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Latina. Pansa o non Pansa. Paolo Iannuccelli su Il Territorio: «Il giornalista e intellettuale di sinistra che piace alla destra qualunquista»
Giampaolo Pansa fu uno dei primi ad attaccare Otello Montanari, nel 1990, per il suo revisionismo. Il giornalista che odiava Bettino Craxi ed ora piace alla destra qualunquista prese una posizione critica nei confronti di colui che da deputato e autorevole esponente del Pci reggiano, disse: “Portiamo alla luce quello che è avvenuto nel dopoguerra, riabilitiamo Germano Nicolini che non ha mai ucciso don Pessina, cerchiamo la verità su tanti episodi oscuri”. Da Pansa giunsero parole critiche verso la posizione di Montanari, attento a non urtare il cuore dei partigiani ma onesto intellettualmente a dire: “Apriamo certi archivi”. Il libro di Giampaolo Pansa , bestseller in libreria, non ha offerto nulla di nuovo.
Si è trattato di una flebile ricerca storica, priva di un fondato e serio approfondimento su quanto accaduto nel cosiddetto . Qualcosa di insensato, provocatorio e, soprattutto, poco sereno. Chi scrive ricorda benissimo Germano Nicolini, , sindaco cattolico iscritto al Pci nella rossa Correggio. Fu incarcerato ingiustamente per 11 anni, con il contributo del vescovo Beniamino Socche, del capitano Vesce ed il silenzio assordante dei compagni di partito. Lui non aveva mai ucciso don Pessina, il parroco di San Martino piccolo, nel 1946. Chi come noi ha gridato e cantato da bambino davanti alle carceri: conosce sicuramente meglio le cose del presuntuoso Pansa che ha screditato la lotta partigiana, confondendo con ignoranza morti verificatesi per motivi e vendette personali, per beghe di famiglia, con altre a carattere politico e di vendetta. Perché il giornalista non ha parlato delle torture che subivano i partigiani nella villa ai viali di Reggio Emilia? E i sette fratelli Cervi, che fine hanno fatto? Sono stati dimenticati? Berlusconi, il presidente del consiglio, nemmeno li conosceva, non sapeva di un episodio così atroce. Qualche hanno fa il presidente disse a un collaboratore: “Spedite un telegramma di condoglianze al papà”, suscitando l’ilarità generale dei reggiani. Pansa dimentica i morti del 7 luglio del 1960, a Reggio Emilia, uccisi dal piombo di Tambroni solo perché manifestavano liberamente in piazza e chiedevano giustizia sociale e libertà. Occorre avere equilibrio nelle cose e vederle nell’ottica giusta, sopra le parti. Meglio il lavoro di ricerca fatto dal senatore Giorgio Pisanò, per i tipi di Mursia, che documentò certi fatti orrendi - non lo negheremo mai - con documenti fotografici. A Campagnola, mentre stavamo giocando, trovammo delle ossa umane e un teschio. Dei contadini dissero: “Saranno di soldati tedeschi”. Ma noi già sapevamo che erano il frutto di una vendetta politica, ben 45 anni fa. Giampaolo Pansa arriva con un ritardo enorme, portando nulla di nuovo nel dibattito su quel travagliato periodo. La Storia - usiamo volutamente la maiuscola - non è un fenomeno da baraccone. Chi, come noi, ha vissuto intensamente da vicino quel periodo, si meraviglia di certe prese di posizione unilaterali. Pietà per i tanti innocenti uccisi senza colpe dai più esagitati comunisti, ma onore ai partigiani, vento di libertà, onore alla Resistenza.
Paolo Iannuccelli
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