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Teatro dei Cinquemila: il 15 dicembre il convegno su Cultura e Impresa. Gianluca Carfagna: «L'obiettivo? La creazione di enti giuridici che siano in grado di sviluppare e realizzare progetti culturali»
Cultura e Impresa. Questo è il tema del convegno
del prossimo 15 dicembre organizzato dal Teatro dei Cinquemila. Un convegno che, come è noto, chiuderà una serie di iniziative organizzate dalla giovane associazione: la maratona culturale "Novecento minuti", il questionario nelle scuole secondarie superiori (dal prossimo lunedì) e il Cd Rom multimediale sul mondo culturale della città, un viaggio condotto da Antonio Pennacchi e Sara Medves.
Cultura e impresa, dicevamo.
Scrive Gianluca Carfagna, uno degli organizzatori del Convegno: «La rilevanza che via via ha assunto la tematica dei beni culturali è dimostrata da un ampio processo di ripensamento che ha investito sia i principi fondamentali regolanti la materia disciplinata oggi dalla nuova legge di tutela - T.U. sui beni culturali n.490/99, e L. n.352/97 -, sia i criteri ed i modi concreti di gestione dei beni del patrimonio e del demanio pubblico.
Sul piano propriamente tecnico-giuridico tale fenomeno si evidenzia attraverso l’abbandono della tradizionale concezione dei beni pubblici come complesso patrimoniale escluso in via di principio da ogni interferenza economica.
In estrema sintesi, può dirsi che alla concezione statica dei beni pubblici quali cose da tutelare ed amministrare per l’uso tendenzialmente generale, libero, paritario, contestuale, gratuito e costituzionalmente protetto, va sovrapponendosi sempre più la natura di “risorsa”.
Il concetto che si fa sempre più strada è quello di “valorizzazione “ dei beni culturali attraverso una riqualificazione in termini di “beni di fruizione” e dal punto di vista della loro gestione quali merit goods, ovvero beni densi di vantaggi in termini di utilità collettiva.
Prendendo atto di ciò, a partire dagli anni novanta e sotto la pressione della crisi della finanza pubblica, si è affermato un nuovo indirizzo legislativo favorevole non solo alla gestione economico-produttiva dei beni immobiliari pubblici bensì anche alla loro alienazione.
In particolare si sottolineano le leggi “Bassanini”, la L. n.352/97, D.L. 490/99 e da ultimo il Regolamento per l’alienazione, il conferimento in concessione o l’utilizzazione mediante convenzione dei beni immobili del demanio storico-artistico dello Stato, delle Regioni, delle province e dei Comuni datato 2000.
Tra le soluzioni giuridiche atte a privatizzare la gestione del patrimonio culturale, ai fini di un miglioramento in termini di efficienza ed economicità, una delle vie percorribili può essere la ricerca di forme di associazione o di partnership pubblico-privato che consentano di contemperare al loro interno l’orientamento a fini collettivi della presenza pubblica e la collaborazione imprenditoriale e finanziaria della presenza privata.
Le formule organizzative possono essere le più varie: dallo strumento della società per azioni, agli accordi e convenzioni o affidamento in concessione.
Tra i modelli di gestione dei servizi culturali rientrano essenzialmente gli affidamenti di funzioni a soggetti privati profit ma anche, con le dovute differenziazioni giuridico-economiche, a soggetti del cd. privato sociale o non profit (volontariato, associazioni di vario tipo, fondazioni, cooperative sociali comitati).
Con l’affidamento in concessione, il privato (ci si riferisce in questo caso al privato profit) viene ad inserirsi nello svolgimento di attività di produzione di utilità collettive configurandosi come sostituto dell’ente o come associato ad esso per la gestione dell’attività, derivando un modello di gestione mista fondato su un rapporto di reciproca collaborazione
Vi sono, peraltro, anche altre forme sviluppatesi di recente, grazie anche all’affinamento della tecnica contrattualistica contemporanea, che consentono di instaurare proficui rapporti di collaborazione pubblico-privato attraverso la creazione di relazioni contrattuali tra le quali hanno assunto un ruolo trainante le figure accomunate nella nozione di project financing (finanza di progetto o progettazione finanziaria).
