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Latina. Statali sul piede di guerra. Domenico Cambareri: «Il problema non è né statistico né teorico». Moderate considerazioni alla vigilia del voto
La polemica feroce in atto per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici è in parte una sceneggiata e in parte risponde a un dato di diversa valutazione politica fra i partner dell'alleanza. In un richiamo a più ampio respiro per quello che verrò a dire, io so per esperienza che in molto pochi sanno capire il significato di quanto accade anche in funzione di quanto è accaduto e che pochi riescono a saper collocare entro un quadro cronologico e al tempo stesso tematico le odierne lotte politiche, senza perdersi nella cronaca della corrente attualità. Con l'onere di questa enorme presunzione, cercherò di far capire ai lettori con dei riferimenti che dietro le schermaglie sui tre o sui cinque euro in più per il contratto degli statali si cela l'ennesima cruda operazione di abiezione politica che rende questo governo nient'altro che il pessimo continuatore dei precedenti, un governo di "centrodestra" della sinistra sclerotizzata.
Come aneddoto desidero ricordare che durante la presidenza della Confindustria del famoso Pininfarina, il suo vicepresidente scriveva un giorno sì e uno no sul Corriere della Sera e sui maggiori quotidiani italiani per convincere che soldi per i professori non ce n'erano e che essi erano in fondo già adeguatamente pagati. Bene, questo signore fu colto con le mani nel sacco: era uno dei tanti, tantissimi imprenditori, manager, sindacalisti che intascavano soldi con i falso corsi di avviamento professionale. Cose ben peggiori scriveva l'editorialista del Tempo Mattei, il quale non faceva altro che attingere, scopiazzare acriticamente dai dati delle Confindustria. Pensate che anni prima ancora, all'inizio degli anni ottanta, quando un docente o un funzionario dello Stato ad inizio carriera guadagnava appena 440.000 mila lire nette al mese, in Sicilia la Regione spendeva cifre da capogiro per corsi professionalizzanti di valore nullo in cui i sindacati facevano la parte dei topi nel granaio e tra i formaggi. Oggi, a distanza di cinque, sei lustri cosa è cambiato?
In un Paese il cui popolo ha il cervello comunistizzato fino in fondo, assistiamo ancora su come la Confindustria si scaglia con immutata avversione contro i professori e contro il pubblico impiego, laddove fra i professionisti pubblici si riscontra solo raramente un livore e un odio così immotivati, e semmai è diffusa la stima e il rispetto per questa categoria. Non dimentichiamo che la classe imprenditoriale italiana, ancora collocata alla grande a sinistra, è quella che ha vissuto per decenni degli interventi statali con cui venivano rese "pubbliche" le perdite e preservati gli interessi privati dei grandi gruppi e delle grandi famiglie, così come posto e retribuzione di operai scioperaioli, violenti, improduttivi.
Sfido ancora oggi il presidente del Consiglio e i suoi amici imprenditori e i terroni leghisti mangiasassi e mangiabulloni del Nord-est a far fronte alle grandi sfide poste dalla mondializzazione. Sfido Bossi a trovare terrun del Nord laureati per insegnare negli istituti tecnici e nei licei. Noi potremo importare prodotti dall'India, dalla Cina e da mezzo mondo, potremo importare emigranti da ogni dove, ma i docenti non ce li danno né Silvio né l'asino di Bossi (chiedo scusa agli amati asini, ma noi i paragoni negativi li facciamo purtroppo comparandoci agli animali) con le loro pantomime, né la seriosa iper ipocrita Confindustria. Che poi Silvio faccia lo smargiasso sui professori per attaccare Prodi, non fa altro che la figura dello scemo a cui manca la battuta intelligente, visto che è circondato da tanti, da troppi professori universitari. Quello che guasta, invece, è vedere come la pletora dei cattedratici stia in silenzio di fronte a simili sciocchezze o cadute di stile. Hanno forse paura della feccia che si annida tra gli imprenditori o paura di scoprire la nullità che si cela su tanti scranni universitari totalmente politicizzati per decenni (in primis da comunisti e socialisti), mentre io non mi stanco e sempre mi attardo nel difendere una categoria della quale ho voluto e continuato a far parte, per difendere il suo ruolo di assoluta centralità nella vita della Nazione, cronicamente deriso e vituperato e incompreso ieri come oggi, quello dei professori delle secondarie superiori e inferiori?
