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Latina. Elezioni. La Resa nel Pugno. I radicali determinanti per il pareggio. Ma con Berlusconi non avrebbero rinnegato la propria storia
«Ora più che mai, siamo impegnati per la riforma profonda della sinistra. Non è vero quello
che si dice: che abbiamo ignorato i temi sociali; da sempre sono presenti nella nostra
agenda politica. L'unità dei socialisti si persegue e realizza dando corpo al progetto
Fortuna-Blair-Zapatero. Droga, amnistia, libertà ricerca scientifica: la nostra agenda politica.
Marco Pannella intervenendo a "Radio Radicale" ha tra l’altro ricordato che "Da luglio
abbiamo detto che c’era un obiettivo duplice per la nascita della Rosa nel Pugno: politico,
strategico e non solo elettorale: assicurare l’alternanza fra la maggioranza berlusconiana
e la maggioranza prodiana. L’altro. Costituire un elemento anche costitutivo per la riforma
profonda della sinistra. Il primo risultato "miracolosamente" è stato raggiunto, e credo
si possa affermare con il contributo della Rosa nel Pugno che si è collocata all’interno
dell’Unione e di aver combattuto la sua battaglia nell’Unione. Abbiamo la responsabilità
di essere assolutamente determinanti".
«Zero senatori», ha ossercato Christian Rocca su Il Foglio. «Marco Pannella fuori dal Parlamento, come da quattordici anni. Soltanto otto
o nove deputati radicali, roba da uno-virgola-qualcosa. Il fallimento elettorale della
Rosa nel pugno è clamoroso e ampiamente meritato. Un tempo i radicali erano quelli che
capivano al volo la società, quelli che contribuivano più di ogni altro a dare linfa vitale
al paese, a renderlo più moderno. L’ultima volta è stata nel 1999, quando si sono presentati
alle Europee con una piattaforma elettorale liberale e liberista su cui hanno ottenuto
quasi il nove per cento dei consensi. Non lavoro alla Nexus, ma posso svelare che quasi
tutti i miei conoscenti che allora votarono Lista Bonino, domenica hanno scelto Forza Italia.
E lo hanno fatto nonostante Forza Italia e malgrado Silvio Berlusconi sia il responsabile
principe della mortificazione dei liberali nel centrodestra. Eppure, i conoscenti del mio
piccolo exit poll personale hanno scelto il Caimano come credo chiunque altro,
talebani-radicali a parte, abbia condiviso le campagne pannelliane dal 1992 a oggi. Soltanto
di una cosa costoro domenica erano certi: mai avrebbero potuto votare il fascio di poteri e
di interessi e di corporazioni che avvolge questo centrosinistra italiano. Certo, l'abolizione
dell'uninominale è stata un duro colpo, ma non è che l'altra parte pulluli di maggioritari
all'inglese (e in ogni caso la legge "porcata" ha funzionato benissimo: quale altro
sistema avrebbe dato una maggioranza così chiara con uno scarto dello 0,6 per mille?). Certo,
c'è stata la legge sulla fecondazione, la prima norma a favore della vita che rende più
difficili le nascite, ma dalla propaganda elettorale della Rosa mi pare di aver capito che
quella legge sia ben accolta anche nell'Unione. O no?
La laicità dello stato, poi. Come se fosse in discussione. Come se davvero l'Italia corresse
il rischio di trasformarsi in una teocrazia, soltanto perché Camillo Ruini, che non è il
rappresentante di uno stato straniero ma dei vescovi italiani, interviene nel dibattito
pubblico come Epifani o Montezemolo o l'ex presidente delle Coop Lanfranco Turci.
Lavorassi alla Nexus mi piacerebbe scoprire quanto di questo 2,5 per cento ottenuto dalla
Rosa provenga dai radicali. Io credo che sia in maggioranza un voto socialista, di quei
socialisti che avevano già abbandonato il loro capo, mentre Pannella guidava gli autoconvocati
del Parlamento degli inquisiti. Un radicale si sarebbe vergognato a sentire proclami in
favore della scuola pubblica in bocca a uno dei suoi leader. I radicali non sono
sindacalisti Uil: un radicale avrebbe cambiato canale ad ascoltare gli imbarazzanti
comizietti contro il berlusconismo di Emma B. e Daniele C. Un radicale sarebbe entrato
in analisi alla notizia che Alfredo Galasso, ovvero l'avversario ideologico degli anni
Novanta, si fosse schierato con loro. Se non altro in memoria di Leonardo Sciascia.
Potevano, i radicali, votare contro chi ha introdotto dosi di flessibilità. Ad eleggere
chi vi si è opposto? Come avrebbe potuto votare l'Unione, un pannelliano americano,
israeliano e che ha pure visto il bravo Capezzone trionfare tra i neocon di Washington?
Pannella spiega gli insuccessi post '99 con la scarsità di mezzi attuali e con
la disponibilità finanziaria di allora. In parte è vero, in parte no. Il punto è che
allora apparivano come il volto presentabile di uno schieramento liberale, moderno e
di centrodestra. Un motivo c'era. Il piano di Pannella nell'Unione è stato invece
tanto ambizioso quanto fuori sincrono con l'Italia reale. Consisteva nel liberarsi
dell'anomalia berlusconiana, per poi dedicarsi a cambiare la sinistra e riformare l'Italia.
Ma non si è accorto che, malgrado tutto, nel paese Berlusconi c'è ancora. In realtà
Pannella ha avvertito i suoi del rischio, ma questi non si sono accorti di essere
diventati quei radical chic favoriti nei salotti che non sono mai stati. Marco è
fuori dal Senato, ma i suoi voti hanno contribuito all'elezione di 38 senatori comunisti,
più Franca Rame e tre marescialli dipietristi. Fossi iscritto al partito,
chiederei un congresso per eleggere segretario Benedetto Della Vedova. È un neodeputato. Di Forza Italia».
Mauro Cascio
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