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Latina. Elezioni. È ancora stallo. Stefano Zappalà (Forza Italia): «Allo stato attuale non vedo possibilità alcuna di governabilità»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS con l'on. Stefano Zappalà, deputato al Parlamento Europeo per Forza Italia.
Le elezioni politiche hanno consegnato un'Italia sostanzialmente spaccata in due: sia al Senato che alla Camera il centro sinistra ha vinto per un'incollatura (anche se c'è ancora qualcuno che dice che non hanno
vinto affatto). Quali le prospettive di governabilità?
«La legge elettorale è fatta in maniera tale che consente a chi vince - con un solo voto di scarto (perché 20.000 voti su 40 milioni sono più o meno un voto di scarto) - di avere alla Camera una larga maggioranza. Alla Camera non ci saranno quindi grandi problemi. Al Senato invece ci saranno: se non ci saranno defezioni o tradimenti da parte di neo eletti nel centro destra, il Senato è ingovernabile. Quali le ipotesi? Per prima cosa bisogna vedere quale sarà l'ipotetico accordo sul Capo dello Stato: se il Capo dello Stato viene eletto sulla base di un accordo di ampia maggioranza, allora si può ragionare su un'ipotesi concreta di stabilità per il Paese. Se invece il Capo dello Stato - dopo la quarta o quinta votazione - dovesse essere un'imposizione di chi rappresenta la momentanea maggioranza del Paese, io vedo una possibile non serena governabilità del Paese. In questa fase è quindi necessario un grande equilibrio da parte dei rappresentanti del centro sinistra. Se da parte loro ci sarà ragionevolezza, allora si potrà avere una fase positiva per l'Italia. Se non sarà così, allora io credo che ad ottobre, o nel prossimo anno, si dovrà tornare al voto. Il presidente Berlusconi ha dato ampia disponibilità a ragionare per il bene dell'Italia: non mi pare che in questo momento (anche se capisco che siano reazioni a caldo, che spero cambieranno nelle prossime settimane) ve ne sia altrettanta dall'altra parte».
Una battuta proprio sulla nuova legge elettorale varata dal centro destra che ha portato anche il premio di maggioranza alla Camera cui lei accennava. Ritiene che la Casa delle Libertà si sia - tra virgolette - pentita di questa riforma, visti i risultati?
«Questa riforma io non l'ho condivisa fin da quando era ancora in fase di studio, perché ero convinto che non avrebbe portato nessun vantaggio. I risultati elettorali del 1996 e del 2001 hanno dimostrato che, nel momento in cui il territorio sceglieva in maniera concreta, c'erano dei risultati. Nel 1996 vincemmo in chiave proporzionale, ma perdemmo in chiave di collegi; nel 2001 abbiamo vinto in chiave proporzionale e in chiave di collegi. Il 61-0 della Sicilia non significa che in Sicilia non c'era il centro sinistra: significa che in ogni collegio, quei 200-300 voti di scarto in favore di qualche candidato particolarmente apprezzato dal territorio, davano risultati concreti. Stavolta si è dimostrato che, se avessimo votato con il sistema maggioritario, avremmo stravinto, perché abbiamo ripreso regioni "a rischio", tipo il Lazio, la Puglia, il Piemonte, e confermato Sicilia, Lombardia, Veneto ed altre. Con questo sistema, abbiamo regalato (quasi per nulla) agli altri una vittoria che era nostra. È una legge che ha un senso razionale, perché dà un numero di parlamentari corrispondente all'elezione, però c'è il premio di maggioranza, e questo è il dato che ci ha messo a rischio. In più, l'assenza delle preferenze: io sono un eletto costante con le preferenze, quindi so cosa vuol dire. Ci ha quindi penalizzato due volte. È stata una legge immaginata per fare del bene (non certo per avere vantaggi od altro), per avere un riscontro più reale tra eletti e voti conseguiti, però poi, in chiave concreta, ci ha penalizzati, ed ha penalizzato proprio il centro destra».
Andrea Apruzzese
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