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Latina. Riflessioni sull'Arte, dopo l'intervista a Lina Sastri. Massimo Palumbo: «Anche noi abbiamo domande a cui cerchiamo di rispondere»
"Qualsiasi cosa che riguardi la ricerca ha una grande importanza. Il teatro sperimentale
è un teatro che non si rifà a tradizione e classicità ma si rifà ad esperienze nuove e
diverse"... "La creatività nasce sempre da una domanda. Ma questo in qualsiasi forma artistica".
Lo dice Lina Sastri nell'intervista che le fa Elisabetta Rizzo su Parvapolis del 12.04.05.
Molto interessante e sicuramente condivisibile quanto l'attrice di teatro dice, ma ancor
più se riferito come giusto che sia, a tutte le arti, o meglio a qualsiasi forma artistica.
Solo che se torna facile accettare sperimentazione, creatività in teatro, o per la musica,
sappiamo anche che la stessa cosa non possiamo affermarla se non con qualche eccezione per
le arti visive o con quanto andiamo a classificare sotto il nome di Arte Contemporanea.
Specialmente se si tratta di ricerca, sperimentazione, nuovo.
Se poi pensiamo a noi che viviamo questa città e parliamo di Latina, sappiamo anche, che
fatte le dovute eccezioni, muri altissimi s'ergono a difesa dei nostri occhi e la
diffidenza e il sospetto è tanto. Il nostro naso può odorare sempre o quasi. L'orecchio può
ascoltare tutto e il contrario di tutto... l'occhio invece ha grossi problemi a svolgere le
sue normali funzioni, l'occhio deve essere protetto, l'occhio è molto delicato e può
farsi male.
Non puoi obbligarmi a vedere... si dice, abbiamo letto. Eppure come si può sperimentare
senza fare, senza proporre, senza avere la possibilità di capire i rapporti, le sinergie
che vengono a realizzarsi. Parliamo di arti visive, di Arte Contemporanea e quindi l'occhio
nel bene o nel male, nel bello o nel brutto deve interagire deve potersi rapportare deve
inserirsi tra... le pieghe di quello che c'è o del nuovo che a volte viene proposto.
Spesso poi diciamo: "No, Latina non ha una grande tradizione culturale e non ci sono grossi
fermenti". Una città troppo giovane? Pochi stimoli? Poche proposte? O forse sono sbagliate
le politiche culturali degli enti pubblici preposti?
La ricerca, la sperimentazione, il nuovo hanno il compito di creare una cultura capace di
rappresentare l'identità del luogo e devono avvicinarsi alla cultura del contemporaneo. Ma
a noi che scriviamo, rimane un dubbio: il problema riguarda l'offerta di chi propone arte
o l'accoglienza da parte delle istituzioni, della committenza, dei media? Ed è la carenza
di spazi adeguati a fermare l'iniziativa, o il limite è rappresentato, da una mancanza
di sensibilità da parte della collettività?
Noi pensiamo, ed è questo il motivo anche di questo nostro intervento, che la questione
è aperta ed è tutta da sviluppare. Sicuramente è un problema di crescita culturale
collettiva un livello più alto cui tutti dobbiamo raggiungere. A pagare per ora è il solito
essere realtà troppo giovane, poco stratificata nella complessità delle conoscenze, del
fare ricerca e dello sperimentare.
Quindi è importante quando capita, se capita, fare e fare, anche a costo di avere pochi
sostenitori, pochi che credono in quello che proponi.
Chi ci conosce sa quali sono gli interessi che coltiviamo e sa per averlo detto altre
volte e scritto in situazioni analoghe a questa. Capita allora di portare all'attenzione
dei nostri interlocutori, il rapporto, le problematiche esistenti tra arte e città. Ove
il tutto avviene in quello che consideriamo un teatro vivente, un teatro quotidiano dove
gli attori siamo tutti noi che viviamo e ci moviamo tra le pieghe di scenografie a
volte bellissime ma spesso anche orribili o peggio ancora... anonime e senz'anima.
Scenografie di tipo urbano fatte di architetture, di arte o molto più spesso di contesti
squallidi cui solo l'intervento colto di una comunità saggia, possono eventualmente porre
rimedio. Ed è quello che veniva chiamato: Il gioco sapiente, il gioco sapiente del costruire
le città, nelle quali respiri la presenza forte di un fare geniale e sicuro, fatto di
emergenze e di storia dove in un continuum costante il nuovo di qualità si integra e
lega con le preesistenze storiche.
La grande espansione urbana ha di fatto abbandonato l'abitudine che voleva e vedeva
le opere d'arte "centrali" nella progettazione degli spazi collettivi. La committenza
pubblica, prevista da una legge promulgata in un'Italia ben più povera di oggi, svolge
ancor oggi un ruolo marginale per l'arte italiana. Nelle nostre città, col passare del
tempo, alla monumentalità celebrativa degli ideali e della memoria, idea ottocentesca,
si è via via sostituito il bisogno di cercare nuove funzioni, contenuti e forme espressive.
I nuovi linguaggi dell'arte, i materiali inconsueti, le sperimentazioni e le contaminazioni
hanno incontrato per molti decenni un pubblico spesso impreparato e sempre più "di nicchia",
non supportato adeguatamente dalla scuola e dalle istituzioni pubbliche, poco interessate
all'arte contemporanea, quando non diffidenti.
Esiste e sta crescendo però una sensibilità nuova, e nel 2002 si è promulgata la legge con
cui si promuove l'inserimento di opere d'arte in edifici, e spazi pubblici.
Le opere d'arte, il lavoro degli artisti devono tornare ad essere percepiti dai più come
una presenza necessaria. L'arte è qualità, è identità di un luogo: occorre allora farne
crescere la consapevolezza fra i cittadini ed in particolare fra coloro che elaborano e
progettano le trasformazioni urbane.
Non è semplice, oggi, riannodare i fili di un dialogo, quello fra arte e città, fra arte
e architettura interrotto da tempo e motivo questo per un confronto necessario, utile
a far crescere sensibilità e la consapevolezza dell'importanza di investire in qualità
e creatività.
Sperimentazione e creatività per l'arte come per il teatro o per la musica: mai pensare
all'arte come intrattenimento, abbellimento, decorazione... un opera non è mai
bellina o bruttina. L'arte è sperimentazione sempre e deve entrare nel meccanismo segreto
del conflitto urbano, che è il vero fine della città.
"La creatività nasce sempre da una domanda. Ma questo in qualsiasi forma artistica",
dice Lina Sastri nell'intervista fatta. Anche noi che viviamo in questo lembo di terra
a cavallo tra Roma e Napoli abbiamo domande. E risposte da dare.
Massimo Palumbo
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