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Droghe. L'opinione di Fabrizio Cirilli

Il consigliere regionale Fabrizio Cirilli, presidente della Commissione Sicurezza, criminalità ed integrazione sociale della Regione Lazio, vuole dare il proprio contributo alla discussione che si è accesa dopo le recenti dichiarazioni del ministro della Sanità Umberto Veronesi. Quello che riportiamo sono delle anticipazioni che Cirilli ha concesso a ParvapoliS, oggi in edicola il quotidiano «Il Tempo» pubblica una sua completa intervista sull’argomento. «Personalmente – spiega Cirilli - non mi ritengo né bigotto, né conservatore, né chiuso nei riguardi del progresso e del futuro, né pauroso del cambiamento. Tutta la mia vita e le esperienze vissute (sia quella negativa della tossicodipendenza che quelle gratificanti come quelle legate al mio impegno per affermare un concetto di politica concreto e sociale) ne sono una testimonianza. Lo squallore e la demagogia con cui in questi ultimi si getta confusione su questa tragedia del mondo giovanile, mi spingono quasi a pensare che non vale nemmeno più la pena di ribadire ciò che non si vuole ascoltare. Non posso tacere nello scoprire che dopo quattro anni di antiproibizionismo camuffato, oggi si stia tentando addirittura di spiegare la drammatica situazione attuale come un fallimento delle leggi proibizioniste. In quest’ultimo decennio, al riguardo, è successo di tutto e di più: si è passati dall’uso della morfina all’uso controllato a scalare del metadone, ad un abuso al mantenimento di esso, ad un ritorno a metodi mirati farmacologici, e altro, come se ci si trovasse di fronte non a soggetti, giovani, uomini e donne, ma ad oggetti di sperimentazione. Il tutto, motivato con tematiche che dimostrano solo superficialità di analisi, nella migliore delle ipotesi, e mi riferisco in particolare alla favola secondo la quale “legalizzare significa eliminare il traffico degli stupefacenti, i guadagni della mafia, l’abuso di queste sostanze fra i giovani”. Né mi pare sorretto da un nesso logico il discorso di “svuotare le carceri”. Chi afferma questo, dimentica che il vero carcere, per un tossico, è la sostanza da cui dipende e che per “tirarlo fuori” da “quella” galera, basta dare spazio concreto a situazioni di affidamento a strutture alternative. I fatti sono sotto gli occhi di tutti e l’avvento delle cosiddette nuove droghe ne è una amara conferma. Ciò che sta avvenendo di fatto disincentiva il recupero in quanto il concetto di “ritenere uscito dall’eroina colui che usa il metadone” (e domani eroina controllata) e lavora, determina confusione e dà alibi a chi come il tossicomane di confusione ne ha già tanta. Comunque si continua a morire e si impediscono inoltre concretamente azioni serie di prevenzione viste come una battaglia culturale contro lo sballo. Mi auguro che si riporti la discussione ad un tavolo di confronto fra persone competenti, scevre da condizionamenti ideologici. Sono grato al capo del governo per le posizioni assunte che mi auguro siano veramente sentite e non conseguenza di opportunità pre-elettorali. Invito il ministro della sanità a riflettere seriamente sulle sue esternazioni e ad approfondire la questione soprattutto in considerazione del delicatissimo ruolo che riveste in quanto ministro della Sanità».

A. B.


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