Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Cultura

Latina. Libero mercato e politica globale. Domenico Cambareri: «L'UE tra Golden Share, obiettivi nazionali e mancate strategie energetiche...»

La tempesta che sta scuotendo le relazioni comunitarie, ma in particolare quelle tra i governi di Roma e di Parigi, e non di meno la tempesta che si è scatenata subito dopo in Italia tra maggioranza e opposizione hanno obiettive ragioni d’essere? A prima vasti sembra che ne abbiano da vendere, e che i ministri italiani abbiano mille motivi per richiedere un intervento rapido, deciso e di condanna della Commissione europea contro il governo francese. L’attivismo diplomatico di Fini, Tremonti e degli altri ministri, al di là dalle facile e strumentali critiche dell’opposizione, riscontra un coro di quasi generalizzato di consenso. Perfino l’equilibrato Prodi si spinge a chiedere ritorsioni, assieme ad altri esponenti dell’Ulivo, per quanto come esigenza di adottare adeguate contromisure. Quasi a darsi la voce con esponenti intransigenti dell’altro Polo, ancora al governo, e dei suoi nuovi alleati elettorali, che chiedono misure immediate. Poiché ho avuto sempre a cuore le sorti e gli interessi (se onesti, meritati e dovuti) del nostro Paese e di quelli dell’Unione, e poiché non ho mai nascosto o piegato a curvature insolite e surrettizie i miei pensieri e i miei giudizi, proprio per questo in questo momento non mi posso unire alla platea di tenori e soprani che dell’Italia spesso si interessano con alternate correnti di attenzione. Non faccio opera di desistenza, no certo, come Bertinotti, “benpensante” tattico ideologo estremista, nè di diserzione. Invito e premo semplicemente per considerare, valutare, riflettere su un più ampio contesto di cose e su di una maggiore e spassionata esigenza di coerenza nel valutare la dinamica e la realtà dei fatti specifici, per quello che a tutt’oggi ci è dato a conoscere. Innanzitutto, per quanto l’Enel aveva avviato dei contatti preliminari con Suez, essa non aveva in effetti materialmente formalizzato alcuna OPA. Inoltre, se vi è stata immediata o forse fulminea rapidità da parte di Gas de France, direttamente e non meno immediatamente supportata dal governo di Parigi (che hanno letteralmente spiazzato l’Enel e, quindi i referenti politici nazionali di ambo gli schieramenti), è bene cercare di capire il perché. Non possiamo sempre rinchiuderci nella facile risposta del dire che è il solito sciovinismo francese a cercare di averla vinta. Forse, in fondo, le cose potrebbero stare proprio così…ma prima è tutto da verificare e da dimostrare. Doverosamente da verificare. E qui buona parte della scena non potrà che toccare alle competenti autorità comunitarie. Ma senza dovere aspettare quella che sarà la risposta definitiva della Commissione europea, è bene considerare che quanto alcuni dei suoi componenti hanno fatto apertamente , dà un primo abbozzo comprensibile alla questione: Parigi non avrebbe violato accordi e norme, ma soltanto lo spirito che soprassiede e guida verso più ampi spazi il futuro del libero mercato e della libera concorrenza all’interno dell’Unione. Desidero innanzitutto lasciar cadere possibili ma poco validi riferimenti al fatto che la Francia avrebbe realizzato questa schermatura delle società che operano nell’ambito della produzione energetica in conseguenza della bocciatura popolare della ratifica della Convenzione europea. Sarebbe qualcosa di non adeguatamente plausibile, vista la posta in gioco. Invito a riflettere sul fatto che aspetti nodali e particolarmente delicati dei settori produttivi ed energetici - in contrasto con una superficiale interpretazione di un altrettanto superficiale, generalizzante, “assoluto” liberismo economico – non possono essere tradotti nell’universale linguaggio della borsa, delle azioni, dei valori degli indici virtuali e giornalieri e orari. Il liberismo economico, quando lambisce interessi talmente specifici e non del tutto traducibili nel linguaggio delle borse, ecco che allora frange le onde del suo linguaggio contro scogliere che le spezzano. Essi semmai rimandano, in apparenza in maniera improvvisa e improvvida, repentina e scioccamente inaspettata, a quel mix di elementi, motivi, concause, “subconscie” eppure pulsanti considerazioni che delimitano i bordi apparentemente inesistenti del libero mercato, ovvero della mente degli operatori della finanza. Se dovessi divaricare all’estremo il discorso, farei riferimento a cose da parte degli altri, dei “finanzieri” non francesi non tanto non soppesate, ma, appunto, neppur congetturate per un solo attimo. La Francia è da decenni che porta avanti uno dei più avanzati programmi al mondo, se non il più avanzato, di produzione di energia elettrica da centrali nucleari. La Francia occupa uno dei primi posti, e così sarà nei futuri decenni, fra i Paesi che producono e produrranno una percentuale elevatissima dell’energia dalle centrali nucleari. La Francia ha realizzato e realizza questo programma con investimenti di risorse, dapprima di ricerca progettazione e investimento immense.La Francia ha inteso portare avanti questo programma all’unisono con la sua politica di autosufficienza energetica e di autonomia strategica globale. Tutto l’opposto di quanto è accaduto e continua ad accadere al di qua delle Alpi. Questo però è intraducibile in termini di libero mercato e di linguaggio finanziario e di OPA, per quanto amichevole, e di un’industria di un Paese amico e alleato. Vi è non adeguatezza di fondo, oltre che di piani, concettuale