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Latina. Qui Doolin. I Waterfall: «Questo è un maledetto giocattolo che piano piano ci ha spinto tutti a giocare». Le emozioni in musica
Davanti le Telecamere di ParvapoliS i Waterfall. C'è chi adora la filosofia, Mauro Cascio,
i suoi libri e le sue iniziative editoriali, e chi ama la musica, quella impegnata, quella
che ti rimane dentro e non scivola via al primo ascolto.
Stefano Sugamele, il leader della band...
«Questo è un maledetto giocattolo che piano piano ci ha spinto tutti a giocare, chiamandoci
dentro ed impegnandoci ogni giorno di più». Una scelta musicale particolare... «Spiegare che cosa ha rappresentato per me la West-Coast mi risulta un po’ complicato…
Avevo nove anni quando, tramite un cugino diciottenne, scoprii artisti come Neil Young, Joni Mitchell, The Band, ecc., senza sapere quanta influenza avrebbero avuto su di me».
Francesca Mora, bella da lasciarci gli occhi...
«Innanzitutto lasciatemi dire che questo locale è splendido. Cioè, non è normale che uno entra e trova
già come sottofondo musica di un certo tipo. Complimenti davvero a Ferdinando Parisella,
il direttore artistico del locale. Io sono nata il 12 novembre del 1979, dieci anni dopo Woodstock!
Sono cresciuta a ritmo di Soul e R&B , i miei genitori hanno dato sia a me che a mio fratello
l’opportunità di ascoltare diversi generi musicali già da piccoli e ci hanno abituati
a ragionare con la nostra testa, ad essere critici ed a vivere la vita secondo dei valori
come il rispetto del prossimo e delle sue diversità, la tolleranza, la tutela del più debole...
ci hanno insegnato a schierarci ed a lottare per quello in cui crediamo, a non dare importanza
alle apparenze ed ai beni materiali, per renderci liberi».
Un genere un po' particolare... «Io, con mio fratello, rappresento i ventenni. E noto che c'è
un certo ritorno a riscoprire un certo tipo di musica. Sono contenta di stare con loro e
sono contenta di stare qui stasera».
Marco Mora... «Un'avventura appassionante, che vivo con mia sorella»
Carlo Minotti...
«Sono nato il 31 luglio del 1961...ricordo benissimo!
Già in sala parto, la mia personalità beat mi differenziava dagli altri neonati, che vagivano il solito banale “uèè! uèè!” mentre il mio era un molto più sonoro “yèèè yèèè yèè!!!”
All’età di quattro anni già contavo le mie partecipazioni ai live delle beat band più famose del momento (perché ovunque volesse andare mia sorella, doveva portarmi con lei per avere il permesso di mio padre!). Potei assistere ai live memorabili della prima formazione dei Nomadi, con Augusto Daolio e poi Equipe84, Dik Dik, Rokers, i Corvi, Mal, Nico dei Gabbiani...personaggi che rincontrai un ventennio più tardi da musicista.
A otto anni la mia passione per la musica era già molto forte, adoravo letteralmente i Beatles, ascoltavo ipnotizzato cose tipo Impressioni di settembre, La carrozza di Hans della P.F.M. e già mi commuovevo su canzoni come S. Francisco di Scott McEnzie, il mio primo approccio alla West-Coast».
Marco Antonucci...
«Io sono nato negli Stati Uniti, a Sewicley, Pennsylvania, il 12 ottobre del 1969.
La mia famiglia si era recata in America per via del lavoro di mio padre, prima che io nascessi.
Erano anni di grande fermento sotto ogni punto di vista, politico, artistico, ecc., miriadi di gruppi nascevano come funghi, molti suonavano in garage o cantine e facevano serate in piccoli locali.
Tra questi, i rispettivi gruppi di due miei cugini più grandi (uno suonava il basso e l’altro la chitarra) che mi portavano con loro quando suonavano, oppure quando andavano a qualche concerto, mettendomi a contatto, giovanissimo, con ambienti musicali dove ero sempre felice di stare e dove cominciai a sentirmi attratto da uno strumento in particolare»!
Chiudiamo con Mattia Cestra...
«Sono nato il 27 settembre 1981 e la musica è entrata molto presto a far parte della mia vita.
A 9 anni infatti vedendo il film "Ritorno al futuro" rimasi folgorato dalla magica "Johnny be good" suonata da Michael J. Fox !!!
Cominciai allora a strimpellare una "Eko" classica trovata a casa (fui costretto a montare le corde al contrario perché sono mancino!) e la passione per la chitarra continuò a crescere in me sempre di più».
Chiudiamo con un'ultima battuta con Stefano... «Io credo che sia importante che ci sia
gente come voi. Perché anche essere intervistati, pur girando il lungo e in largo i pub
d'Italia, non è normale. È un'attenzione che ci gratifica. Grazie e complimenti».
Andrea Apruzzese
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