Il problema del rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego non è tanto quello espresso nella sua cifra puramente statistica e "teorica", quanto la capacità di avviare una inversione definitiva con l'urgenza imposta dai ritardi di trentacinque anni e dalle leggi demagogiche ulteriormente aggiuntesi. Questo "centrodestra" della sinistra, non ha saputo e non ha voluto rimediare alle ultime porcherie, come quelle varate da D'Alema, Bassanini e Berlinguer. Ma in cui avevano le mani in pasta predecessori immediati come Sabino Cassese, Treu, Lombardi e il distruttore per antonomasia del "centrodestra" D'Onofrio, che dopo aver contribuito a rovinare da "centrodestra" della sinistra la Scuola ha rovinato la commissione delle riforme costituzionali inventando lo Stato all'incontrario, partendo dalla mera sommatoria degli enti locali, con l'intelligente imbecillità politica che gli è andata dietro, sino ai risultati di questi giorni. Quello che ha scritto Sabino Cassese sul Corriere della Sera di martedì è di una gravità enorme, non ultimo perché tira in ballo il consigliere politico del Presidente del Consiglio e lo stesso Presidente del Consiglio. Io chiedo a Cassese di sapere di quando si è accorto che le "organizzazioni pubbliche sono ormai piramidi rovesciate" e da quando ha iniziato a combattere contro questa degenerazione. Cassese aggiunge: "le risorse sono concentrate sui livelli alti, in cui si concentra il personale." Io chiedo a Cassese di indicare quale personale era di diritto nei livelli alti, quale personale vi è stato portato clientelarmente, quale personale ha pagato e continua a pagare uno scotto enorme e irripagabile, che significa declassamento economico a vita, oltre che di emarginazione culturale forzata rispetto alle funzioni che deve svolgere come compito d'istituto e contrattuale. Ha mai avuto Cassese lo "spirito di finezza" di precisare queste cose e di sceverare dalle cifre e dai quadri d'insieme? Lo hanno avuto, questo merito, i suoi compagnoni cattedratici e ministri del centrosinistra e oggi del "centrodestra"? Io direi a Cassese e alle orde dei cattedratici di prepararsi a lustrare le scarpe ai tanti professori delle secondarie, nei quali si rintracciano solo i demeriti dei loro docenti universitari e raramente i loro meriti. Io direi ancora a Cassese di riconoscere l'infame sconfitta che queste orde hanno subito da parte di una frazione infima di cattedratici che ritengo ai margini della vera cultura specialistica, i pedagogisti, gli "psicopedagogisti" che oggi la fanno da padrone su tutto nella Scuola e nel MIUR.
Recentemente, sempre sul Corriere, un docente della Luiss si lamentava a voce alta di come la scuola superiore fosse fatta in Italia in funzione delle esigenze dei professori, e che il livello di studi e di preparazione richiesto era ancora eccessivamente alto comparato con le altre nazioni. Il male viene da molto in alto, non solo dai pedagogisti, dai burocrati, dai sindacalisti. Ma anche dai politici e dagli imprenditori. Ai quali ultimi, poi, interessa men che niente della preparazione umana e culturale del giovane inteso inscindibilmente come "cittadino". La loro deformazione è talmente ampia, da incidere a livello di corretta comprensione dell'organizzazione e delle esigenze della società e dei singoli uomini. Anche l'Ocse si lamenta dei livelli elevati che ci sono in Italia, ma pure riscontra contraddizioni e derive gravi nei risultati. Ma è l'Ocse che altresì da decenni segnala come i professori delle superiori italiani siano i meno pagati in assoluto.
Ricordo altre bestialità da me già denunciate su queste pagine. Il governo non procede al riordino della dirigenza, abbattendo la Bassanini, e non mira a recuperare i diritti dei "direttivi" dei Ministeri, mentre i gaudenti e probabilmente meno laboriosi regionali intascano retribuzioni reali più elevate di ben un terzo. Il governo vara una riforma ibrida delle primarie e del "ciclo primario" e delle secondarie, riconferma l'ibrido di un preside quale piccolo piccolo e spesso un po' infame onnipotente anziché sul modello ispanico-francese abolirlo e renderlo temporaneo ed elettivo fra i "prof" (un "manager", creatura mostruosa bassoliniana al quale si continua a riconoscere l'esercizio di altre attività, prima sempre soltanto e giustamente riservate al professore che non voleva fare il burocrate; quanta di questa gente è entrata in ruolo da docente e poi da preside senza avere mai superato un concorso, e quanti oggi vengono immessi in graduatorie senza essere mai stati prof di ruolo, e come insegnava?), avvia la definitiva affermazione dell'unicità docente fra maestri e professori (esiste solo in Irlanda e in Australia; poi, direttori didattici, assistenti dei conservatori, segretari oggi direttori amministrativi volano in alto… : per chi non ci sono le risorse?). Inventa una "carriera" dei docenti per sparare un colpo alla tempia: viva l'orgia della burocrazia e degli incarichi, in cui l'insegnamento effettivo diventa qualcosa di estemporaneo se non di accidentale e di quasi vietato! E dove il ripristino della carriera dei professori con quelli universitari, con la magistratura, con la dirigenza burocratica (la quale, a suo tempo, era agganciata a quella dei prof ), e dove il ripristino delle anzianità utilizzate per pagare a cottimo "progetti" per attività tra il frivolo e l'infame? La produttività, la qualità? Bestialità che servono in questi anni a surrogare istanze, interessi, posizioni di sindacati e di apparati. Per il triennio delle superiori, i criteri di verifica sono immediati: l'andamento ulteriore, nei due primi anni di frequenza universitaria degli studenti, e nelle capacità lavorative per quanti vengono assorbiti dal mondo del lavoro dopo il diploma.
