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Latina. Populismo cattolico, sopravvissuti a stento. La stampa estera: «Wojtyla è stato il più grande disastro per la chiesa, dopo Darwin»
Il mondo non cattolico (che in Italia rappresenta, pur nella sua eterogeneità, la stragrande
maggioranza) tira un sospiro di sollievo. Il picco più alto del populismo sembra cessato.
Da oggi in tivvù si comincia forse a parlare anche di altro. Ed anche i giornali (forse)
la pianteranno un po' di assecondare gli istinti e le passioni della massa.
A leggere la carta stampata sembrava quasi che fossimo d'un tratto tutti cattolici,
che lo Stato fosse all'improvviso confessionale, che Ciampi parlasse a nome di tutti
e liberalismo e laicità fossero insulti impronunciabili. Con la sola
eccezione de La Stampa e de Il Manifesto tutti hanno fatto a gara per raccontare
le emozioni, le lacrime, il rispetto dei grandi della terra. La stampa estera è stata meno indulgente.
E l'umana commozione per un grande personaggio come oggettivamente è stato Karol
Wojtyla non ha ottenebrato le menti e ha consentito di fare analisi critiche nei confronti
del "pontificato" e nei confronti di una credenza religiosa che, chiacchiere e ipocrisie a parte,
è sempre stata protagonista in negativo della storia europea degli ultimi secoli.
Ha scritto per esempio il
New York Times:
«Ma l'ultimo lascito di Giovanni Paolo II al cattolicesimo verrà dalle sue nomine episcopali.
Per essere ordinato vescovo, un prete deve essere visto come un oppositore assoluto della
masturbazione, del sesso prematrimoniale, del controllo delle nascite (incluso l'uso del
preservativo per prevenire la diffusione dell'Aids), dell'aborto, del divorzio, delle
relazioni omosessuali, del matrimonio nel clero, delle donne prete e di qualsiasi allusione
al marxismo. È quasi impossibile trovare un uomo che sottoscriva completamente a questo
catalogo di certezze; il risultato è che i ranghi dell'episcopato sono pieni di gente
senza cervello e di incompetenti intellettuali.
La situazione è disastrosa. Chi entra in una chiesa di domenica vede solo banchi vuoti.
Non c'è altra soluzione per la chiesa che ricominciare da capo, come se fosse la chiesa
delle catacombe, quando si definiva con la parola greca Ekklesia. Ekklesia era la parola
usata dagli ateniesi per la loro assemblea più ampia". I primi cristiani la usarono
per definire il fatto che "permettevano una partecipazione senza restrizioni". Da questo
punti di vista "Giovanni Paolo II rappresenta una tradizione diversa, quella del papalismo
aggressivo". L'ultimo papa è stato "un entusiastico condannatore" e, anche se verrà
ricordato come uno dei "responsabili della caduta del Comunismo", "non era una grande
figura religiosa". Anzi, "nei tempi a venire, potrebbe essergli attribuita la
responsabilità di aver distrutto la sua chiesa".
L'oggettività e la laicità non sono morte nemmeno tra le righe del
Guardian:
«Il Papa ha le mani sporche di sangue, ed ha fatto un enorme danno alla Chiesa cattolica
e a innumerevoli cattolici. Il più grande crimine del suo pontificato non è stato l'aver
di fatto coperto i diversi scandali sessuali dei preti né il suo "approccio neanderthaliano"
nei confronti delle donne, ma la grottesca ironia con la quale il Vaticano ha condannato
come cultura della morte i preservativi. Per queste ragioni il Papa si avvia al riposo
eterno responsabile di queste morti. Egli è stato uno dei più grandi disastri per la Chiesa
cristiana dopo Charles Darwin».
E ancora Liberation:
«Ultraconservatore, Giovanni Paolo II incarnava il ritorno del bastone religioso, all'opera in
tutte le forme integraliste più o meno virulente - induista, islamica o cristiana che siano -
che stanno riconquistando l'umanità, sognando di sottomettere le società a leggi divine.
Questo fatto è rafforzato dai dirigenti politici, preoccupati di preservare la legittimità
sociale e morale, dopo il fallimento delle ideologie politiche. Ma anche e soprattutto
dalle stesse religioni. Le religioni sono quasi ovunque in arretramento. Conducono con
vigore una guerra santa contro la cultura moderna. Essa, fondata sull'individuo, sul
libero arbitrio, sulla necessità del dubbio e del sapere, minaccia l'ordine morale e
spirituale di cui le religioni pretendono avere il monopolio».
E infine
Le Monde:
«Quello che definisce Giovanni Paolo II, non è la riforma, ma la controriforma. Ha
rappresentato il tentativo di arretrare il processo di modernizzazione che ha fatto
irruzione nella Chiesa a partire dagli anni Sessanta e che ha interessato tutto il
cristianesimo. Così ha ritardato la messa in luce che la Chiesa tentava di realizzare sui
due gravi problemi che la martirizzano da quattro secoli.
Il primo è legato all'apparizione di altre chiese, conseguenza della riforma protestante.
Il secondo deriva dalla modernità dei Lumi, con l'avvento della ragione, della scienza e
delle tecniche, delle libertà civili e della democrazia. Questa nuova cultura si presentava
coma la rivale della rivelazione, di cui la Chiesa si considerava l'unica detentrice, e
denunciava il modo con cui la Chiesa è istituzionalmente organizzata: una monarchia spirituale
assoluta, in contraddizione con la democrazia e il rispetto dei diritti umani.
Nei confronti delle Chiese evangeliche, la strategia del Vaticano mirava a una riconversione
volta a restaurare l'antica unità della Chiesa sotto l'autorità del papa. Quanto alla società
moderna, si trattava di instaurare una critica e una condanna del suo progetto di
emancipazione e di laicizzazione, nella prospettiva di ricreare l'unità culturale sotto
l'egida dei valori morali cristiani.
I due progetti sono falliti. Le altre chiese non hanno cessato di crescere su tutti i
continenti. La società moderna, con le sue libertà, è diventata un modello per il mondo
intero. La Chiesa cattolica si è trasformata in un bastione di conservatorismo religioso
e di autoritarismo politico».
Elisabetta Rizzo
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