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Latina. Scuola pubblica e confessionalismo islamico (e non solo). Non vogliamo essere apocalittici, né integrati... Meglio essere previdenti

Era ora che il il Governo intervenisse contro le scuole islamiche fiorite nel nostro Paese al di fuori di ogni legalità. Secondo il Censis le madrase in Italia sarebbero ben 611. Vi insegnano docenti improvvisati, il cui unico scopo sembrerebbe essere quello d’indottrinare i ragazzi alla fede coranica e all’odio occidentale. I fanciulli, cresciuti nel fanatismo jihadista, dovrebbero auspicare la «morte che sconfigge i piaceri terreni», (cfr Magdi Allam, in Corriere della sera, 30 agosto 2005). Un integralismo islamico, dunque, che, quando non sfocia nel terrorismo, rifiuta quanto meno le regole democratiche, e che per allevare i propri figli nell’odio occidentale ha bisogno di segregarli in aree ideologico-confessionali non “contaminate” dallo spirito libertario e democratico che caratterizza la Scuola Statale Italiana. Tuttavia, in Italia, dopo questa prima fase, dove da circa dieci anni si provvede con un’educazione fai da te, tollerata ma non riconosciuta dallo Stato; dopo che si è tentato di ottenere nella Scuola Pubblica classi di soli islamici (si pensi al caso del liceo Agnesi, verificatosi lo scorso anno), si cercherà da parte del mondo islamico di venire in qualche modo a patti con le leggi, magari per trarne vantaggi economici ed ideologi. Rispetto alla questione dell’istruzione dei ragazzi musulmani, allora, si pretenderà che anche le scuole islamiche siano riconosciute dallo Stato. Come del resto stava accadendo per la struttura di Via Quaranta a Milano prima che scoppiasse il caso. Così non solo saranno legalizzate, ma potranno anche usufruire del denaro dei cittadini italiani, come accade per le altre scuole private in base al sistema paritario integrato, introdotto quando Ministro dell’Istruzione era Luigi Berlinguer. In un futuro assai prossimo, allora, come accade già per le scuole cattoliche (tale è la maggioranza delle scuole private in Italia), anche quelle islamiche potranno rivendicare il “diritto” di educare al proprio modello moral-religioso in istituti da loro gestiti. Ma c’è dell’altro! Anche l’islamismo potrà porre una propria ipoteca sulla Scuola Statale, sfruttando a proprio vantaggio gli inquietanti principi etici che animano la Riforma Moratti, che nell’auspicare una “scuola d’identità”, non può non attribuire alle famiglie e alle realtà locali un ruolo importante: In particolare, i genitori, e più in generale la famiglia, a cui competono in modo primario e originario le responsabilità, anche per quanto concerne l’educazione all’affettività e alla sessualità (secondo il patrimonio dei propri valori umani e spirituali), devono essere coinvolti nella programmazione e nella verifica dei progetti educativi e didattici posti in essere dalla scuola (decreto legislativo n° 59, 19 feb. 2004). Nell’idea della Moratti si sperava forse di rafforzare il mondo cattolico e tutta la rete familista di Parrocchie ed Oratori! Ma, se le voci di protesta dei laici sono rimaste sempre inascoltate di fronte alle (contro)Riforme scolastiche degli ultimi anni (autonomia, sistema paritario, legge delega), adesso le uova nel paniere saranno rotte dal mondo musulmano, che pretenderà di accedere all’istruzione vincolando la formazione dei ragazzi alla reiterazione della comunità di appartenenza, facendo prevalere l’etnia d’origine e i suoi coattivi codici morali. E per giunta con i soldi di tutti gli italiani. Ecco allora, che ci potrebbe essere la richiesta di eliminare dai programmi di studio tutti gli autori non allineati al “pensiero” famigliarmente e territorialmente dominante. Ma anche quella di allontanare “per incompatibilità ambientale” i docenti che si prendono faticosamente la briga di insegnare la libertà di coscienza e di pensiero. Ci potrà essere l'obbligatorietà, sempre per salvaguardare “la primaria identità”, di recitare preghiere, o di indossare il chador…. Ma si potrebbe anche chiedere, secondo il patrimonio dei propri valori umani e spirituali, … anche per quanto concerne l’educazione all’affettività e alla sessualità, un servizio medico che insieme alle vaccinazioni, pratichi le escissioni agli organi sessuali delle bambine. Non vogliamo essere apocalittici, né integrati”! Meglio essere previdenti! Allora, per garantire la libertà di ogni uomo e di ogni donna dalle costrizioni etnico-culturali, di qualunque provenienza, non c’è altra strada che quella di rafforzare la laicità dello Stato a partire proprio dalla scuola. Perché compito della scuola di uno stato democratico è insegnare che prima della persona, maschera modello cui adeguarsi, c’è l’individuo che non è predeterminato e che ha il diritto dovere di svilupparsi autonomamente e responsabilmente. E questo è tanto più cogente oggi in presenza di nostalgie e rigurgiti dogmatici che vorrebbero limitare le libertà individuali in nome di precettistiche morali rigurgiti dogmatici che vorrebbero limitare le libertà individuali in nome di precettistiche morali uniche e totalitarie. Compito della scuola, allora, è quello d’insegnare che ogni singolo fanciullo è sacro, non per i suoi legami identitari, ma per tutte le potenzialità che potrà sviluppare, anche liberandosi dalle imposizioni di una famiglia-clan, che lo vorrebbe esentare dall'incomodo del libero pensiero, del confronto e del dialogo, e che per questo lo vuole a propria immagine e somiglianza, con la inevitabile conseguenza di educarlo a “fare guerra” a quanti non sono a lui identici. Questo processo oscurantista può essere arginato e bloccato, non rendendo la scuola il contenitore passivo di tutte le religioni, come alcuni vorrebbero. Nè tanto meno contrapponendo una mitica universale identità della Croce, come altri predicano. Ma rafforzando lo spirito critico, la libertà di pensiero. E questo può avvenire (ed avviene) solo nella Scuola Statale. L’unica che - Riforma Moratti permettendo - può essere libera e laica, ovvero realmente democratica: per sua istituzione sede di pluralismo e di coscienza critica, quindi necessariamente antifideistica e antidogmatica.

Maria Mantello


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