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Latina. Laicità, come non abusare del termine. In malafede si ignora la storia del laicismo europeo e si dice laico chi non è un prete cattolico...
Laico sta diventando un termine senza significato alcuno. O meglio, un significato lo avrebbe pure, solo si facesse
riferimento alla storia che c'è dietro, almeno dal deismo, passando per la genesi del pensiero liberale, per
l'illuminismo, fino ai risorgimenti nazionali. Cioè per quel grande movimento di pensiero che voleva affrancare,
coi lumi della ragione, lo spirito umano dalle credenze e dalle condizionalità della chiesa cattolica.
La pubblicistica cattolica e i suoi eroi più rappresentativi tendono a far confusione. Così
ti introducono un inesistente distinguo tra laico e laicista, dove laico è un cattolico non
prete, un normalissimo "fedele" e laicista è un uomo brutto, sporco e cattivo, un anticlericale
ottocentesco come se anticlericale fosse una parolaccia e l'ottocento fosse il medioevo.
Nella CdL c'è poca attenzione per i temi autenticamente laici.
Ma all'ombra dell'Ulivo Pannella e Capezzone rischiano la marginalità, sostengono i Riformatori Liberali.
Se non fosse per quella promessa di Marco Pannella - «saremo i giapponesi di Prodi» - non
si capirebbe l’ostinazione dei radicali italiani nel resistere alla dura vita nella giungla
del centrosinistra. Dove le mani tese sono l’eccezione a sconfessioni e ostilità sempre
maggiori. Da Prodi che parla di imbarazzo per la manifestazione Pro Pacs di Roma (Pannella,
il giapponese, ha detto anche di apprezzare la franchezza), al gelo polare per la nobile
battaglia sull’amnistia "bocciata con più forza da Ds e Margherita" l’impressione
è che intorno alla rosa nel pugno non vi sia, per usare un eufemismo, molta disponibilità.
Peraltro, solo ieri, Clemente Mastella minacciava che se ai tavoli delle trattative ci sarà
Marco Pannella lui non si presenterà nemmeno. E sarà pur vero che ai tavoli delle trattative
- come ogni volta ricorda Massimo Bordin dai microfoni di Radio Radicale - Mastella manda
sempre un altro, ma qualcuno nel centrosinistra potrebbe preoccuparsi qualora il
segretario dell’Udeur prendesse cappello. Anche il generale disinteresse con cui a sinistra
si segue la vicenda delle firme che la Rosa nel pugno deve raccogliere da qui alle elezioni
per presentare le proprie liste è abbastanza significativa del punto a cui è la notte per i
radicali. Marco Taradash, interpellato dall’Indipendente, tenta un’analisi della condizione
radicale nel centrosinistra, senza nascondere le difficoltà e i disagi che stanno incontrando
anche quei radicali che hanno scelto la Casa delle libertà come strumento per innervare
l’iniziativa politica liberale e riformista. «A sinistra», dice Taradash, «si vede chiaramente
che al momento c’è uno scontro generalizzato. E la Rosa nel pugno è all’interno di questo
scontro in mezzo al quale non so francamente come si possa so francamente come si possa
riuscire a trovare un punto d’accordo politico. Tra l’altro », continua Taradash, «l’ultima
sortita di Prodi - la lista autonoma - complica ulteriormente le cose. Perché si tratta
della richiesta dello scettro del comando rivolta a Ds e Margherita». Insomma, secondo
Taradash la piccola nave radicale naviga con fatica tra queste tempeste. «Del resto»,
continua l’esponente dei Riformatori Liberali, «abbiamo visto sull’amnistia come sia andata
a finire: in quella occasione sono stati Ds e Margherita a sconfiggere Pannella mentre
con i voti di Forza Italia e dell’Udc quella proposta sarebbe passata. Tra l’altro »,
aggiunge Taradash, «finora i radicali hanno agitato i temi di maggior compatibilità con
il centrosinistra. Figuriamoci quando cominceranno a parlare di economia o politica
internazionale. Dell’agenda Gavazzi accanto a Diliberto o di esportazione della democrazia
al tavolo con Bertinotti. Allora si che ci sarebbe una deflagrazione con schegge da
tutte le parti». Ma se Atene piange Sparta non ride. «Anche per noi esistono difficoltà
politiche oggettive» spiega Taradash, «con l’aggravante che noi abbiamo scelto di stare
da radicali col centrodestra senza il partito radicale alle spalle, cercando semplicemente
di affermare politiche liberali secondo il metodo radicale. Va detto però», specifica
Taradash, «che tra noi e il centrodestra esistono delle sintonie molto forti sui principi
della politica internazionale, economica e del diritto. E mi pare che al contrario di
quanto capita ai nostri amici nel centrosinistra, qui l’intesa avvenga sui fattori dirimenti».
Un esempio concreto?«La legge Pecorella che è stata approvata l’altro giorno» risponde
Taradash «che abolisce l’appello dopo la sentenza di proscioglimento. Si tratta di una
legge fondamentale per la costruzione dello Stato di diritto in Italia e che finalmente
attua concretamente il rito accusatorio. In parlamento invece abbiamo visto il
centrosinistra opporsi a
questa legge con uno schieramento unanime e feroce. E fuori del Parlamento
abbiamo visto al lavoro lo schieramento unanime e feroce di tutta la magistratura
organizzata. Mi viene da pensare alla difficoltà di Pannella e Capezzone di parlare
di giustizia e di civiltà liberale con questa sinistra. Ma poi penso anche che
la legge Pecorella dovrebbe essere una bandiera della battaglia politica del
centrodestra. Perché fa la differenza sui temi della giustizia tra questo schieramento
e una sinistra illiberale ». E invece? «E invece», lamenta Taradash, «non avviene,
perché il centrodestra non valorizza quella parte di elettorato laico e liberale
che in parte rappresentiamo. Che se da una parte non ha nessuna intenzione di fare
con Marco Pannella il giapponese di Prodi dall’altra ha bisogno di vedere sul
versante del centrodestra segnali più chiari e più forti. Mi auguro capiti presto».
Finora non è capitato. E i liberali riformatori lamentano un silenzio mediatico nei
loro confronti che un po’ effettivamente preoccupa».
Forte le prese di posizione di Della Vedova e i suoi contro la chiesa cattolica
e le indebiti ingerenze di superstizioni e credenze religiose
anche nella morale della maggior parte degli italiani che cattolici non sono.
E sui Pacs:
«Ci spiace per Prodi che si "amareggia", ma è tempo che il Parlamento italiano legiferi
sul riconoscimento delle "unioni di fatto"; prima di tutto di quelle omosessuali».
Infine sul fronte antisindacale:
«Ci aspettiamo da Epifani, Angeletti e Pezzotta una condanna rigorosa dei blocchi
stradali effettuati dai metalmeccanici. Non è tollerabile oltre che una vertenza
contrattuale finisca per divenire una questione di ordine pubblico, anche perché,
se questi episodi non venissero condannati e impediti dalle forze dell’ordine, il
rischio è di assistere ad una pericolosa escalation di illegalità».
Mauro Cascio
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