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Latina. Udeur, il punto di equilibrio. Rita Silano: «Mai come ora il voto torna ad essere per le donne un'arma decisiva». Appello per l'8 marzo

«8 marzo giorno di festa per noi donne, un giorno colorato profumato, un'occasione diversa per ritrovarsi con qualche amica e trascorrere qualche momento un po' più libere di essere veramente noi stesse». Specifica Rita Silano: «Il giorno in cui anche i riflettori dell''informazione di solito assenti o meglio indifferenti di colpo si accendono sul pianeta donna proiettando una veloce immagine di un mondo quasi a parte, parallelo sul quale sociologi psicologi politicologi e politici sciorinano numeri e statistiche sulla condizione della donna di oggi. Niente di nuovo viene da pensare, ma quest'anno credo sia importante soffermarci a riflettere proprio oggi, giorno della festa della donna, su un evento dirompente e innovativo il voto alle donne italiane che 60 anni fa segnò una vera svolta nella cultura politica del nostro paese e del quale credo sia necessario soprattutto in questo momento storico recuperarne quella spinta ideale. Il diritto al voto alle donne arriverà solo il 31 gennaio del 1945, su emanazione del Consiglio dei Ministri - Le donne italiane il 2 giugno 1946 si avvalsero del loro diritto, votando nella stessa percentuale degli uomini e 21 donne vennero elette all’Assemblea Costituente. Grazie a loro nella nostra Costituzione furono inseriti diritti fondamentali per le donne e fu introdotto quell’articolo 3 che, oltre a dichiarare che tutti i cittadini erano eguali indipendentemente dal sesso, stabiliva che la Repubblica avrebbe dovuto agire per rimuovere gli ostacoli che a quell’eguaglianza si frapponevano. Poi le lotte delle associazioni femminili, le battaglie nelle strade e in parlamento per tradurre in realtà quei principi costituzionali, ma se in 60 anni la vita delle donne italiane è cambiata: parità, ingresso nel lavoro, nelle professioni, nell’università e nella ricerca, diritti propri delle donne, come l’autodeterminazione nella maternità e nell’aborto sono stati sanciti; che il diritto di voto attivo e passivo avrebbe comportato di per sé l’ingresso paritario delle donne nelle istituzioni è rimasta invece un'illusione. Il divario tra le posizioni occupate nella società e il ruolo nella vita politica, nei luoghi dove si decide, nel parlamento, nel governo, nelle direzioni dei partiti è grande: in 60 anni le percentuali delle donne elette in parlamento e nelle assemblee locali, sia pur con alti e bassi, sono poco cambiate. Purtroppo negli ultimi decenni è emersa una disaffezione dal voto. Le vicissitudini del sistema politico italiano negli ultimi anni hanno ulteriormente logorato il rapporto delle donne con la democrazia. Si è cercato, da parte dei media, di imporre un’immagine della donna tutta moda e seduzione: una preda, non una persona, una cittadina. E le conquiste delle donne: un lavoro non precario, la parità di retribuzione, il diritto a programmare la propria vita e il proprio futuro, a coniugare lavoro aspirazioni personali e vita familiare tornano ad essere un’utopia. La penosa vicenda delle cosiddette “quote rosa” è emblematica. Nel nostro paese persiste ahimè una “questione femminile” perchè esiste un problema democratico di partecipazione al quale noi stesse dobbiamo porre rimedio. In politica le donne ci devono essere ma non per “dividere” con gli uomini posti di potere più o meno virtuale. Le donne devono “esserci” innanzitutto in quanto portatrici di consapevolezza di genere, e dunque capaci di caratterizzare le dinamiche politiche e di riprogettare la politica, cogliendo il valore più specifico dell’empowerment, puntando più che sul potere fine a se stesso, su quell’assunzione di responsabilità tipica di chi intende la politica come servizio, in funzione degli interessi della collettività. Il riferimento è quel femminismo propositivo, impegnato nella crescita individuale e sociale, del “vogliamo partecipare condividere”. Un femminismo di forte caratura culturale e di altrettanto evidente spessore etico : perché l’etica, in questa nazione ancora caratterizzata dai pregiudizi nei confronti delle donne rappresenta l’autentico valore aggiunto nella politica di genere. L’attivazione di politiche di genere risulta quindi essere essenziale per superare gli steccati ideologici sulle diversità biologiche e psicologiche, per secoli congelate in stereotipi e utilizzate per discriminare e segregare, che se invece messe in campo liberamente da entrambi i sessi possono diventare preziose occasioni di ricchezza e di sviluppo equilibrato. Allora mai come ora il voto torna ad essere per le donne un’arma decisiva. Tra noi donne ci sono tante diversità, di cultura, di visione del mondo, di collocazione sociale, però un interesse ci accomuna: difendere la nostra dignità di persone, il nostro diritto a scegliere, ad autodeterminarci, a costruirci un futuro e salvaguardare le conquiste ottenute: col voto si può».

Andrea Apruzzese


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