Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Politica

Latina. Fini, tutti a casa. E senza passare dal via. Domenico Cambareri: «Di questo monopoli avevo già previsto tempo fa il finale...»

Le comunicazioni fatte diramare da Fini ieri sul nuovo gruppo del vertice del partito che lo supporterà a livello nazionale e regionale qui non c’entrano un fico secco. Risulta che sarà costituito da un piccolo numero di persone, diverse delle quali neppure conosco. Posso solo confermare l’esperienza e la perizia di Donato La Morte, forse unico dei sopravvissuti del precedente gruppo e della vecchia schiera di AN e del MSI. Ne conoscerò probabilmente solo qualcun altro. Nulla di più. Non mi è possibile quindi esprimere valutazione alcuna, per quanto queste novità mi interessino marginalmente, e per quanto con l’aria che tira e con la povertà di uomini capaci, aperti e sagaci che gira attorno ad AN a mio avviso c’è poco da sperare. Non importa se prima vendevano pomodori al mercato o biciclette o insalate russe belle e pronte. Importano solo le loro capacità ad iniziare da una grande probità morale e coerenza professionale nell’impegno assunto. D’altronde è anche vero, e questa è una mia basilare norma, che ai nuovi prescelti e ai nuovi venuti bisogna dare sempre la possibilità di farsi conoscere e di farsi mettere alla prova. Ma il tutto in tempi brevissimi, e oggi più che mai per Fini e i suoi nuovi uomini di fiducia. Non mi interessa neppure lo schiamazzo sulle parolette e sulle parolacce dette su Fini dai suoi più fidi e “sodali” amici, cosa che ha determinato le sue decisioni, traumatiche per tutti costoro, per la prima volta. Cosa che dimostra anche e innanzitutto la solitudine che sta vivendo Gianfranco Fini. Anche questa cosa non mi interessa e non mi tocca, perché se l’è cercata in tutti i modi e con tutti i mezzi. Mentre Gianfranco ha governato e sbrodolato per anni, altri come me hanno preferito una peggiore solitudine, quella che in altri contesti storici italiani ed europei è stata definita “l’emigrazione interna” e l’auto-esilio in Patria. Dopo decenni di vecchio regime, nel paradosso di doverlo prolungare proprio con l’avvento del centro-destra al potere. Altro che il Tradimento non esiste in politica, caro Gianfranco! Quello che qui mi preme sottolineare con chiarezza estrema è il reale significato di quanto è accaduto sia con le dichiarazioni di Fini sul voto sul referendum sia con le dichiarazioni di Fini nell’ambito dei lavori dell’assemblea nazionale di AN. In tutti i due i casi non ho voluto esprimere giudizio immediato né di valutazione a freddo. Ho aspettato. Per la prima volta, con quanto è accaduto e sta accadendo in questi giorni, per fortuna non troppo. Quanto Fini ha detto su come avrebbe votato recandosi alle urne, con un solo no sulla procreazione che chiamo a moduli biologici integrati e complementari, non è altro che l’espressione di un libero pensiero frutto di una libera scelta. Dove lo scandalo? Io ho votato con due no e non ho voluto scrivere alcunché nei tre mesi di pandemonio che ci hanno accompagnato. Inoltre, ha sottolineato che diritto-dovere del cittadino è di recarsi alle urne per adempiere al basilare compito del gioco democratico, che si basa appunto sul responso delle urne. Cosa giustissima, da me sempre sostenuta. Dove lo scandalo? Nel primo e nel secondo caso abbiamo a che fare con i più elementari diritti in una società liberale, democratica o democratico-liberale. Io non so se Fini abbia agito per motivi reconditi. Né gli posso leggere nell’animo. Mi meraviglia solo che queste cose le abbia dette soltanto allo scadere del tempo, o quasi. Ha voluto smarcarsi rispetto all’allineamento accentuato che sull’altro versante aveva operato Rutelli? Voleva dare dimostrazione all’opinione pubblica, per quanto si sapesse che una percentuale elevatissima di elettori avrebbe disertato le urne e che l’esito del referendum partiva già vulnerato, del suo grado di autonomia rispetto alle forti ingerenze della Chiesa? Ma poco tempo prima non si era inginocchiato e non aveva baciato l’anello tutto sorridente al papa, svilendo e tradendo il ruolo che rappresentava, cioé di ministro della Repubblica italiana e non di fedele o di un capo di partito clericale in visita personale? In riferimento alle dichiarazioni fatte da Fini all’assemblea nazionale di AN, che avevano suscitato ulteriore scalpore e aperto dissenso dei suoi amici e dei suoi attendenti, cosa c’era di scandaloso? Non aveva affermato altro che il suo è un partito laico, e che dialogare e saper dialogare con i cattolici non significava che il suo partito fosse un partito clericale. Nulla di più. Ma il bello e lo scandalo sta proprio qui, come nel caso delle sue dichiarazioni di voto sul referendum, come stiamo per vedere. I lettori di Parvapolis e quanti hanno avuto la ventura di leggere dei miei editoriali nel merito, non possono avere dimenticato cosa ho scritto in questi anni. Né lo può dimenticare Gianfranco Fini, ammesso che lo sappia, per quanto lo dovrebbe proprio