Ma come sono state traghettate dalla sinistra e da chi queste idee nel cuore dell'apparato "pensante" di Forza Italia e recepite da A.N. (un libricino in distribuzione, presentato da Domenico Nania - ma che ce ne capisci Domenico? - e redatto da Valditara mette in bella mostra queste assurdità, ad inziare dalla "carriera inventata" per "vicepreside" e altre amenità: dalla Napoli a Valditara, troviamo condensata l'incapacità storica del "dopo Almirante" e l'involuzione definitiva di questo partito di ometti di sezione e di semianalfabeti).
Posso individuare innanzitutto nella causa di tutto questo trascinarsi e incancrenirsi dello scempio due responsabili di primo piano a cui si è affidato abbondantemente quanto maldestramente Silvio. Due "intellettuali" rossi: uno "pacatissimo, bonario pensatore", uno "giocatore focoso di cifre e di scenari": Adornato e Brunetta. Come ho scritto in un messaggio pieno di errori di battitura e di vis denunciatrice a Tajani, mi considero un "ministro" che rimane in panchina. Ma che vuole le teste di Brunetta e di Adornato, come pegno minimo e tardivo di credibilità politica minima. Altrimenti, al di là della farsa del contratto sui dipendenti pubblici, il dopo elezioni regionali sarà l'inizio del via per me e per tanti miei amici, come penso per tanti altri italiani, per non votare più per un governo camuffato, verso il quale muovere l'attacco. Un governo di "centrodestra" della sinistra. Davvero il governo dell'incredibile. E per fare le cose della sinistra, basta quella vera e purtroppo sclerotizzata e non un surrogato paludato da bonificatore dei miasmi. Silvio trasformista e clericale (che non fa proprio rima con liberale), so leggere oltre le demagogie del clericale Fini e dell'UDC, ma anche i tuoi aperti limiti e la necessità del tuo affidarti alla cieca. Silvio, imprenditore prestatoti alla politica per rendere rediviva la Lega Malsana e balzana, Silvio crogiolo di tutte le contraddizioni con cui imperano i rossi nel tuo cuore anticomunista, il tempo è scaduto.
Fatte salve le regionali, da considerare correttamente elezioni amministrative, locali, in cui gli elettori devono innanzitutto premiare le capacità che hanno riconosciuto agli amministratori, presidente della Regione in testa. E' bene che gli elettori non caschino nel tranello di considerare queste elezioni come lo scontro pro governo o pro opposizione. E' bene rispettare il signficato della democrazia, dell'alternanza, del tipo di elezioni in scadenza. Scegliere dunque presidente e singoli consiglieri regionali fra i candidati a cui attribuire il proprio voto, solo in funzione del bene dell'interesse regionale, e non secondo finalità apertamente politiche, al di là dunque dalla scelta secondo la logica di schieramenti contrapposti. E nel Lazio, per quanto di critiche io mi senta di potere e dovere muovere a Storace, dall'immissione nei ruoli di funzionari e di dirigenti di decine e decine di persone prive di titoli e requisiti, al grave ingiustificato e inemendabile vulnus arrecato alla sovranità dello Stato con l'essersi recato dapprima immotivatamente e con sconsideratezza clericale prima dal papa (ufficialmente autorità straniera) e poi dal capo dello Stato per portare il nuovo Statuto della Regione Lazio (da rifare), bisogna riconoscere anche dell'altro. Ha bandito e concluso concorsi per interni ed esterni che non avvenivano da anni, dopo che sinistre e sindacati avevano sempre attuato avanzamenti selvaggi e generalizzati. Ha elevato lo standard di importanti strutture ospedaliere e della sanità in generale, ha dimostrato capacità di concertazione e dinamismo con i settori produttivi e in particolare con quelli della tecnologia avanzata, ha progettato importanti potenziamenti infrastrutturali e viari. Sicuramente ombre, ma anche più che sprazzi di luce. Molto, in riferimento al precedente presidente mezzobusto, probabilmente molto rispetto al contendente mezzobusto.
Chi utilizza gli uomini dei media, è chi dimostra maggiore debolezza, mentre Storace è l'unico esponente di rilievo che ha voluto concorrere per una poltrona regionale, per quanto importante (non credo che facciano testo Burlando e Formigoni). L'importante è che Storace governi non solo con coraggio (e a volte non ne ha) e con il cuore e la scaltrezza. Ma anche con intelligente coerenza. Questa virtù gli avrebbe evitato e gli potrà evitare, dopo il successo, se ci sarà, incomprensioni e fastidi. Ma anche con Storace, come con Fini Berlusconi e la Casa delle Libertà, siamo al dunque. Dopo le lezioni regionali, il tempo del quadrante politico nazionale è scaduto per tutti.
Domenico Cambareri
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