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Latina. Elezioni taroccate. Domenico Cambareri: «Siamo ricaduti nell'inferno partitocratico. Lontani da un senso pieno, autentico e liberale»

La campagna elettorale non accenna a diminuire nella recrudescenza dei toni polemici. Questi ultimi giorni infatti sono ancor più coloriti e pepati, come hanno dimostrato i dibattiti tra Berlusconi e Prodi. Tutto ciò non incanta e può semmai fare vedere la povertà dei temi in campo, vista la reiterazione all’infinito. È importante richiamare l’attenzione e la memoria sulla scarsa credibilità che hanno in senso pienamente liberale e democratico queste elezioni. Elezioni, nel loro reale significato, dimezzate e taroccate. Non è necessario, per delle elezioni dimezzate e taroccate, avere un parlamento e un governo dalle inclinazioni fortemente autoritarie. Nella nostra realtà odierna, basta, ed è bastata, la palese condizione di recezione, da parte delle minoranze sparse all’interno dei singoli partiti o dei rametti politicamente marginali, delle più forti motivazioni di innominabili interessi che coinvolgono l’establishment, il nucleo delle élite partitiche delle due coalizioni. Ciò significa solo e soltanto che, senza voler rubare il lavoro ai politologi di professione che peraltro non si sognano di parlare in termini così chiari, siamo ricaduti nel pieno dell’inferno partitocratrico. Il tunnel intrapreso all’indomani del 1992-1994 dal nostro Paese per portarci verso un futuro più sicuro di certezze si sperava che fosse non così lungo e non così inconcludente. L’inconcludenza del ricadere nel circolo vizioso e divoratore della partitocrazia. Senza riferimenti politici specifici, o con tutti quelli che ognuno vuole scegliere, come non ricordare le lunghe e appassionate e appassionanti lotte condotte per anni da Giorgio Almirante contro la partitocrazia? Ciò non significa voler negare i tentativi fatti e in atto di arrivare a realizzare una dialettica democratica bipolare, per chi ci crede ancora, tentativi beninteso non sempre positivi. Significa semmai constatare come le forze centrifughe e i vecchi vizi sono presenti, attivi e al momento massimamente e spasmodicamente corrosivi. Non significa voler negare i passi fatti in particolare all’interno di una parte dei DS e nel disegno di arrivare a costituire un grande partito democratico di tipo “socialdemocratico”, mentre, guardando nell’altro schieramento, può solo preoccupare la “jattante” auto-omologazione di una forza di destra nazionale e sociale nell’innaturale ruolo “centrista” e pseudo-moderato, dovuto all’inseguire il fatuo e letale miraggio del “moderatismo” (clericale?) visto come forziere elettorale. La partitocrazia. Male di lontana origine, che tornò a divorare da metà anni sessanta, in maniera inesorabile e inarrestabile le Istituzioni, l’economia, la società, la Nazione intera, eccola oggi tutta intera risorta, come malattia mai vinta. È poco utile blaterare sulle responsabilità primarie e dirette di chi ha voluto ed approvata questa infame legge elettorale, perché non meno mendaci sarebbero le voci che così vorrebbero parlare, perché in non pochi casi si arriverebbe a individuare( -…ironicamente - con strumenti diagnostici all’uopo subito immaginativamente inventati) con oggettive analisi d’introspezione sotterranee estese adesioni di consorterie associate nella difesa degli stessi interessi: la difesa dei vertici partitici e dei loro diretti collaboratori attraverso lo strumento di una surrettizia auto-investitura. E gli altri “candidati”? Esseri d’incerta fortuna, sono mezzi uomi, capre e caproni - a poco importa, nella logica partitocratrica, perché i verdi pascoli e le ricche prebende dopo sono sempre innumerevoli. In questo triviale festino elettorale partecipano costituzionalisti, politologi e studiosi a vario titolo di dottrina dello Stato e di diritto. Ma nessuno di costoro grida indignato o si ritira dalla tenzone, nella speranza di far parte della striscia mediana dei fortunati e non dei trombati per decisione del partito e non dell’elettore. Sì, dell’elettore al quale è negato il diritto peculiare e irrinunciabile di esprimere il suo voto per il partito (e la coalizione) e la sua indisgiungibile preferenza per il candidato. Altro che listoni di littoria memoria. Anche questo le nefandezze della partitocrazia oggi impongono. È doveroso perciò chiedere ad alta voce: quanta vera passione civile muove gli animi dei maggiori candidati, dei gregari e dei supporter? Speriamo che la risposta non sia quella dello sbandierare tutti, a diritta e manca, del lottare per abbassare sempre e solo le tasse. Perché, manco a dirlo, anche gli uomini più semplici, da quelli meno adusi alla politica ai più incolti, sanno che c’è molto di sogno o di strumentale retorica o di marcio in questi proclami e in queste giocose diatribe. Si può capire la preoccupazione dei capoccia che, con la riforma della Costituzione approvata, ci si avvia speditamente verso una riduzione del numero di deputati e di senatori e che quindi, se i numeri son numeri, tutto ne consegue implacabilmente. Ma non si può arrivare mica a tanto, spavaldamente e impunemente…utilizzando il potere per il potere. Qui tocchiamo davvero con mano i limiti della democrazia rappresentativa, quando non è in grado di difendersi dalla partitocrazia se le élite partitiche, che sono quelle che all’interno del parlamento guidano concretamente i componenti del corpo legislativo, così decidono. Fenomenologicamente, esse giocano sul duplice e contemporaneo ruolo rivestito e si ergono a potere pre-costituito di fatto ma come tale non autoproclamantosi: cioè, nella realtà delle cose, possono ben esautorare e svuotare forma e significato del diritto elettorale. È ciò che stiamo vivendo, è ciò che stiamo consumando. Elezioni dimezzate e taroccate.

Domenico Cambareri


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