e storica, sentimentale e fattuale che costituisce una barriera pre-politica e pre-finanziaria, perfino pre-ideologica alla politica comunitaria e alla logica puramente borsistica. Essa è il vero “core”, rispetto ai mille ”core” industriali e bancari, di tutta la questione. E lo è molto di più verso una classe politica, quella italiana, che, ripeto e ricordo, ha agito in maniera (dissennatamente) opposta. L’assurdo del comico sarebbe stato dunque apprendere che l’Enel, società che importa energia elettrica dalle centrali nucleari francesi, sarebbe diventata socio in questo settore in contrade tra Parigi e Bruxelles. Incredibile. L’Enel, la società italiana che ha dovuto smantellare e chiudere le centrali nucleari da diciotto anni, che ha avuto stoppata ogni possibilità di ulteriore costruzione e progettazione di centrali e reattori per lo sciagurato e infausto esito del referendum popolar-pannelliano a cui tutti i parlamenti e i governi italiani si sono tenuti rispettosamente e cocciutamente osservanti. E l’Italia, che non fa parte del pool delle Nazioni dell’UE che interloquiscono con l’Iran per l’uranio arricchito (e quello segreto-superpalese di Israele?)- Regno Unito, Francia e Germania -, vorrebbe adesso vedere entrare con mere operazioni di compravendita di azioni l’Enel oltralpe? Assurdità giocosa, arrabbiature politicamente inconcludenti. Gas o non gas, per la Francia avremmo dovuto capire già prima che la questione energetica costituisce uno dei primari fattori della sua strategia, non meno della “force de frappe” nucleare e di quella che è ancora da considerare difesa o “autonomia” a giro d’orizzonte. D’altronde, è pur vero che l’Unione Europea in materia di sovranità di siffatta specie non ha ancora titolo alcuno. Così come nell’ambito della golden share che ogni governo “continentale”, compreso il nostro, si è attributo al fine di conservare sotto controllo nazionale settori che ritiene indispensabili all’autonomia e alla sicurezza generale del paese. Settori “strategici” della tecnologia avanzata, ad esempio, come da noi la Finmeccanica, con tutte le sue partecipate, dall’Agusta-Westland in giù per finire … alla produzione di motrici per treni e metropolitane. Il “core” energetico, insomma, per i francesi non può essere in modo alcuno paragonato all’acquisto della maggioranza o dell’intero pacchetto azionario di qualche banca o di società di distribuzione di abbigliamento e di generi alimentari. È da considerare che i francesi avrebbero potuto sicuramente agire, da parte loro, pur infischiandosene dell’avvio di procedure d’infrazione comunitarie, in maniera formalmente più rispettosa dell’interlocutore italiano, e più dignitosa. La dimostrazione di sensibilità, si dice con un vecchio adagio francese, è obbligo per un animo nobile. E’ al tempo stesso dimostrazione di sapere e volere mantenere buone relazioni, e non solo cura dell’apparenza. È infine purtroppo vero che questo affaire è stato mal gestito in tutto e per tutto dai due governi, quasi a compiacersi di farsi non solo reciprocamente del male, ma anche di farlo a se medesimi. Cosa incomprensibile e razionalmente e politicamente ingiustificabile e inconcludente. Perché giunge in uno dei periodi di più feconda amicizia, collaborazione e alleanza fra i governi dei due versanti delle Alpi, le loro politiche estere (il caso Irak è l’unica specifica eccezione di rilevante evidenza), della difesa (il caso dell’A400 da trasporto strategico è l’unica eccezione, e allora la sinistra nostrana era pronta a buttare al vento migliaia di miliardi per un aereo che non sarebbe servito all’Aeronautica, eppure, per fare un cortesia alla Fiat e ai rapporti ancillari con Parigi, allora…) e della tecnologia avanzata, e delle loro industrie e, quindi, delle alleanze industriali. Dal sistema di comunicazioni satellitari Galileo, alle fregate ( su cui abbiamo fatto, negli scorsi mesi, più che una peregrina figura: abbiamo dato l’immagine di pezzenti davvero con le pezze per le cose importanti e di vanitosi scialacquatori nelle cose frivole) e ai caccia conduttori per le due marine da guerra (progetto in cui i “fuorusciti” parziali furono gli inglesi), e quindi a tanti sistemi integrati e missilistici, all’elicottero medio da trasporto europeo, ai grandi progetti spaziali dell’ESA, in cui la Francia dà il grande contributo dei missili vettori Arianne e di parte dei poligoni. A tutti gli altri progetti binazionali e multinazionali in cui intenti, risorse finanziarie e umane, ideali e senso di fratellanza sono molto forti. Tanto da essere in grado di superare queste tempeste emotive e maldestre furbate e di ingenerare ulteriori stagioni di ancora più stretti rapporti e, finalmente, di rimettere in moto il processo dell’Unione ben oltre la Convenzione per adesso parcheggiata. Per arrivare a definire quello che ancora sembra un sogno (e che non è un peccato se la Francia oggi non vi rinuncia sol perché gli altri non sono stati in grado neppure di progettarlo o perché autolesionisticamente vi hanno rinunciato). Una politica globale dell’Unione Europea, ad inziare dalle strategie “olistiche”: cultura-identità di una “societas” e del suo “jus” e del sul “ethos, “societas” paneuropea aperta ma non aleatoria, il cui intelletto e la cui ragion pratica non rinunciano al massimo di salvaguardia a garanzia della fruizione effettiva delle libertà individuali e collettive. Cioè un elevato grado di autosufficienza energetica e di sicurezza generale, ossia, di difesa.

Domenico Cambareri


PocketPC visualization by Panservice