sapere, assieme a Donato La Morte e, forse, Sottile. Così come Storace, Gasparri, Matteoli, Urso, Nania, Bono, Moffa. I lettori di Parvapolis, assieme alla testata, sono dunque i testimoni privilegiati che quanto alla fine affermato da Gianfranco Fini coincide con quanto pensato, detto e scritto da Nico Cambareri come solitario profeta nel deserto in tutti questi anni. La svolta di Fini, dopo le sue tante svolte, dunque che potrebbe e dovrebbe anche essere l’ultima è nata, sotto il segno di Cambareri. E di Parvapolis, quale palestra e strumento di libero pensiero e di libera divulgazione. Un vero primato nazionale. Non mi risulta che Fini mi abbia cercato. Non so neppure se le parole dette sono soltanto parole e che il cambiamento della collocazione politico-culturale e ideologica di Fini e di AN sia solo pura apparenza e interessato e momentaneo mascheramento. Ma cosa ho scritto su Fini e cosa ho condannato? Essenzialmente, che aveva ridotto Alleanza Nazionale in una conventicola di ultraclericali. Che aveva trasformato un partito dalle tradizioni e dall’eredità ghibelline in un partito papalino e filo-integralista. Che aveva dato spazio, ruolo, potere a infimi gruppetti di reazionari cattolici diventati onnipotenti. Non importa citare i nomi. Che aveva recepito e esaltato alcune delle pagine peggiori del ventennio, quelle con cui Mussolini aveva di fatto decretato lo svuotamento e la fine delle ambizioni novatrici dell’ideologia fascista, molto più gravi e corrive di conseguenze rispetto al patto con l’istituto monarchico e con l’aristocrazia. Il patto con la Chiesa cattolica che portò all’abolizione della libertà religiosa dei cittadini italiani. Per di più, in maniera sicuramente non richiesta dagli italiani e moralmente e politicamente meschina e incredibilmente non convincente, Fini aveva rinnegato un ventennio nel quale non era nato ma del quale era vissuto anche con atteggiamenti apologetici e demagogici che io, suo coetaneo, avevo avuto soltanto da giovane, quando come vero “combattente” rischiavo la vita. Non so cosa lui ha mai rischiato in quegli anni terribili, se non la brutta riuscita dell’imitazione dell’oratoria di Giorgio Almirante.In tutto questo, ho utilizzato contro di lui perfino termini sprezzanti, che non cambierei affatto neppure adesso. Termini necessari, indispensabili, fondati. Parlare di cose così importanti e richiamare anticaglie, a cosa serve? Forse a definire il personaggio. Non lo penso. Serve a dire a tutti, Gianfranco Fini compreso, che in termini storici e di coscienza mai nulla può essere azzerato. E’ un atto di onestà intellettuale, è un fatto di schiettezza d’animo e quindi di credibilità, è un habitus di cui i politicanti di oggi hanno immenso bisogno, nella caduta verticale dell’ethos civile che dimostrano di realizzare con i tuffi nell’abisso della mai morta “prima Repubblica”. E’ una prima lezione che Fini deve finalmente pur capire, nonostante gli anni ci scorrono nelle ossa e nei neuroni e ci invecchiano. Non serve essere vendicativi o finti smemorati. Serve poter tornare a guardare negli occhi qualsiasi persona in piena tranquillità d’animo. Come mai, dunque, e all’improvviso, Fini, afferma che il partito che rappresenta (a vita e senza un congresso dal 1994 e con poteri pieni assegnatigli all’origine con un carattere di transitorietà?: cose anche queste scritte) è un partito laico? Eppure, ancora rimane l’intolleranza e l’incompatibilità (anche se non di fatto) con la Massoneria. In questi giorni mi sento immensamente ricco per l’immensa vittoria su Gianfranco Fini. E’ proprio una vittoria storica, senza enfasi alcuna. Ne sono l’artefice e l’ideologo nascosto? Ma ho paura che essa possa essere un’ennesima vittoria di Pirro. Non tanto nell’eventualità che il capo di Alleanza Nazionale possa ancora cambiare idea intorno all’identità del suo soggetto politico, quanto perché, anche con questa vittoria, il problema rimane per me e noi italiani il solito, il primario: la qualità degli uomini che fa politica e di quella dei gabinetti e dei circoli di collaboratori di cui si circondano. Questi quattro anni insegnano massimamente e miseramente tantissimo. Insegnano anche come l’uomo che oggi si adegua alle mie idee è diventato già da tempo per me più che un avversario politico. Altro che le aberrazioni di un governo di destra che nei fatti è di sinistra, e che governa con uomini che non sono neppure ministri, come Adornato! Eppure, la porta rimane aperta, per chi dice di avere ripensato tutto. Ma rimane anche, incontenibile e immensa, la tristezza per come in questi anni tanti amici che conosco sono rimasti oltre i bordi della cittadella della politica, dispersi in prati lontani e anonimi. Fini, perché adesso non li cerchi? Sai che le possibilità, laicità nuova e vergine a parte, ti si restringono. Fallo almeno per istinto di sopravvivenza e per adempiere al voto della vera politica, di utilizzare al meglio gli uomini migliori per la società e la Nazione.

Domenico Cambareri


PocketPC visualization by Panservice