico-culturale. Il Veneto - sia detto da un veneto-pontino - resta pur sempre la regione italiana con il più basso tasso di diplomi e lauree.
Ora è chiaro, in democrazia, che una qualunque lobby etnica è liberissima di farsi tutti i monumenti che vuole, e metterseli nel giardino di casa; ma non è libera di metterli su suolo pubblico, poiché lì rappresentano l'intera comunità. Quello che non è chiaro è perché un'amministrazione - nella fattispecie degli assessorati alla cultura ed al degrado urbano - glielo consentano. Dio ne scampi dagli assessori. I xè più 'ndrìo d'i veneti.
Latina è città di migranti. Dopo quelli della prima colonizzazione ne arrivarono altri e
continuano ad arrivare tuttora. Cittadini a tutti gli effetti come i primi. Compreso il
rumeno che lavora e manda il figlio a scuola, figlio che parla il latinese come il nostro.
Vuoi celebrare - per costruire e pluribus unum un'identità finalmente comune a tutti - le
migrazioni che tutti qui ci hanno portato? Chiama gli artisti pontini - splendidi facitori
di carciofi di latta, rotonde e attaccapanni - e fagli fare una valigia di cartone, enorme
e iperrealista, in cui tutti, compreso il rumeno, possiamo riconoscerci. No: "Gò fato tuto mì".
E gli altri? "Teste de casso". Poi dice che i sezzesi non scendono e te lo spaccano.
Antonio Pennacchi
|