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Panathlon. Campioni e iniziative. Incontro con Daniele Masala

In questo periodo l'attenzione degli amanti dello sport è catalizzata dalle imprese degli atleti azzurri alle Olimpiadi invernali di Torino: quale miglior momento per invitare Daniele Masala, due volte oro dei Giochi estivi di Los Angeles '84 nel pentathlon moderno, ad un incontro conviviale del Panathlon Club di Latina. Masala, oggi prorettore dell'Università di Cassino e presidente del Comitato Regionale Lazio dell'Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti, ha raccontato la sua esperienza di campione, ma ha anche tracciato il rapporto corretto che dovrebbe intercorrere fra ogni tipo di praticante e lo sport. La serata si è aperta con la proiezione di un cortometraggio realizzato dallo stesso Masala per diffondere la cultura dello sport nelle scuole, dal significativo titolo "Lo sport per esempio…". «Lo sport – ha spiegato l'olimpionico – deve essere un esempio da seguire in ogni aspetto della vita. Il rispetto delle regole e degli avversari, l'agonismo come desiderio di migliorarsi ma non di vincere a tutti i costi, sono i principi che, peraltro, costituiscono anche il fondamento dell'attività del Panathlon». Masala ha illustrato il suo impegno nella formazione dei più giovani, evidenziando che ci si deve rivolgere prima di tutto ai genitori. «Sono loro – prosegue – che spesso chiedono aiuti anche illeciti per permettere ai propri figli di ottenere risultati sempre migliori. Inoltre si è portati a sognare che i ragazzi sfondino nel calcio, foriero di ricchezza, e non in altri sport più poveri. Lì il successo costa sudore, fatica, rinunce, sacrifici, ed in pochi sono disposti a farli. Inoltre le sconfitte non vengono accettate: eppure è proprio dalle sconfitte che si impara di più». Il problema è che questo allontanamento dallo sport provoca non solo l'assenza di atleti di spessore, ma anche l'aumento di gravi problemi di salute, come l'obesità infantile. «Dati recenti evidenziano che, in alcune zone d'Italia, sono quasi il trenta per cento i giovanissimi obesi: si badi bene, non si parla di un leggero sovrappeso, ma di una patologia che provoca conseguenze ferali». Il messaggio fondamentale è, secondo Masala, che ognuno deve trovare il giusto rapporto con lo sport. «A seconda delle attitudini e dell'età – sottolinea – si deve individuare la disciplina più adatta, e praticarla rispettando le proprie capacità. Vanno bene anche lunghe e salutari passeggiate, purché non si venga vinti dalla sedentarietà». Queste convinzioni hanno spinto Daniele Masala ad impegnarsi come dirigente nell'Uisp, Ente che promuove e diffonde la pratica dello sport per tutti ed a tutti i livelli. «Non ogni atleta – ha specificato – diventa un campione: qui entra in gioco l'agonismo, che nel mio caso la faceva da padrone». E Masala ha raccontato come si avvicinò allo sport di vertice. «Da ragazzino ero scatenato - ha ricordato il campione di Los Angeles -. Una volta, avevo sei o sette anni, me ne andai di casa e tornai a notte fonda. Mio padre per punirmi decise di non farmi rientrare, ma per me non si trattò di una punizione, anzi. Andai in giro con ragazzi più grandi e mi ripresentai a casa la mattina dopo. A quel punto i miei genitori decisero di portarmi in piscina, sperando di instradare nell'attività sportiva la mia vivacità. Da allora mi innamorai del nuoto e dello sport in generale, per poi passare al pentathlon. Per fortuna mi è stata data l'opportunità di sfogare nello sport tutta l'energia che avevo in corpo: questo è un percorso che molti genitori dovrebbero seguire con i propri figli». Per soddisfare la curiosità di molti ospiti, fatta propria dal presidente del Panathlon Club di Latina Aldo Panico, Daniele Masala ha esposto le metodologie di allenamento di un pentatleta, che deve esercitarsi in cinque discipline diverse. «Per le peculiarità delle diverse prove, è necessario allenarsi tutti i giorni nella corsa campestre, nel nuoto e nella scherma, mentre si possono alternare il tiro e l'equitazione. La giornata-tipo prevede circa otto ore di allenamenti, seguendo il principio di distanziare il più possibile le discipline aerobiche, ovvero la corsa ed il nuoto, e di intervallare ogni seduta di allenamento con pause necessarie per il recupero fisico. Questo per me e per gli altri che con me vinsero l'oro olimpico a squadre, significava non avere tempo per nient'altro. Eppure la sera trovavamo la forza di metterci sui libri: a volte ci trovavamo a leggere la stessa pagina per ore senza memorizzare nulla eppure, nonostante la fatica e gli impegni agonistici, io mi sono laureato in scienze motorie, un altro in medicina, Pierpaolo Cristofori in fisica e poi, conseguendo un master alla Bocconi, è diventato uno dei manager italiani più brillanti». Questo per rimarcare che "mens sana in corpore sano" non è solo un proverbio. «Il più grande dei miei tre figli – prosegue Masala – ha praticato fino alla scorsa estate il nuoto a buon livello. Poi ha deciso di lasciare per dedicarsi con più impegno allo studio. Pochi mesi dopo è tornato sui suoi passi perché si è reso conto che la mancanza dello sport influiva negativamente nel suo rendimento scolastico». Masala, che vinse anche l'argento a squadre alle Olimpiadi di Seul '88, ha concluso il suo intervento con un aneddoto ed un monito. «Dopo la mia prima Olimpiade, quella di Monaco 1972, per la quale fui convocato in modo da accumulare esperienza, a 21 anni partecipai a Montreal '76. Nonostante fossi ancora molto giovane, conquistai un insperato quarto posto individuale dopo essere stato per gran parte della gara sul podio virtuale. I dirigenti del Coni di allora si complimentarono con me, affermando che senza quel risultato la Federazione Italiana Pentathlon Moderno avrebbe chiuso. A quel punto, visto che un quarto posto non assegnava premi, un alto dirigente disse che meritavo comunque un riconoscimento importante e mi portò con sé in un locale, nel quale c'era di tutto. Gigantesche forme di parmigiano, televisori, gioielli e chi più ne ha più ne metta. Mentre osservavo quel "paese dei balocchi", il dirigente prese un oggetto e me lo consegnò. Si trattava di un mangiacassette: il mio quarto posto alle Olimpiadi fu valutato quindici mila lire». Ancora una volta nello sport si fanno figli e figliastri. «Eppure – ha concluso Masala – grazie ai risultati miei e dei miei compagni di squadra, decine di ragazzi si avvicinarono al pentathlon. Un po' come accade oggi con i successi negli sport invernali, grazie all'eco della televisione. Però tutte queste discipline non possono vivere una volta ogni quattro anni: è necessario che abbiano il loro giusto spazio, anche perché rappresentano un bagaglio di cultura e di formazione indispensabile per tutti, ed in particolare per i giovani».

Rita Bittarelli


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