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Cisterna. Libri da scoprire. Marcello Veneziani: «Non riesco a immaginare una società che non abbia a fondamento la lettura...»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Marcello Veneziani, ospite della Rassegna sull'editoria pontina che si è chiusa ieri a Cisterna, a Palazzo Caetani. Campagna elettorale: è caduto il diaframma tra le ideologia, quali le differenze oggi tra destra e sinistra? «Le differenze sono più tenui che nel passato. Da un verso ci sono i residui delle esperienze storiche. Non ci sono comunismo e fascismo ma le loro eredità. Dall'altro bisogna considerare che ci sono differenze riguardo alla sensibilità, alla biopolitica, alla vita di tutti i giorni: l'aborto, la fecondazione assistita, gli omosessuali, l'immigrazione. Ecco, io credo che le differenze stiano soprattutto qui. C'è poi una destra attenta ai valori nazionali, di radicamento. Ed una sinistra legata all'emancipazione e all'internazionalizzazione. E ancora la famiglia: la destra legata a questo valore e la sinistra individualista. Quindi le differenze ci sono. Anche se non sono più urlate». A destra c'è una differenza tra razionalismo e romanticismo? «Sicuramente. C'è una destra realista, pragmatica, che diffida di culture e ideologia. E c'è una destra romantica, fondata sulla passione dei vinti e contro il vento della storia. E un po' la stessa cosa avviene a sinistra. C'è chi sogna Che Guevara e chi gestisce il potere reale». Lei si è definito un conservatore applicato alla politica. Ma si può essere conservatori e tradizionalisti da un lato e rivoluzionari? «Io tempo fa scrissi un saggio proprio sulla rivoluzione conservatrice. Io considero indispensabile essere conservatori sul piano dei valori ed innovatori sul piano dei messaggi politici o delle tecnologie. Non si può essere solo rivoluzionari, perché si rischia di essere utopisti. E i conservatori restano isolati nel loro rancore, senza essere propositivi e fattivi». Cosa pensa dell'Europa? «È un soggetto incompiuto, dal punto di vista politico e culturale. Anche se ci sono a livello istituzionale tanti dati di fatto». Sulla polemica sulle inesistenti radici cristiane che qualcuno vorrebbe inserire a forza lei cosa pensa? «Che le radici sarebbero anche greche e romane, oltre che giudaico-cristiane». E poi c'è anche l'Europa del Rinascimento, delle rivoluzioni, di Voltaire, di Rousseau, dei risorgimenti nazionali... «Sì, ma in questo caso non parlerei di radici. Magari di frutti. Che possono piacere o no. Essere buoni o cattivi. Ma sono espressione di un'epoca. Non possiamo in questo caso parlare di radici. Siamo legati al pensiero greco, al diritto romano, all'imperium. Il resto è venuto dopo». Fecondazione assistita. Si farà il referendum. In questi casi in cui è prioritaria la libertà di coscienza il mondo laico generalmente lamenta delle intromissioni della chiesa cattolica, e più in generale di ogni credenza religiosa, rispetto a scelte politiche di una collettività di cittadini, non di fedeli. Lei che ne pensa? «Io che i preti facciano il loro mestiere. Intervengono in tematiche che loro ritengono far parte del loro magistero. Poi sta a noi rispondere o meno all'appello dei cattolici. Ma i cattolici devono poter esprimere la loro idea. Fanno bene a farlo. Non è bene che un sacerdote o un cardinale abbia più autorevolezza di una singola coscienza. Ma da qui a dire che un cardinale non possa esprimere le sue idee ce ne corre...». La sua posizione? «Non andrò a votare». Parliamo di libri. Lei ha presentato qui a Cisterna il suo ultimo lavoro "I vinti. I perdenti della globalizzazione e loro elogio finale", edito da Mondadori... «La globalizzazione sta seminando lungo il suo percorso vittime simboliche e reali, ideologiche e umane. Il riferimento non è ai no-global e a quanti contestano i poteri mondiali, ma a quanti non si sono adeguati al loro nuovo corso, a quanti li vivono con disagio o sono fuori dal loro cono di luce. Sconfitti appaiono tutti coloro che non si riconoscono negli imperativi dei nuovi padroni del pianeta, che si pongono fuori dallo spirito del tempo, che sono legati a valori passati, futuri o trascendenti: gli ambientalisti, i "meridionali" (di tutto il mondo), i fascisti». Quanto è importante scrivere? «Per me è fondamentale. Io considero tutte le altre mie attività, da consigliere Rai in giù, come attività secondarie rispetto alla mia attività principale che è appunto quella di scrivere. Scrivere libri in particolare e secondariamente per i giornali. La lettura è importantissima. Io non voglio dire che un uomo non è un uomo se non legge però non riesco a concepire una civiltà che non abbia a suo fondamento una grande propensione per la lettura. La cultura la si esprime in tanti modi. La pittura, la musica. Ma la lettura è uno dei fondamenti imprenscindibili». La televisione può essere uno strumento di veicolazione della cultura? «È già tanto se non la intralcia. In secondo luogo mi piacerebbe ci fossero campagne a favore della lettura. Come consigliere Rai mi sono battuto per piani di valorizzazione, di rubriche, di format dedicati alla carta stampata. Uno dei doveri istituzionali soprattutto del servizio pubblico». Prossimo libro? «Non ne parlo per scaramanzia. Dico solo che è un libro fatto per frammenti. Lontano dalle polemiche d'attualità e dalle questioni storiche. Riguarda la vita e l'anima delle persone».

Elisabetta Rizzo

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