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Latina. La neonata Fondazione. Luca Barbareschi: «Bonifichiamo la città dagli artisti locali. La vera cultura non è mai stata democratica»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Luca Barbareschi, direttore della neonata Fondazione Palazzo della Cultura. Sabato inizia la stagione di prosa... «Mi piaceva partire con qualcosa di internazionale. È un bell'esempio di integrazione tra artisti italiani e stranieri. Poi nel cartellone ho tentato di mantenere un buon livello. Questo tipo di lavoro richiede un enorme staff e spero di avere presto delle risorse reali e poter lavorare con collaboratori stretti, per avere esperti di comunicazione, un sito internet funzionale e competitivi. In tutte le grandi aziende ci si preoccupa di restare in contatto con il pubblico. Nel mondo della cultura si tende a portare il potere all'interno solo per boicottare. Io con tutte le mie forze sto tentando di sradicare alcune concezioni sbagliate. Io voglio proibire, voglio impedire che questo spazio venga usato da cani e porci, perché questo è quello che è avvenuto fino ad adesso. Il pubblico adesso va lentamente riabituato alla qualità. Perché se non si dà la qualità il pubblico si disaffeziona. Quando mi chiedono perché il teatro e il cinema in Italia sono andati male negli ultimi anni, io dico che la colpa è nostra. Perché noi siamo responsabili dei nostri prodotti. E quando sbagli devi sapere perché. Il sindaco mi dice: coinvolgeremo tizio, coinvolgeremo caio. E io cosa gli ho detto? Mi dispiace, non li prenderò. Il sindaco ogni volta soffre per queste cose, poverino. Ma io non voglio demagogia. Non voglio fare discorsi del tipo: "Faremo la Fondazione e poi gli artisti di Latina, col piffero magico, verranno qui". Perché bisogna vedere quanti artisti teatrali ci sono, se sono davvero bravi, se sono davvero preparati, se hanno bisogno ancora di disgrezzarsi. Bisogna essere realisti. Perché se poi un nostro prodotto va fuori, bisogna confrontarsi col mercato che è fuori. Io non posso mettere il cartello: "Siccome che sono artisti di Latina, vi prego: chiudete un occhio". E questo vale per Parma, per Imperia. Io insisto sempre che l'arte è antidemocratica. Tante volte gli artisti sono insopportabili e hanno talento, altri sono dolcissimi ma non hanno avuto successo». Se la produzione artistica è antidemocratica la fruizione culturale può esserlo? «La cultura la crei riorganizzando uno spazio come questo. Ora non sarò certo io a bonificare l'agro pontino culturalmente. Mussolini ha sradicato la malaria, io cerco di dare il mio piccolo contributo, la mia piccola goccia. Io penso che, trovate le risorse, bisogna creare una compagnia fissa e creare prodotti che piacciano e provare a confrontarsi col mercato. Lo spettacolo ha dei costi. Quando io propongo Amadeus" spendo un miliardo e tre del vecchio conio per produrlo, poi devo girare per tre anni le piazze europee per rifarmi di quei soldi. Ma Polanski non lo posso portare qui adesso. Il velleitarismo non paga mai. Giusto qualche politico, che a colpi di demagogia si inventa il valore cultura. Zaccheo è una persona molto onesta. Ogni tanto ci rovesciamo i tavoli addosso. Ma lui è una persona intelligente. Altri meno».

Andrea Apruzzese

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