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Latina. Paese a rischio. Antonio Pennacchi sull'Indipendente: «Ma quali primarie, quale
neoguelfismo. Qui il problema serio è il calcio...»
Pare che mo’ si sia proprio stufato: “Basta! Ma chi me lo fa fare a me? Non mi candido più, anzi mo’ mi dimetto subito”. Dice: “Ma chi, Berlusconi?” No, Galliani. E che è sta storia di giocare sotto l’acqua? Si gioca solo se è sicuro che vinco io. Tanto oramai il calcio è passato a Mediaset, che ci sto più a fare in Lega, a perdere tempo?
Dice: “Vabbe’, ma a pallone s’è sempre giocato pure sotto l’acqua. Sia che piove o che fa vento, tu alle tre del pomeriggio della domenica ti presenti in campo e giochi, chi c’è c’è e come va va, la palla è rotonda”. Ma quale rotonda, questi la palla la vogliono quadrata, si deve sapere tutto chiaro dall’inizio, non gli bastano gli arbitri: “Io ciò i giocatori che costano”. E allora non giochiamo per niente, tu al fischio d’inizio confronti i budget e stop, chi cià i giocatori migliori si piglia i tre punti e via, altro che perdere tempo a giocare.
Dice: “E l’elemento misterico del rito e mito del calcio?”. Ma quale mysterium, a questi gli interessano i soldi, le royalties televisive. Poi dice perché i tifosi di Torino fanno la rivoluzione e assediano gli hotel. Ma come gli può saltare in testa a uno di Frosinone di andarsi a comprare il Toro? Comprati il Latina. Dice: “Ma è uno spettacolo oramai, business, affari”. Ah, sì? E mo’ beccati i tifosi. Come quelli di Genova magari. Dice: “Eh no, lì Preziosi s’è comprato la partita”. Sì, ma lui s’è solo dovuto ricomprare una partita che altri s’erano venduta. Hai fatto la lepre tutto l’anno e alla fine ti fai ripigliare? Al calcioscommesse ti fai ripigliare. Tu però fammi vedere pure le intercettazioni di Moggi e Galliani, no solo Preziosi, Conforte e Ricucci.
La realtà è che il problema vero del Paese non è il centrismo, il bipolarismo imperfetto, le primarie, la lega, le leadership. Queste sono tutte cazzate che prima o poi si risolvono e – se non si risolvono – non succede ugualmente un cazzo, continuiamo a andare avanti come abbiamo sempre fatto. Non è che trent’anni fa fosse molto meglio. Io ho cinquantacinque anni ma non me lo ricordo mica un periodo solo – sia pure breve: un anno, un mese, quindici giorni – in cui la situazione politica in Italia sia stata chiara ed eccellente, cristallina senza un’ombra di dubbio. È sempre stato un casino uguale.
La crisi economica poi non si discute, ma non è cominciata ieri, esattamente come “la credibilità delle istituzioni finanziarie”. Io quella credibilità non ce l’ho mai avuta e anche prima della recessione m’avete sempre fatto un culo così, non ho mai goduto, avrà goduto Tronchetti Provera. M’auguro naturalmente che si superi ma so già che, una volta superata la crisi, il cetriolo tornerà sempre nello stesso posto. E’ un boomerang, non si sbaglia mai.
Anche le questioni del neoguelfismo, non dico di no, sono cruciali, ma lo sono più per il Papa che per me – adesso – a rispondere d’ogni gesto e parola a Pera e Ferrara. Quelli lo scomunicano. Altro che Nicea.
No, la crisi vera dell’Italia è il calcio. Tutto il resto sta nella normalità o, almeno, nella nostra anormalità, nella storia di un Paese che si è sentito una nazione solo sotto quei vent’anni di fascismo. Tu pensa un po’. Poi è stato solo il calcio a funzionare da cementante della comunità nazionale in questi ultimi sessant’anni. Per il resto siamo sempre stati ferocemete divisi. È il calcio l’unico mito/rito unificante e condiviso. Ma tu adesso – con moviole, spalmamenti, posticipi, anticipi, business – lo hai fatto saltare per aria. Altro che terrorismo, è questa la questione. Adesso, senza mysterium calcio, chi ci tiene uniti?
Antonio Pennacchi
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