Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Politica

Latina. Elezioni. Domenico Cambareri: «Cosa se ne fa la sinistra di una vittoria così?». Sconfitta e bocciata la statistica. Senza appello

La regola è scarna e precia: vince chi ha un voto in più o un seggio in più. La regola si applica sempre e comunque. Salvo situazioni particolari, come la storia e la cronaca più recente ci insegnano, laddove avvengono rimescolamenti di alleanze e ”grosse coalizioni” al fine di dare maggiore garanzia di governabilità e, d’obbligo, minore caratterizzazione agli aspetti riformatori sostenuti dapprima come espressione di parte. Certo è che elementi primari di coerenza e di dignità politica devono tenere esclusi, anche qui sempre e comunque, dalla conta di una maggioranza conseguita dal risultato delle urne, i senatori a vita. Premessa indispensabile alla quale fa da pendant questa clausola: ritenute confermate dalle successive verifiche le cifre generali emerse quale risultato delle elezioni. Detto questo, il Polo dell’Unione, guidato da Romano Prodi ha vinto. Ma non può sottrarsi alle mille e più valutazioni, riflessioni, opinioni e, soprattutto, giudizi che provengono e ancora proverranno da ogni direzione, non ultime quelle interne, per quanto esse saranno rese meno appariscenti. Inoltre, come prima immediata e spassionata considerazione, emerge che quella di Romani Prodi e della sua colazione è, in termini politici, meno di una mezza vittoria. Vittoria risicata e rosicata, sofferta fino all’estenuante consunzione cerebrale per i minuti che non passavano mai di fronte a quella che stava invece per essere l’ecatombe anziché l’enorme vittoria annunciata e sospirata. E, invece, per Berlusconi si è rivelata essere una nuova grande vittoria, mancata per un soffio, vittoria perché non vi è stata neppure lontanamente la débaclé fantasticata nelle orride visioni uliviste. Alla faccia delle indagini demoscopiche all’italiana e al cartello della stampa, della confindustria, dei sindacati e di quella parte del ceto medio culturale, libero-professionista e commerciale sadomaso. Sbaglia Prodi ad affermare che governerà anche per chi non lo ha votato. Deve governare anche per chi non lo ha votato, non può che governare per tutti, deve governare per tutti, deve governare per gli italiani. Il suo non può essere un impegno. E’ un dovere. Detto questo, è non di meno da rilevare che egli si accinge a governare in condizioni di un forte sbilanciamento, purtroppo per la reale governabilità della Nazione, poiché al senato mancano i margini di una sicura e duratura maggioranza del centro-sinistra. Detto tutto questo, ma anche a prescindere da tutto questo, a Prodi non possono che andare i migliori auguri di buon lavoro e di buona riuscita. L’importante è che la dialettica interna al conglomerato del centro-sinistra non si riveli chiassosa, litigiosa e inconcludente nelle decisioni più delicate. Sia di politica estera e di difesa, sia di rilancio della scuola pubblica e degli investimenti nella ricerca, sia nelle risoluzioni delle ingiustizie retributive (cave D’Alema-Bassanini) su cui perfino il governo Berlusconi ha perduto delle grosse occasioni (professori delle superiori, ad esempio, funzionari pubblici, adeguamenti pensionistici). Il governo guidato da Prodi inoltre non può considerare il fatto che governa un Paese dove non riscuote di un’effettiva maggioranza politica (che certo non è data da trentamila o trecentomila voti in più su una massa di decine di milioni di voti). Deve dimostrare quindi elevato grado di accortezza nel non rompere con clamore con il precedente governo su più materie, ad iniziare da quella sull’etica civile in merito alla parificazione della convivenza degli omosessuali con le naturali, normali coppie eterosessuali - in primis quella del rapporto civile matrimoniale -, e da quella sull’eutanasia. Deve dimostrare di non scadere nella demagogia o in scelte classiste in ambito fiscale, deve dimostrare di saper migliorare la riforma scolastica rifuggendo quanto mai dall’obbrobrio berlingueriano e dall’accentuazione pseduo-ugualitaristica del corpo docente da un lato ( e dalla retorica spendaccione degli “aggiornamenti” d’apparato…) e di un tipo di cultura da impartire fortemente omogeneizzato in chiave ideologica e, quindi, classista. Deve rifuggire dal miraggio di utilizzare la scuola e la pubblica amministrazione tutta (ad iniziare da quella regionale e degli enti locali) come diligenze a cui dare l’assalto o battelli su cui imbarcare a piacimento ciurme di parassiti, di clientele sindacali e partitiche, di mallevadori di sottoboschi grassi come valvassori e valvassini rapaci gradassi e grassi. Il bipolarismo è dunque, non come modello politico da salotto ma come realtà politica da vivere e da praticare, al più importante e cruciale dei suoi bivi. E’ alla prova del nove. Responsabilità enorme ricade perciò sulle spalle della pletora dei soggetti che compongono la costellazione prodiana: responsabilità che deve sapersi appaiare al concetto, prioritario, di decisionalità rispetto a quelli di discussione e di collegialità. La prima occasione d’oro, imposta non dalle circostanze ma dal fato del calendario, per Romano Prodi è quella dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Espressione matura e condivisa è quella di una scelta di una personalità al di sopra degli schieramenti politici e di quelli della genericissima contrapposizione clericale-laico. L’esempio di Ciampi è davanti agli occhi di tutti, così come dell’enorme consenso che fu espresso dalle forse politiche. Questa è un’occasione da non perdere, da ripetere, per dare il “là” ad un buon inizio. Il primo anno di vita per Romano e i suoi sodali amici sarà come il trascorrere di decenni. Ci riusciranno a compierlo? Ben per loro se prima lo sarà per tutti noi. E sulla durata di un’intera legislatura? Lasciamo previsioni, preveggenze e profezie. Stiamo con i piedi a terra. Piedi non chiodati o inchiodati, né mobili come quelli di Mercurio dai calzari alati. Piedi deambulanti per le plaghi italiche a scoprire nuovi, attesi miracoli? No. Lasciamo questi sogni a Bertinotti e a cultori dell’economia cubana. Vediamo cosa sapranno fare, ne hanno pieno diritto, soprattutto Prodi, che da buon Romano adesso non dovrebbe più avere oscure idi in botteghe dalemiane e in angiporti di Puglia o di Ostia. Berlusconi gli potrà essere avversario ben più che degno, al quale dovrà contendere la palma dell’efficienza. Salute, dunque, ad un governo virtuoso e giusto.

Domenico Cambareri


PocketPC visualization by Panservice