Il project financing è una strumento contrattuale frequentemente utilizzato, soprattutto nei paesi anglosassoni, per coniugare la realizzazione di opere di interesse pubblico alla relativa gestione, ed è, anzitutto, un moderno strumento di finanziamento delle opere pubbliche mediante l’apporto finanziario, tecnologico ed organizzativo dei privati.
La caratteristica fondamentale di tale formula negoziale risiede nel fatto che essa aggrega, attraverso una molteplicità di contratti, una pluralità di soggetti aventi differenziate competenze intorno alla realizzazione di un progetto, caratterizzato da un’autonomia funzionale ed operativa e tale da costituire un’attendibile base di rimborso e rendimento.
Tale formula è destinata a rientrare nel nostro ordinamento nella “cornice formale” della concessione di costruzione e gestione di cui alla L. n.109/93 come modificata dalla L.n.216/95, ma ne rappresenta un’evoluzione sostanziale in quanto al soggetto concessionario non è riconosciuto semplicemente il ruolo di prefinanziatore o di concorrente al finanziamento quanto quello di autentico promotore progettuale e finanziario dell’intervento, chiamato a ricavare l’utile non tanto dall’opera quanto dalla successiva gestione.
Il ricorso alla privatizzazione del finanziamento per la realizzazione di interventi di restauro e di recupero all’uso dei beni culturali, con modalità assimilabili al project financing, si è sviluppato velocemente negli ultimi anni con risultati di notevole interesse (Palazzo Ducale a Genova).
Altra figura da esaminare quale forma di convergenza tra pubblico e privato è la Fondazione di partecipazione.
Nel progetto proposto da un notaio milanese Enrico Bellezza al Salone del Lingotto a Torino in occasione di un convegno “Politica dei beni culturali e cultura d’impresa, progetto ripreso più volte dalla rivista “Impresa e cultura” edita dalla Associazione Industriali,si afferma testualmente “La Fondazione di partecipazione ha un patrimonio a struttura aperta, cui chiunque può partecipare ed è caratterizzato da una forte integrazione tra Pubblico e Privato. Nella Fondazione di partecipazione, infatti, possono essere presenti sia come Fondatori, Aderenti o Sostenitori, sia attraverso propri rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione o in un organo di vigilanza esterna, enti pubblici territoriali o di altra natura; imprese che apportano il proprio bagaglio di imprenditorialità e le risorse economiche necessarie; singoli cittadini che con l’erogazione di denaro o la donazione di beni materiali o infine con la prestazione di lavoro volontario intendano contribuire alla sopravvivenza della Fondazione ed al perseguimento dei suoi scopi”.
Un progetto destinato a praticarsi sempre più agevolmente è quello delle cosiddette convenzioni figlie, modellate cioè su quella madre di tutte le convenzioni, stipulata il 26/11/1997 tra Ministero per i beni culturali e ambientali e Confindustria ma anche vari protocolli di intesa tra Ministero e Regioni in Lombardia, nel Lazio , in Veneto ed in Toscana.
Venendo più concretamente ad analizzare i fenomeni descritti con riferimento alla nostra provincia, l’intento è quello di creare le condizioni affinché anche da noi sia possibile sviluppare la creazione di enti giuridici che siano in grado di sviluppare e realizzare progetti nel campo della valorizzazione e gestione dei beni culturali e della cultura in genere. Si parla sempre più spesso di impresa culturale proprio in riferimento alla costituzione di enti giuridico- economici tra pubblico e privato al fine anche di usufruire dei fondi che la UE fornisce: a tale riguardo punto di riferimento diventa il “Programma Cultura 2000”, che sostituisce i precedenti programmi Caleidoscopio, Arianna e Raffaello, che prevede nel periodo che va fino al 2004 lo stanziamento di 167 milioni di euro pari a 323 miliardi di lire per attività che riguardano nuove proposte e progetti su tutti i settori di attività artistica e culturale sia a livello nazionale che in cooperazione con altri Paesi.
Ma il campo dei rapporti tra impresa e cultura è denso di nuove realtà, basti una per tutte l’attività svolta dal “Premio Guggenheim", ma anche dall’associazione Mecenate 90».
Mauro Cascio
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