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Latina. Duecento anni di Massoneria in Italia. Giovanni Leghissa: «Lo spazio più adeguato per chi cerca la garanzia del pluralismo religioso»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giovanni Leghissa, in occasione della tavola rotonda "Non possiamo non dirci laici" con cui si sono aperti i lavori della Gran Loggia del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani. «Nel mio intervento ho cercato di mettere a punto il valore filosofico, politico e religioso della laicità, che va intesa in due sensi: da un lato quale affermazione di uno spazio pubblico religiosamente neutro che deve garantire la possibilità del pluralismo religioso (aspetto, questo, che, per quanto ovvio, va sempre ribadito con forza), dall'altro quale istanza carica di un senso religioso autonomo. La laicità si configurerà allora come un luogo primario di un'esperienza religiosa compatibile con i valori di un illuminismo che ha saputo fare i conti con la propria storicità e provenienza e diverrà parte integrante dell'utopia (anch'essa di matrice illuminista) di una società abitata da uomini e donne ch siano capaci di vivere la tragicità che il nichilismo moderno porta con sé senza la nostalgia di un universo simbolico rassicuramente e pacificante». La laicità come religione civile, dunque... «Esiste solo da pochi secoli. E i suoi principi sono difficili da vivere. Ma solo questo consente di evitare i fondamentalismi. Il rischio del fondamentalismo è tipico di tutte quelle posizioni che non riconoscano l'infondatezza del proprio punto di vista. La modernità è di formazione recente. Ma bisogna ancora un po' imparare ad essere moderni. È un compito lungo. Ed in questo la Massoneria, che come è noto nella sua forma moderna compie quest'anno i suoi 200 anni di vista (raccogliendo un'eredità che parte almeno dal 1240) ha un compito storico importantissimo».
Giovanni Leghissa è docente di Filosofia della Cultura presso l'Università di Trieste. Redattore della rivista "aut aut" s è occupato di fenomenologia ("L'evidenza impossibile. Saggio sull'immaginazione in Husserl") e di vari aspetti del dibattito contemporaneo legato ai temi dell'identità e della differenza. ("Il dio mortale. Ipotesi sulla religiosità moderna"). Ha curato l'edizione italiana delle opere di Derrida, Blumemberg e Husserl.

Aurora Distefano

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