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Sperlonga. Libri da scoprire. Lidano Grassucci: «Stiamo perdendo identità, siamo ormai diventati uomini-massa». L'importanza dei dialetti
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Lidano Grassucci, giornalista, è direttore del
quotidiano Il Territorio, editore e scrittore.
«Tutte ste cose per uno che non ha mai lavorato come me mi paiono eccessive».
C'è un libro di Goldoni, riferito al mestiere del giornalista, che si intitola
"Sempre meglio che lavorare"... «Sì, l'ha ripresa da Luigi Barzini però».
Oggi pomeriggio alla Fiera del Libro di Sperlonga viene presentato il tuo libro
"Lepinia. Storia di 'mpuniti e butteri, santi e papi". Un libro particolare,
a cominciare dalla copertina... «È una foto rara di uno dei primi scioperi di
Roccagorga. Uno "sciopero alla rovescia" in cui le persone che avevano difficoltà
a trovare un lavoro, si ingegnavano a inventarsene uno, nella speranza di vedersi
riconosciuti dallo Stato. La foto è rara perché erano dei ribelli e quindi non si
facevano fotografare facilmente perché c'era poi il rischio di essere
scoperti dai carabinieri. Una foto di lotta per raccontare l'altra parte della
nostra provincia che non sta solo nei 20 anni di regime. Ecco, noi
con spirito goliardico, abbiamo preso spunto da chi, sentendo parlare i dialetti
dei Lepini. Noi siamo autoctoni e sentirci estranei a casa nostra un po' ci fa rodere».
La globalizzazione può incidere nel dialetti?
«Stiamo perdendo identità, ci stiamo trasformando in uomini-massa. Quello che
è capitato con i dialetti sta capitando adesso con l'Italiano che è sempre più
una lingua marginale. La difesa della propria cultura e della propria riconoscibilità
è fondamentale. Noi abbiamo dato i natali a Leone XIII. La prima crociata parte
da Terracina. Ma non siamo ostili agli innesti. Anzi. Nella nostra lingua noi
abbiamo influenze anche spagnole (l'accesso si dice vado, la doppia l si legge gli),
francese (la rana la chiamiamo granunchio). Io sono nato a Sezze e mia nonna era
setina doc. Ma l'altra metà del mio sangue è veneta. Abbiamo dato vita ad un innesto
originalissimo e riscoprire le lingue che ci stanno negando».
Maria Corsetti
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