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Latina. Il ricordo e la nostalgia. Ferdinando Parisella ricorda Romano Mussolini: «Mi parlava di suo padre. Ed io ero teso dall'emozione...»
Romano Mussolini e l'Irish pub Doolin, un rapporto iniziato circa sei anni
fa. La prima volta che venne, mi confessò di non aver mai suonato in un pub.
La curiosità lo aveva spinto a venire. pensate che aveva già 73 anni ed
aveva suonato tutta la vita ed in giro per il mondo. E con tutti i grandi
del jazz. ma la curiosità, la novità di suonare davanti ad un pubblico per
lui sconosciuto, lo stimolava. E dopo, a tarda ora, mi disse che sarebbe
tornato. E per altre quattro volte tornò al Doolin. Una persona gentile,
misurata, che non ha mai fatto pesare di essere il figlio del duce. Certo ne
abbiamo parlato sempre. E potete immaginare che per me significasse molto
parlarne. Emozioni allo stato puro. E tante cose le tengo per me. eccetto
una. La difficoltà di vivere della sua famiglia dopo la fine della guerra.
E nel suo ultimo libro, "Era mio padre", si possono ritrovare le sensazioni di
un uomo che era figlio di uno dei più straordinari personaggi del secolo
passato, piaccia o non piaccia.
Ma quando iniziava a suonare, chiudeva gli occhi, come se sognasse. sembrava
si isolasse, ma le sue mani erano lì veloci a trasformare la sua musica con
un ritmo travolgente.
Dopo l'ultimo concerto, a maggio 2005, mi salutò dicendo: "a ferdinà chissa
se ci rivedremo". Un abbraccio e via a notte fonda a Roma. Con naturalezza.
Questo era Romano Mussolini.
Poi, circa venti giorni fa, Lucio Turco, il suo batterista preferito, mi
telefona per dirmi che Romano era stato ricoverato d'urgenza e si è
addormentato senza rumore.
Ecco la mia doppia fortuna, di averlo nel mio Doolin e di averlo conosciuto,
lui il figlio del duce.
Ferdinando Parisella
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