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Latina. Porte aperte alle carriere delle donne. Ma solo negli Stati Uniti. Su Obiettivo Lavoro la storia di Gabriella Spatolisano...

A Boston, dove vive ormai da undici anni, Gabriella Spatolisano, manager di origine italiana (la sua famiglia è di Latina), ha da poco comperato una splendida casa sulla prestigiosa collinetta di Beacon Hill, a pochi passi dalla dimora di JF Kerry, candidato democratico alle ultime elezioni per la presidenza degli Stati Uniti. La incontriamo nella sua abitazione per conoscere le difficoltà e le soddisfazioni di una donna che riesce a far carriera superando anche molti problemi connessi al vivere all’estero: di lingua, di inserimento, anche di "genere". Laureata in matematica, Gabriella Spatolisano, ha iniziato a lavorare come programmatrice di software in SOGEI, la società di informatica partner del Ministero dell’Economia e delle Finanze e quindi in Digital Equipment Corporation. E poi cosa è successo? "Dopo aver progredito nella programmazione - come racconta lei stessa - e soprattutto nelle tecniche di reti allora abbastanza nuove, mi sono resa conto che in Italia non si era all'avanguardia in queste tecnologie e che non avrei potuto facilmente conseguire nuove conoscenze e sperimentare nuove tecniche. Per me le scelte di carriera erano limitate: le alternative erano di rimanere a fare il consulente in tecnologie già mature o di entrare nelle vendite. La Digital era una società americana con sedi in molte parti del mondo, venendo a contatto con altri gruppi ho potuto constatare che in altre parti del mondo si lavorava su tecnologie più interessanti". E a Boston come ci è finita? "Dopo un anno in Francia sono stata promossa dirigente. Ho iniziato così la carriera manageriale sempre nell'ambito informatico. In quel momento, parlo di quindici anni fa, la carriera manageriale per le donne in Francia, come in Italia, non mi avrebbe portato lontano. Il mio manager era americano ed il mio gruppo aveva uno statuto speciale, dipendendo direttamente dalla casa madre americana piuttosto che dalla Digital Francia. Al di fuori di questo gruppo, per quello che ho potuto verificare, le possibilità per le donne di avanzare nella carriera dirigenziale erano limitate ad alcuni settori, come il Personale o le Vendite, e comunque solo fino a un certo livello. Come si dice, ho realizzato che esisteva un 'glass ceiling', non solo per la carriera ma anche per la retribuzione economica. Infatti, avendo a disposizione statistiche del Personale, ho notato la differenza di stipendi tra donne e uomini appartenenti allo stesso livello aziendale: le donne guadagnavano di meno. Ancora una volta, mi sono trovata di fronte alla decisione di restare al mio livello di piccolo manager di un piccolo gruppo o trasferirmi in Usa dove avrei potuto avanzare a livelli medio-alti. Il gruppo statunitense, dal quale dipendeva il gruppo francese, aveva un posto disponibile a Boston. Per la seconda volta mi sono trasferita con un contratto permanente". Un bel salto dunque. Di cosa si occupa ora? "Attualmente dirigo il reparto di Controlli di qualità del software alla Pioneer, un'azienda finanziaria del gruppo Unicredito. Le mie responsabilità sono di creare, implementare e verificare le procedure di controlli di qualità per tutto l'hardware e il software usato all'interno di Pioneer. Parte del mio lavoro è anche di dirigere il lavoro degli ingegneri del test, di aiutarli nella loro carriera, di assumerne di nuovi quando la direzione ritiene opportuno. Inoltre, il mio compito è anche di creare statistiche e risultati dettagliati sulla qualità del software e di comunicarli ai miei diretti superiori, il Vice Presidente del dipartimento di Informatica e il CTO (Chief of Technical Operation). L’American Society for Quality mi ha consegnato una certificazione di 'Quality Manager' per aver soddisfatto i requisiti stabiliti dalla Società per il successo professionale". Fare carriera è stato facile? "No. In generale, sia per uomini che per donne, avanzare nella carriera presenta tante sfide e ostacoli, soprattutto nel settore privato altamente competitivo e in particolare nel settore informatico che in questi ultimi 10 anni ha avuto un periodo di boom, con le numerose 'dotcom' che hanno creato ritmi vertiginosi. In particolare per me, una delle difficoltà è stata la presa d’atto che la conoscenza tecnica non è abbastanza, ma che la conoscenza della psicologia e delle dinamiche caratteriali è altrettanto importante per la carriera. Essendo donna, la tendenza ad essere conciliante, a cercare l'approvazione degli altri, ad attribuirsi facilmente le colpe quando qualcosa va male, spesso rappresenta una barriera interna più grande di quelle esterne. Recentemente ho partecipato ad un incontro dell’organizzazione WorldWIT.org (Women in Business and Technology), di cui faccio parte, e uno dei punti su cui molte donne di carriera si sono trovate d’accordo è stato proprio questo: sono le donne stesse, con queste barriere interne, ad essere artefici delle proprio sconfitte. Per le donne è sempre molto difficile raggiungere i traguardi più alti? "Non so se sono in grado di parlare a nome di tutte le donne, posso solo rapportare alla mia esperienza. Negli ultimi tempi c’è stato indubbiamente un passo avanti. Si vede dai numeri: ci sono più donne nel campo lavorativo, più donne nei livelli manageriali e cominciano ad esserci anche donne imprenditori. Anche a livello giuridico, le donne hanno più protezioni contro la discriminazione. Credo che una grande conquista, qui in Usa almeno, non so se esiste in Italia, è quella del 'paternity leave' che ha aiutato le coppie a gestire la nascita di un figlio senza chiedere alla donna di sacrificare la carriera. Il 'paternity leave' è praticamente la versione maschile dell’assenza per maternità: è un periodo di ferie pagate, in aggiunta alle ferie normali, per un padre alla nascita del figlio. Un altro aspetto positivo è il rispetto che le donne hanno conquistato con i risultati del loro lavoro. Una cosa è avere la legge che incoraggia le aziende a promuovere le donne, un altra è convincere gli uomini che le loro colleghe meritano la promozione. E credo che sempre più uomini abbiano questa convinzione perché hanno visto le donne in azione. Ho incontrato nella mia carriera alcune donne in alti vertici e ho visto l’ammirazione che suscitano sui colleghi così come sulle colleghe. È vero che ci sono ancora ostacoli, ma le donne hanno più armi per superarli. Il problema è che ci sono donne che non usano queste armi con tutta l’energia necessaria. La differenza che vedo tra l’Italia e l’America è che le donne italiane sono tenute indietro dalla falsa dicotomia tra successo-in-carriera/femminilità. Infatti vedono l’energia imprenditoriale delle donne americane come aggressività e perciò mancanza di femminilità. Secondo me questo è un freno. Un altro esempio di come qualcosa sia cambiato è la recente polemica suscitata a Boston dal presidente dell’Università di Harvard nel dichiarare, in un’occasione pubblica, che è l’innata incapacità femminile nel campo scientifico a spiegare la scarsità di donne nella scienza. Immediatamente dopo questa dichiarazione, si è scatenata una ondata di disapprovazione nella comunità bostoniana e non solo quella scientifica, tanto da spingere il presidente a chiedere scusa se non voleva perdere il posto. Come risposta, il Museo della Scienza ha organizzato un giorno di apertura gratis per tutte le donne di tutte le età.

Mariassunta D'Alessio


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