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Latina. La Tolleranza è ipocrisia, parola di Ratzinger. Il capo dei cattolici scopre le carte: credenze religiose incompatibili con la democrazia?

Parole inequivocabili quelle pronunciate da Benedetto XVI il 2 ottobre nell’omelia con cui ha aperto il sinodo dei vescovi dedicato all’Eucarestia. “Dio non può essere bandito dalla vita pubblica: la tolleranza che ammette dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della nostra vita, è ipocrisia”. Le elezioni si avvicinano e il papa più che ai vescovi si rivolge ai politici per chiedere più spazi per la Chiesa nella vita pubblica, attraverso l’emanazione di leggi che identifichino il cittadino col credente. La Chiesa vuole dettare le proprie norme e pretende che lo Stato le promulghi. E’ l’antico sogno dell’universalismo cattolico, mai dimesso. E che ritorna. Non la Costituzione laica, dunque, a garanzia delle reciproche libertà individuali, ma il catechismo cattolico a garanzia di individui eterodiretti dalla Chiesa. All’autonomia dell’etica, infatti, Ratzinger, in conformità con tutta la dogmatica dottrina ecclesiastica, continua a contrapporre anime replicanti per il successo del provvidenziale disegno escatologico. “Laddove l’uomo si fa unico padrone del mondo e proprietario di se stesso- ha detto sempre il papa- non esiste giustizia, ma solo l’arbitrio del potere e degli interessi”. Ma dove una Chiesa si fa proprietaria del mondo ponendo il suo arbitrio (trasformato in verità assoluta) a criterio univoco ed eterno d’interpretazione di ciò che è bene e ciò che è male -quindi della Giustizia-  non si crea un unico potere teocratico che salvaguarda il proprio interesse politico ed economico? 

Maria Mantello


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