Parvapolis >> Cultura
Latina. In morte di un Eucalyptus. Pennacchi sull'Indipendente annuncia la commemorazione funebre. Contro Verdi ed architetti barbari
Mercoledì prossimo a Latina, alle 18.30, sulla pubblica via Emanuele Filiberto si terrà,
con orazione funebre del sottoscritto, la commemorazione di un eucalyptus. Lo hanno ammazzato
i nuovi barbari sabato scorso, nel pomeriggio. Era gigantesco - il più grande dell'Agro
Pontino - e per abbracciarne il tronco non bastavano due persone. Era ultrasettantenario -
la stessa età della città - e si ergeva per circa 30 metri. Avrebbe potuto arrivare
tranquillamente ai 150 se lo avessero lasciato campare insieme alla città, almeno fino ai
sei o sette secoli - più del cipresso - che gli sarebbero toccati al paese suo, l'Australia.
L'eucalyptus in Italia lo ha portato il fascio - prima non c'era - perché ideale per
ogni zona di bonifica: crescita rapida, grande assorbimento d'acqua, proprietà balsamiche
ed antizanzare. Ogni eucalyptus che si vede ancora adesso - dall'Alpi alla Sicilia,
dalla Puglia alla Sardegna - lo hanno messo loro, monumentum perenne della ruralizzazione
e, purtroppo, anche del fascismo. I verdi e gli ecologisti non lo possono vedere. Loro
tifano le essenze autoctone - il leccio, la quercia, il pino - e dicono che la bonifica
fu un ecocidio. Per questo non fanno una piega sullo sterminio operato negli anni in Agro
Pontino - pure e proprio dai fasci - ai danni degli eucalypti e delle fasce frangivento.
Farisei. Razzisti biologico-vegetali. Peggio dei leghisti.
Lui era rimasto tranquillo, insieme a sei o sette fratelli suoi, superstite d'una di queste
fasce, inglobato oramai nel pieno centro della città, all'ingresso stesso venendo da Roma.
Era ai margini di un'area - di fianco all'odierno McDonald, ex distributore Agip - rimasta
inedificata. Era il patriarca - il più grosso - di tutti gli eucalypti della bonifica,
ed era in perfetta salute, potente e vigoroso.
In India, quando un albero così comincia a avvicinarsi al secolo, la gente ci costruisce
attorno un muretto per le offerte, porta fiori e tributi, sente e riverisce quella forma
di vita come manifestazione del trascendente, propizia e da propiziarsi. C'è anche un opera
di Steinbeck, Al Dio sconosciuto, in cui il protagonista, ateo, si abbraccia all'albero
quando la vita lo prostra, quando vuole aiuto e comunicazione col cosmo. Croce dice che se
c'è scintilla divina in te non può non esserci anche in un albero. Per me in quell'eucalyptus
c'era, c'era il Genius Loci della bonifica e dell'Agro Pontino.
Lo hanno ammazzato sabato, insieme ai suoi fratelli, per poterci costruire un palazzo a
fianco. In realtà non dava fastidio - stava in margine, sulla strada, sul marciapiede - e
difatti l'architetto sostiene che dopo, all'esatto posto loro, verranno piantumati platani.
Gli piacciono di più. Per questo hanno ammazzato gli eucalypti alla faccia della storia, per
le culture degli assessorati al degrado urbano, dei prati inglesi, degli oleandri e delle
magnolie nane.
Volevo fare un esposto alla procura, contro l'architetto e il comune che gli ha dato i bolli,
contro la forestale per omissione e soprattutto contro i verdi per mendacio e ciarlataneria.
Ma poi ho pensato che è inutile - pure i giudici debbono avere visto quel che ho visto io -
forse ce l'hanno anche loro con gli eucalypti, forse sognano anch'essi una bella casa in
pontino-babilonese come si fanno da noi adesso: prima tirano giù gli eucalypti e poi piantano
le palme in terrazzo.
L'unica è una commemorazione funebre e chiedere mestamente al Dio sconosciuto di
accogliere quell'eucalyptus e maledire gli architetti barbari - fasci o non fasci -
e i verdi di Latina.
Antonio Pennacchi
|